Violenza di genere, cosa lasciano i funerali di Giulia Cecchettin

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(Adnkronos) – I funerali di Giulia Cecchettin sono un passaggio chiave di una vicenda che per il suo valore simbolico ha avuto una grande eco mediatica, anche sproporzionata nelle sue ricadute più morbose, come avviene con i grandi casi di cronaca che diventano romanzo popolare. Devono essere però ora anche uno stimolo ad andare oltre, a occuparsi del femminicidio come conseguenza estrema della violenza di genere, con un approccio meno emotivo e più consapevole. Anche da parte dei media, spesso schiacciati dagli ingranaggi di una macchina dell'informazione che gira con regole sempre uguali a se stesse.  Andare oltre la vicenda di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta vuol dire andare più in profondità, guardando oltre lo specifico caso di cronaca e riflettendo su quello che resta dopo i funerali di Giulia. Si può partire dall’idea distorta del possesso. E può essere utile focalizzare l’attenzione sui rapporti di coppia, di qualsiasi sesso siano le persone che si riconoscono in un legame. Perché la postura di chi ritiene che l’altra persona possa essere in qualsiasi forma una proprietà esclusiva è la premessa della violenza, anche quando non porta a un fatto estremo. Per questo, la libertà di ogni persona di scegliere quando, come e perché stare in un rapporto dovrebbe essere una condizione non negoziabile.  Dovrebbero essere banalità, acquisite e metabolizzate da una società che si definisce aperta, democratica, emancipata. Così però, evidentemente non è. Le polemiche sulle responsabilità dell’educazione patriarcale prendono immediatamente una connotazione politica dalla quale è bene sottrarsi. Il tema, prima ancora che le ideologie, richiama la coscienza individuale. E la domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi, uomini, donne, etero e omosessuali o espressione di qualsiasi altra declinazione sessuale, riguarda il rispetto delle scelte dell’altro. Siamo sommersi di stimoli e messaggi distorti rispetto a quello che è giusto o sbagliato, a come deve essere gestita una relazione o a come deve essere costruita una famiglia, quasi sempre conditi da una consistente dose di ipocrisia.  Anche chi ha gli strumenti culturali per considerare trash la spettacolarizzazione del gossip, vedi Totti e Blasi o Belen e De Martino, resta incastrato nella narrazione dell’eterna disputa fra fedeltà e tradimento. Che poi non è altro che la rappresentazione più semplice dei rapporti di coppia vissuti dentro la dinamica del possesso, che nega per sua stessa natura la fine di un rapporto. Quel ‘doveva essere solo mia’ pronunciato da un omicida come Filippo Turetta viene replicato quotidianamente in tanti comportamenti violenti, in tante omissioni e in tante semplificazioni.  Tutto questo vuol dire che non devono esistere i rapporti di coppia e le relazioni? L’esatto contrario. Vuol dire che vanno scelte, sempre, e che devono durare finché la scelta è rinnovata e soprattutto condivisa. Perché se imposte, per qualsiasi ragione o convenzione, le relazioni possono diventare un territorio pericoloso. Come dimostrano, su piani diversi, la sequenza impressionante di fatti di cronaca e la vita quotidiana, quando viene schiacciata da compromessi e comportamenti prevaricatori. (Di Fabio Insenga) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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