Quarantotto anni dopo, un tennista italiano torna a vincere un torneo del Grande Slam: il giovane Jannik come Panatta e Pietrangeli
Quelli nati dopo il 2000 non ricorderanno le discese di Alberto Tomba a Calgary, le salite di Marco Pantani al Giro e al Tour, le sportellate di Valentino Rossi a Brno, le evoluzioni di Jury Chechi ad Atlanta. Tutte le prime volte di atleti diventati leggende nello sport mondiale, icone pop che hanno avvicinato milioni di persone a quella determinata disciplina.
Perché essere italiani, in quei momenti, era qualcosa di più. Proprio come il 28 gennaio 2024 a Melbourne, sul cemento della Rod Laver Arena. Jannik Sinner trionfa agli Australian Open, primo torneo del Grande Slam. L’ultimo italiano a riuscirci era stato Adriano Panatta nel 1976 al Roland Garros.
L’Italia è di nuovo protagonista
Dopo 48 anni l’Italia torna a esultare per un suo connazionale nell’ambito del tennis maschile. E quel ragazzo dai capelli rossi ha già fatto innamorare una generazione intera: è lui la locomotiva di un movimento in continua espansione, che può vantare un numero sempre maggiore di tennisti nella top 100. Ma quello che ha fatto Jannik non riguarda solo la sua specialità, va oltre i confini di un campo 24×11, perché domenica mattina davanti alla televisione c’erano milioni di italiani pronti a fare il tifo per il 22enne di San Candido.
Proprio come successo con le imprese di Pietro Mennea, Deborah Compagnoni, Valentina Vezzali, Federica Pellegrini e Gianmarco Tamberi. Sfogliando i giornali e guardando la televisione, sempre più opinionisti condividono lo stesso punto di vista. Sinner è il miglior giocatore italiano della storia. Eppure, la sua di storia nasce sulle piste da neve. Vicino alla nativa San Candido, ultimo comune prima del confine austriaco, il giovane Jannik praticava lo sci, attività appresa grazie al lavoro dei genitori. Sia Hanspeter (chef) che Singladine (cameriera) lavoravano al ristorante Talschlusshutte, situato sotto le Alpi.
La storia di Jannik
Il futuro era promettente anche in montagna, visto che divenne due volte campione nazionale. Tuttavia non ha mai smesso di maneggiare la racchetta e, quando ha deciso di dedicarsi a una delle sue passioni, ha dato priorità al tennis. Questione di prudenza, dice lui. Ossessionato e attento ai dettagli, Sinner è salito su un treno diretto all’accademia di Riccardo Piatti, uno degli allenatori di maggior successo. Lì, l’ex coach della classe di Ivan Ljubicic, Novak Djokovic, Maria Sharapova e molti altri lo hanno accolto come se fosse un figlio. Notò che Jannik era un diamante da far brillare. Sapeva di avere il potenziale per essere uno dei migliori al mondo. E il ragazzo non lo ha deluso: ha ottenuto risultati rapidi in tutte le categorie, ha infranto la barriera dei primi 100 a soli 18 anni ed era sempre disposto a imparare. Tanto che durante la pandemia, i due si chiusero in casa per studiare, per riconoscere gli errori e per migliorare. L’idea di Piatti era che Sinner capisse come superare le avversità assimilando i segreti dei Big 3. Non si trattava di immagini qualunque, bensì di partite in cui Federer, Nadal e Djokovic si trovavano alle corde. Come comportarsi nei momenti peggiori, quelli in cui il tennis non scorre.
E il risultato di questo lavoro si vede perfettamente oggi, i due estremi tra la semifinale contro Nole e la finale contro Medvedev. Oltre a concentrarsi al 100% sui tornei, Sinner si dedica ad altre attività nel tempo libero. Cerca, per quanto possibile, di andare a San Siro per vedere il Milan, club di cui è tifoso, o per seguire le gare di Formula 1. Inoltre, è appassionato di musica (Eminem è il suo artista preferito) o guardare serie (la sua scelta ricade su Prison Break). E nonostante sia molto attento alla dieta e mantenga una linea rigorosa, seguita da specialisti del settore, gli piace mangiare – di tanto in tanto – sushi o pizza. Anche se i suoi piatti preferiti sono quelli di montagna, che si possono assaggiare andando al rifugio gestito proprio dalla famiglia Sinner a San Candido. Lui al tavolo dei grandi si è seduto da un pezzo. Non ha nemmeno bussato alla porta. Ma, a differenza delle altre volte, ora ha chiesto il permesso ed è andato a prendersi il posto a capotavola. Il posto d’onore nel ranking ATP è sempre più vicino.
La finale degli Australian Open
Ma come è arrivato così in alto Jannik? Percorso pressoché netto quello di Sinner, che ha iniziato sbarazzandosi di Van de Zandschulp al primo turno e di De Jong al secondo. Poi è stata la volta di Baez, mentre agli ottavi è Khachanov a doversi piegare.
Ai quarti la storia si fa più complicata, ma solo sulla carta: Rublev non ha nemmeno una chance contro Sinner, che approda in semifinale e trova Djokovic. Il risultato lo conoscono tutti: 3-1 senza concedere nemmeno una palla break all’avversario, non era mai successo nella storia di Nole in un torneo dello Slam. Atto conclusivo, a contendere il titolo a Jannik c’è Medvedev, arrivato in finale dopo aver rimontato Zverev da 0-2 a 3-2. Nonostante Sinner sia il favorito, il tennista russo dimostra subito di essere in una giornata di grazia. Il numero 3 del mondo si costruisce subito tre palle break e si crea le condizioni per non essere ripreso. Il primo set finisce 6-3 per Daniil. Solo una brutta partenza? Niente affatto, anche il secondo set ha lo stesso andamento. Sinner non riesce a scrollarsi di dosso la tensione e concede addirittura un doppio break all’avversario. Ma è proprio in questo momento difficile che arriva il primo segnale di svolta. L’italiano strappa il servizio all’avversario, che comunque riesce a portare a termine il compito e allunga sul 2-0. Serve un miracolo. Nel terzo set Sinner si riscopre solido al servizio, mentre sulle gambe di Medvedev si fanno sentire le sei ore di differenza accumulate durante il torneo.
La palla break si trasforma in un set point, con Jannik che riapre la partita. Nel quarto set gli scambi si allungano, la fatica monta. E con il passare dei game la bilancia pende sempre di più dalla parte dell’azzurro. Come successo in precedenza, sul 5-4 Sinner non si fa scappare l’occasione per rimettere il match in equilibrio. Si va al quinto. La svolta al sesto game, con l’italiano già avanti 3-2. Tre palle break: la prima non va a segno, la seconda sì. Jannik non sbaglia più. Si arriva al 40-30, match point. Dritto vincente, sipario.
Fenomeno Sinner
Nelle sue parole dopo la vittoria c’è il riassunto di tutto il suo carattere. L’essenza di Jannik allo stato puro. «Siamo onesti – ha detto Sinner -, per i primi due set non ho visto palla… Poi nel terzo ho sentito che qualcosa stava cambiando». Ma comunque fosse andata sarebbe stato in qualche modo felice: «O vinci o, male che vada, impari qualcosa: io ho vinto e ho anche imparato qualcosa. Ho avuto la fortuna di prendermi tutte e due le cose». Proprio come gli ha insegnato Piatti. L’immagine più bella della giornata rimane quella in cui è disteso a terra, con il cemento australiano a cullare i suoi sogni di gloria: «Mi sono sdraiato e ho guardato il cielo. Mi sono detto “hai fatto una grande partita, hai superato tante difficoltà”». E poi quella dedica che rimarrà per sempre: «Vorrei che tutti avessero dei genitori come i miei, mi hanno lasciato scegliere senza mai mettermi pressione, anche quando ero più giovane e praticavo altri sport. Auguro a tutti i bambini di avere la libertà che mi hanno lasciato i miei genitori». Difficile pensare a un regalo migliore per i signori Sinner: «Non parlo spesso dei miei genitori — spiegherà più tardi — credo che fosse importante farlo oggi, nel momento più importante della mia carriera. Spero di aver fatto una cosa carina».
Altro che uomo di ghiaccio, chi lo conosce bene sa che l’impassibilità fa parte solo dello Jannik tennista. «Quando mi sento libero? Quando faccio cose semplici come sciare tra le mie montagne, quando posso correre veloce sui kart, quando gioco a carte con gli amici. Ma soprattutto io mi sento libero quando gioco a tennis». E poi torna sull’aspetto familiare: «Ci sono tanti giovani che sanno giocare bene a tennis, ma subiscono una grande pressione già all’interno della famiglia. Quando sono ancora ragazzini gli si chiede di fare grandi risultati. Per me la pressione è un privilegio, lo dico sempre, ma sostenerla è una cosa che ho imparato con il tempo». Grazie a lui, il tennis italiano continuerà a brillare. «Sono contento che ora molte persone seguano questo sport anche grazie a me – ha detto -, ma le mie priorità non cambiano. Devo rimettermi subito all’opera e allenarmi perché ci sono altri tornei da giocare e il mio lavoro è appena iniziato, devo migliorare tanto». Obiettivo? Roland Garros. Proprio lì, dove Pietrangeli e Panatta hanno fatto la storia. Ora c’è anche il nome di Sinner nella leggenda.