Oltre al fuoco che divampa dal nord al sud della Striscia di Gaza, quale può essere il destino dei palestinesi? Israele ha le idee ben chiare da tempo, ma non dipende solo da lui
“Israele ha un piano per cambiare la realtà strategica e di sicurezza nella regione”. È la promessa di Benny Gantz, ex generale e ora ministro della Difesa nel governo di unità nazionale di Benjamin Netanyahu. Ha ragione: a oltre un mese dall’inizio della nuova guerra fra Israele e Hamas, il 7 ottobre sembra aver segnato l’avvio di un ripensamento dell’intera strategia securitaria dello Stato di Israele, comprensiva, fra le altre cose, di un potenziale allargamento delle sue linee di confine. A est, lo Stato ebraico è intenzionato a occupare militarmente la Striscia di Gaza e a installarvisi con le sue Forze militari nel frattempo che il governo elabori una soluzione politica per gli arabi che resteranno a vivere nella Striscia e che sia subordinata alle priorità di sicurezza israeliane.
A Ovest, l’escalation di violenze dei coloni supportata dall’esercito punta invece a un’espansione degli insediamenti israeliani lungo tutta la Cisgiordania. Il piano appare delinearsi e potenziarsi di giorno in giorno. È quanto si coglie dalle notizie che quotidianamente ci raccontano dei tentativi delle truppe israeliane di indirizzare, prima coi volantini poi con le bombe, milioni di palestinesi dal nord di Gaza verso sud fino al valico di Rafah e, dal lato opposto, della distruzione dei villaggi palestinesi e lo sfollamento delle sue comunità sempre più frammentate nella West Bank.