Una forza lavoro da 365 mila unità quella degli studenti lavoratori che per diverse ragioni sostengono i ritmi forsennati di chi deve mettere in equilibrio vita lavorativa e accademica.
Le ragioni sono diverse secondo l’indagine presentata alla Camera e promossa dall’Unione degli Universitari e dalla Cgil, realizzata dalla Fondazione Di Vittorio: per mettere soldi da parte (90%), essere indipendenti dalla propria famiglia (88%), per sostenere i costi dello studio (83%), per poter provvedere a sé stessi e infine, in carenza di un supporto economico familiare (82%).
In alcune nazioni europee si va in direzione totalmente opposta, l’approccio danese, ad esempio, è quella di fornire ai propri giovani i mezzi per diventare al più presto indipendenti: lo “Statens Uddannelsesstøtte” (traduzione di supporto educativo statale) è il sostegno che il governo locale offre agli studenti: un sussidio di 825 euro lordi erogato mensilmente, al netto di un’università gratuita. I ragazzi, quindi, vengono pagati per studiare.
Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu sul tema si è espressa dicendo che “Lavorare non è una scelta libera ma spesso diventa una scelta obbligata per difficoltà economiche e carenze sul diritto allo studio. Solo il 40% dei rispondenti ha dichiarato che potrebbe permettersi gli studi anche senza lavorare. L’impatto sulla vita accademica è terribile.”
Fossilizzandosi sull’idea di doversi “spaccare la schiena” come hanno fatto le passate generazioni, si perde di vista il vero obiettivo dell’Università: la formazione e la socialità
Quasi 2 studenti su 3 hanno problemi a socializzare mentre il più della metà non riesce a frequentare le lezioni. E allora che senso ha?
Proveniamo da generazioni per le quali laurearsi non era così decisivo in termini occupazionali come ora -ben undici punti percentuali di scarto rispetto ai diplomati- e nessuno sembra curarsi sufficientemente di agevolare questo percorso alla formazione.
Tutto ciò non significa disincentivare lo spirito d’indipendenza che ogni studente dovrebbe avere durante la sua crescita personale. Significa puntare i riflettori sulle possibili soluzioni ad un sistema che porta i media a cascare dal pero quando i dati riportano numeri preoccupanti sullo stress e la precarietà dei giovani
Nella nostra costituzione, all’articolo 34, si parla di una scuola aperta a tutti anche se privi di mezzi ma se a minacciare il diritto allo studio non è solo il costo della vita in sé ma l’avversione generale verso le esigenze dei ragazzi, non ci resta che parlare dello studio come un lusso più che un diritto.
(Edoardo Galassi)