Si chiama “SSHF” e abbassa le temperature fino a 6 gradi, la scoperta arriva dalla Pritzker School of Molecular Engineering dell’Università di Chicago
Di fronte alle temperature sempre più roventi di quest’estate e di quelle precedenti, anche l’industria tessile si sta domandando come far fronte all’aggravarsi della situazione e quali possano essere delle strategie per introdurre nel mercato abiti che non innalzino ulteriormente la temperatura corporea. Un risultato sorprendente arriva dagli Stati Uniti: a Chicago è stato inventato un tessuto, che al momento ha un brevetto solo temporaneo, in grado di abbassare la temperatura corporea, combattendo dunque l’accumulo di calore.
Un team di scienziati della Pritzker School of Molecular Engineering dell’Università di Chicago, dopo una serie di esperimenti e studi approfonditi, ha messo a punto un materiale composto da diversi strati e da una base polimerica che, allo stesso modo della plastica, può assumere diverse forme. La trovata innovativa, tra le altre cose, non trova applicazioni solo nella moda, ma anche in altri campi come la conservazione degli alimenti e l’edilizia. Si tratta, in sostanza, di un materiale filabile – chiamato tecnicamente “SSHF” – che, una volta trasformato in tessuto, è indossabile, lavabile e ha incredibili proprietà di resistenza.
Multistrato e isolante, fino a 6 gradi in meno rispetto ad altri tessuti
Il progetto è stato finanziato in parte da un fondo di avviamento della Pritzker School of Molecular Engineering di Chicago e dalla National Science Foundation, un’agenzia governativa degli Stati Uniti che sostiene la ricerca e la formazione di base in tutti i campi non-medici della scienza e dell’ingegneria. Lo scopo del team di ricercatori era quello di produrre un materiale con due proprietà ottiche: da una parte un’elevata riflettanza della radiazione solare, dall’altra la capacità di ridurre l’assorbimento di calore dall’ambiente (raggi infrarossi).
I principali autori dello studio hanno dichiarato che la speranza è che il tessuto, una volta immesso nel mercato dell’industria della moda, possa aiutare molte persone a evitare i ricoveri ospedalieri e i decessi sempre crescenti dovuti al caldo, registrati nei centri abitati di tutto il mondo non solo quest’anno. Da qui la produzione di un composto di materiali diversi che, allo stesso tempo, riesce a ridurre l’assorbimento di calore – grazie a uno strato polimerico in polimetilpentene (PMP) – e a riflettere la radiazione solare grazie a uno strato intermedio di nanofili d’argento che respinge la radiazione termica in arrivo. Lo strato più esterno è appunto il PMP, che è stato reso filabile (e quindi trasformabile in tessuto) grazie a una particolare pratica chiamata “elettrofilatura”.
Per ottenere fibre tessili dal diametro molto ridotto, il polimero viene inizialmente immerso in un solvente; successivamente vengono estratte le fibre e le microfibre a loro volta utilizzate per creare il primo strato di stoffa. Il secondo strato intermedio del tessuto, che forse tra qualche anno tutti indosseremo, è costituito da nanofili d’argento ed è una componente indispensabile poiché viene utilizzato come conduttore. Lo strato più interno, invece, quello a contatto con la pelle, è composto da lana o da altri tessuti naturali che fungano da isolanti termici grazie alla propria struttura a scaglie. Dai primi esperimenti condotti da parte del team di scienziati di Chicago è emerso che questi materiali stratificati vanno a formare, appunto, un tessuto con una doppia proprietà ottica che emette calore nello spazio esterno mentre riduce al minimo l’assorbimento di calore.
Una vera e propria rivoluzione. Alcuni campioni del nuovo tessuto con cui sono state condotte delle simulazioni sotto il sole dell’Arizona, negli Stati Uniti, sono risultati tra i 2,3 °C e i 6,2 °C più freschi rispetto ad altri materiali come quelli tecnici per abbigliamento sportivo e anche rispetto alla seta e al lino, comunemente usati per indumenti estivi. Per comprendere più nel dettaglio i risultati dell’applicazione del tessuto “SSHF” su un corpo umano, gli scienziati hanno testato la stoffa multistrato prodotta in laboratorio sul braccio di un volontario che ha riscontrato una differenza di circa due gradi sul proprio corpo rispetto all’altro braccio su cui invece indossava del cotone traspirante. Gli esperimenti stanno proseguendo, con lo scopo di testare il “SSHF” soprattutto in scenari urbani e contesti con temperature molto elevate.
I benefici sull’ambiente
Le condizioni climatiche sempre più estreme, con temperature da record, che vengono registrate annualmente, hanno conseguenze sempre più evidenti e pesanti sui consumi di energia a livello internazionale e dunque sulle emissioni di CO2. Raffreddare spesso un ambiente significa riscaldare il pianeta e quindi gravare sul suo stato di salute. L’impatto ambientale dei sistemi di aria condizionata e di refrigerazione contribuisce infatti in modo sempre più pesante al cambiamento climatico.
La comunità scientifica ha sottolineato che la nostra civiltà, in realtà, utilizza circa il 10-15 percento dell’energia totale solo per sentirsi a proprio agio – dal punto di vista della temperatura – in qualsiasi luogo ci si trovi. Il caldo estremo che aumenta dappertutto di anno in anno, in poche parole, sta alimentando la domanda di aria condizionata e sta così determinando picchi nella domanda di elettricità a livello mondiale. Si crea pertanto un circolo vizioso di maggiori emissioni di gas serra che, a loro volta, rendono la Terra ancora più calda.
Negli Stati Uniti e in Giappone, per esempio, oltre il 90% delle famiglie ha un condizionatore d’aria, mentre nel Sud-Est asiatico solo il 15% ne possiede uno. Una cifra che scende al 5% in India e Africa. Di fronte a questo scenario si comprende, dunque, quanto il nuovo tessuto prodotto nei laboratori di Chicago sia innovativo e potenzialmente rivoluzionario, poiché fornisce un sistema di raffreddamento “passivo” in grado di ridurre la necessità di sistemi ad alto consumo energetico.
I risvolti in altri settori
Mentre il tessuto è ancora in attesa di un brevetto definitivo, la comunità scientifica sta già pensando a una serie di possibili risvolti e applicazioni innovative anche in altri campi: dal raffreddamento degli edifici, alla conservazione degli alimenti, fino all’utilizzo per gli interni delle automobili. Una versione più spessa del “SSHF”, protetta da uno strato invisibile di polietilene, potrebbe essere utilizzata sulle parti laterali di edifici o automobili, riducendo notevolmente l’utilizzo di aria condizionata all’interno degli stabili. Allo stesso modo si potrebbe abbassare l’impatto della refrigerazione utilizzando il materiale per trasportare e conservare prodotti come il latte e altri alimenti freschi.
Di pari passo, sempre con lo scopo di produrre nuovi materiali che mitighino l’utilizzo di condizionatori (sia di riscaldamento sia di raffreddamento), dalla scienza arriva anche un tessuto ultrasottile e ultraleggero che mantiene il calore quanto un pesante piumino. Si tratta di una fibra tessile sviluppata da un team di ricercatori dell’Università di Zhejiang, in Cina, che si sono ispirati alla struttura porosa del pelo degli orsi polari. La struttura interna del pelo di questi animali, infatti, è porosa, mentre il guscio esterno è particolarmente denso. La parte esterna fornisce dunque la resistenza necessaria. Il pelo del mammifero è molto leggero e isolante, perché l’aria intrappolata nella cavità abbassa la conducibilità termica del sistema.
E proprio su questo stesso modello si basa la struttura del materiale prodotto dai ricercatori cinesi. Secondo i risultati degli esperimenti condotti, per generare lo stesso calore di un piumino, con questa nuova fibra in aerogel basterà una quantità di tessuto 5 volte inferiore. Anche l’aerogel potrebbe aprire le porte a nuovi scenari e utilizzi nel campo dell’edilizia e già viene utilizzato in alcuni tipi di infissi come strategia di isolamento.
Può sembrarci ancora oggi strano ma, anche con il nostro modo di vestirci, possiamo contribuire ad aumentare o a ridurre le conseguenze del cambiamento climatico. Sia dal punto di vista della catena di produzione sia dal punto di vista delle nostre necessità fisiche e, dunque, dei nostri livelli di consumo. In questo senso la scoperta dei ricercatori di Chicago è un passo avanti notevole che può innovare, si spera rapidamente, il settore dell’abbigliamento, con considerevoli benefici per la Terra.