Tre mesi che potrebbero sconvolgere il mondo

Le presidenziali americane, in programma a novembre 2024, possono ribaltare le sorti del globo e indirizzare le guerre del futuro

Mancano tre mesi alle presidenziali negli Stati Uniti d’America e, considerando quel che è accaduto nelle ultime settimane, è probabile che accada ancora di tutto. Abbiamo davanti tre mesi che potrebbero sconvolgere il mondo. Non sono mai stato un sostenitore di Trump, al contrario, l’ho attaccato pubblicamente quando decise di spostare l’ambasciata statunitense a Gerusalemme (Gerusalemme Est è un territorio palestinese occupato dalle forze colonialiste israeliane) e quando fece assassinare Qasem Soleimani, capo della Forza Quds, l’unità d’élite dei Pasdaran iraniani. Nel 2020 Soleimani, uno dei protagonisti della lotta allo Stato islamico, venne ucciso, su ordine di Trump, da un drone statunitense che colpì l’auto sulla quale viaggiava, non lontano dall’aeroporto di Baghdad.

Trump sfida Harris, Biden si ritira, e il mondo trema
Le presidenziali americane sono in programma a novembre (LaPresse) – ilMillimetro.it

Solo due Paesi possono ordinare omicidi mirati di politici o capi militari nella totale impunità: Stati Uniti e Israele. Premesso questo, sostengo da anni che Trump sia infinitamente meno guerrafondaio (dunque maggiormente inviso al Complesso militare e industriale USA) dei leader democratici, in particolare quelli della corrente neocon. Barak Obama, con il pretesto della tutela dei diritti umani, ha dato l’ordine di bombardare la Libia 526 giorni dopo aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace. Questa è la verità. Trump è meno guerrafondaio di Obama, della Clinton, di Biden e di Kamala Harris.

Kiev e Gaza

Il Complesso militare-industriale e finanziario statunitense è terrorizzato dalla possibilità che Trump vinca. Trump – come ha fatto Biden del resto –, qualora dovesse tornare Presidente, probabilmente non ostacolerà la pulizia etnica che Israele sta compiendo a Gaza. Il popolo palestinese, ahimè, non può contare su nessuno, a parte attivisti e giornalisti coraggiosi, la propria straordinaria resilienza e un Dio che pare abbia abbandonato la Terra Santa. Non può contare sull’Europa, sempre più filiale della NATO, non può contare sulle amministrazioni americane, fondamentalmente sostenitrici del nazional-sionismo, non può contare sui Paesi arabi, ipocriti, muti, pavidi come mai nella Storia. Tornando a Trump, credo che la sua rielezione potrebbe rappresentare una svolta per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, un conflitto che NATO e UE stanno cercando di infuocare ancor di più. 

Gli Stati Uniti hanno fornito armi all'Ucraina nella guerra contro la Russia
Joe Biden da sempre sostenitore di Kiev (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Basti pensare che il primo atto del nuovo Parlamento europeo è stato l’approvazione di una risoluzione che indica come “irreversibile” l’entrata dell’Ucraina nella NATO, chiede nuove sanzioni contro Russia e Bielorussia, sostiene la necessità di aumentare gli invii di armi a Kiev, condanna l’iniziativa diplomatica di Viktor Orbán (colpevole di aver incontrato Putin dopo Zelensky e di aver parlato di negoziati) e suggerisce a tutti i Paesi di rimuovere le restrizioni all’utilizzo delle armi occidentali su obiettivi militari in Russia. Si tratta, chiaramente, di una risoluzione pro-escalation.

Trump ancora Presidente?

Trump, quanto meno a parole, sembra distante anni luce dalle linee politiche sostenute dalla maggioranza del Parlamento europeo, da Ursula von der Leyen, appena rieletta Presidente della Commissione europea, e da Biden, uscito di scena pochi giorni fa. Io sostengo che il cosiddetto “Deep State” nordamericano e il Complesso militare e industriale spingano per l’escalation militare in Ucraina. Trump no. E questo è un problema, ancor di più considerando l’aumento dei consensi per Trump dall’attentato a oggi. In tal senso, credo che il Complesso militare e industriale farà di tutto per ostacolare la vittoria di Trump.

Le dimissioni di Biden hanno sconvolto il mondo
Donald Trump dovrà vedersela contro Kamala Harris (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

È evidente che il crollo delle donazioni al comitato elettorale di Biden sia stato parte della strategia attuata da finanziatori e membri del Partito Democratico affinché Biden – un candidato senza alcuna speranza di vittoria – si ritirasse. Non mi permetto né di dire né di pensare che l’attentato a Trump sia stato organizzato da uomini più influenti del giovane che ha sparato. Non ho alcuna prova per supportare tale teoria.

Mi limito soltanto a dire che, se anche così fosse, non lo sapremmo mai. Ed è la Storia americana che ci spinge a pensare così, non il becero complottismo. Quattro sono stati i Presidenti degli Stati Uniti d’America assassinati durante il mandato: Abraham Lincoln, James Garfield, William McKinley e John Fitzgerald Kennedy. Quattro Presidenti assassinati, non pochi. Che l’assassinio di JFK non sia stato ancora chiarito è fuor di dubbio. È evidente che non fu solo una persona a sparare ed è altrettanto evidente che Kennedy sia stato vittima di una cospirazione.

Basti pensare all’uccisione di Lee Harvey Oswald, considerato l’unico responsabile dell’assassinio di JFK, avvenuta a Dallas, per mano di Jack Ruby, un malavitoso di Chicago che sostenne di aver sparato a Oswald per vendicare la morte del Presidente ma che molti pensano l’abbia fatto per far tacere Oswald per sempre. Ad ogni modo, che la storia americana sia torbida e caratterizzata da innumerevoli menzogne è innegabile.

Gli Stati Uniti sono abituati alla guerra

È sufficiente analizzare come le autorità USA siano riuscite a giustificare il coinvolgimento statunitense nelle due peggiori carneficine dalla Seconda guerra mondiale a oggi: la guerra in Vietnam e l’invasione dell’Iraq nel 2003. Nel 1964 il Presidente Lyndon B. Johnson ottenne dal Congresso il via libera per attaccare su larga scala il Vietnam del Nord dopo l’incidente del Golfo del Tonchino, ovvero, secondo la versione statunitense, l’attacco di motosiluranti vietnamite verso navi da guerra USA. Ebbene, quell’incidente si è rivelato una fake news. Quel giorno non vi fu alcun attacco vietnamita.

Gli americani hanno sempre alimentato i conflitti nel mondo
La storia degli Stati Uniti è caratterizzata dalle guerre – ilMillimetro.it

Gli Stati Uniti cercavano un casus belli per poter giustificare, agli occhi della propria pubblica opinione, un’altra guerra dopo quella di Corea e l’ottennero mentendo. La guerra in Vietnam, una guerra che gli USA hanno perso, ha provocato la morte di quasi 2 milioni di civili oltre a quella di 58.272 soldati statunitensi. Anche la guerra in Iraq è iniziata grazie a una menzogna. L’Iraq non aveva armi di distruzioni di massa alla vigilia dell’invasione statunitense. Colin Powell, all’epoca Segretario di Stato, quando mostrò al Consiglio di Sicurezza dell’ONU una provetta, spacciandola come prova delle armi chimiche in mano a Saddam Hussein, mentiva. Quella balla è costata la vita a 600.000 iracheni, tra morti dirette e indirette. Dunque, considerando tutto questo, è lecito avere dubbi sulla veridicità delle versioni statunitensi, soprattutto quando c’è di mezzo la guerra.

E oggi c’è di mezzo la guerra, anzi, la Guerra, un possibile conflitto diretto con la Russia. Non lo dico io, l’ha detto alcuni giorni fa il Presidente della Serbia Aleksandar Vučić. «L’Occidente vorrebbe condurre una guerra a distanza, tramite qualcun altro, investendo denaro e così via, ma al momento non è pronto per un conflitto diretto con la Russia. Non lo è ora, ma penso che lo sarà. Si sta già preparando per un conflitto con la Federazione russa e lo sta facendo molto più velocemente di quanto alcune persone vorrebbero vedere, in ogni senso. Sappiamo come stanno andando i preparativi militari. E voglio dirvi che si stanno preparando per un conflitto militare». Parole sue. 

Trump, a quanto pare, è contrario a questo scenario. La Harris, una Hillary Clinton meno potente (e dunque ancor più influenzabile), al contrario, sposa pienamente tale ipotesi. Le prossime elezioni presidenziali non serviranno soltanto a scegliere il nuovo inquilino della Casa Bianca. C’è una guerra di mezzo. Considerando il modo in cui da sempre si muove il Deep State USA, penso che chi spinge per l’escalation militare in Europa non resterà fermo nei prossimi tre mesi. Mesi che decideranno il destino del mondo.

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Amen

La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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