Tra gufi e sardine, una politica “bestiale”

Ecco come i riferimenti al mondo degli animali sono utilizzati nella comunicazione di chi ci governa

Tutto è iniziato con la nota Batracomiomachia attribuita a Omero, la guerra tra topi e rane, decisa dall’intervento dei granchi. Poi è stata la volta di Esopo, che ha utilizzato aneddoti e storie con protagonisti la volpe, la cicala, la formica, la lepre, la tartaruga e tanti altri animali, per incantarci con i suoi racconti. Ma c’è anche Niccolò Machiavelli: nel suo saggio Il Principe indica le caratteristiche e le peculiarità dei principati, suggerendo anche le modalità per conquistarli e per conservarne il potere.

Bestiario della politica in Italia
La politica italiana presenta un bestiario molto variegato (Immagine realizzata con IA) – ilMillimetro.it

Ebbene, secondo il filosofo e storico fiorentino chi vuole governare con successo deve imparare a comportarsi come il leone (con la forza e la ferocia) e come la volpe (con l’astuzia). Infine, arriviamo ai tempi più recenti, e scomodiamo anche George Orwell e la sua Fattoria degli animali, con il quale ha voluto denunciare la mostruosità dello stalinismo: i maiali Vecchio Maggiore, Palla di Neve e Napoleone (Stalin) sono gli artefici della rivolta contro il fattore Jones. Quest’ultimo rappresenta lo zar Nicola II di Russia, il potere borghese.

Il bestiario della politica italiana

Insomma, da Omero in poi la metafora legata al variegato e avvincente mondo degli animali ha sempre esercitato un grande fascino. Nel nostro linguaggio sono tantissimi i paragoni, i simboli, i soprannomi, i detti e le metafore prese in prestito dalla fauna: “lacrime di coccodrillo”, ad esempio. Oppure “a caval donato non si guarda in bocca”; “freddo cane”; “lento come una lumaca”; “pelle d’oca”; “sentirsi come un pesce fuor d’acqua” e via discorrendo.

La politica italiana e il suo bestiario
Una panoramica dell’aula di Montecitorio durante la votazione di fiducia (LaPresse) – ilMillimetro.it

E anche nella politica italiana si fa sovente ricorso a riferimenti e immagini presi dal mondo della fauna: i soprannomi (Pitonessa e Trota), le metafore (Bersani docet!), le “regole del gioco” (anatra zoppa e canguro). Senza considerare i cognomi (Grillo e Draghi). Insomma, se la politica americana, molto più semplicemente, usa l’asinello (il simbolo dei democratici) e l’elefante (quello dei repubblicani), la politica italiana dimostra di avere molta più fantasia quando si tratta di attingere da quel mondo sterminato e affascinante che è l’universo animalesco.  

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