È mattina presto. Sono al bar a far colazione. Intorno a me ragazzini eccitati, urlano, si spingono, si abbracciano. Comincia la scuola. Nella mia testa risuona una parola “SOVRASCARPE”, è un termine che io e il mio amico Stefano usiamo per gioco per dirci in codice “mi manchi”. La scandisco ad alta voce mentre metto il dolcificante nel caffè. “SO-VRA-SCAR-PE”, cazzo. Il cameriere mi guarda incuriosito, sorrido, mi batto la mano sulla fronte, niente… non mi veniva, sono un po’ pazzerella. C’è l’aria frizzantina degli inizi, ma d’altronde è settembre. A settembre bisogna essere felici, è il primo vero mese dell’anno, a settembre si fanno i buoni propositi, ci si promette di diventare persone migliori, si smette di fumare, si inizia la dieta, ci si iscrive a un corso di cucina, si torna in psicoterapia. A settembre si prendono decisione definitive, fare pace o non vedersi mai più. Io vorrei far pace con il mio amico Stefano. Ma questo desiderio che ho maturato durante l’estate, il desiderio di far pace, che è un desiderio che mi piace molto e che non solo vorrei coltivare, ma al quale sto dando uno spazio mentale importante, rischia di essere cacciato violentemente da un altro pensiero che mi assilla sempre di più: operarmi oppure no. Ho un tutore alla gamba destra, due stampelle e una lesione subtotale del crociato anteriore. Non sto certo morendo, però ho paura.
- “No, signorina, non è lesionato, è rotto.”
- “No, signorina, non è rotto, è lesionato.”
- “Si deve operare.”
- “Non si deve operare, dia retta a me”.
- “Se non si opera poi a 60 anni rischia una protesi al ginocchio”.
- “Non è assicurata? Sono 6mila, 8mila, 10mila, 15mila euro”
- “Deve mettersi questo tutore che parte dall’inguine e arriva alla caviglia”.
- “Niente tutore, lei può camminare”.
- “Non potrà più fare sport”.
- “Potrà fare sport, ma solo con le braccia”.
- “Potrà fare sport con le gambe ma solo camminando dritta”.
- “Se si opera potrà anche inventarne di nuovi, di sport”.
- “Se si opera potrebbe comunque rompersi di nuovo”.
Ho visto 3 ortopedici, diversissimi, interventisti, non interventisti, con diagnosi e pareri contrari, la sintesi dei nostri incontri è stata questa:
- Ortopedico 1 dice operati. Segue sconforto, pianto, vertigini.
- 1 a 0 per l’operazione
- Ortopedico 2 dice NON operarti. Segue gioia, fiducia nel futuro, nel prossimo, amore incondizionato per tutti.
- 1 a 1 palla al centro
- Ortopedico 3 dice NON operarti – segue santificazione del medico – riconciliazione con il mondo, con l’universo.
E qui la cazzata: andare da ortopedico 4. Stavo vincendo 2 a 1 per la non operazione, a testa alta, con fiducia, ma niente, il mio gene megalomane, ereditato probabilmente da mio padre, voleva una vittoria schiacciante, il mio gene voleva una maggioranza solida, voleva un 3 a 1. È mattina, mi accompagna la mia amica, già sento l’aria della sfortuna, l’aria che non è una buona giornata, semafori rossi, ci perdiamo, mi viene il ciclo, arrivo all’appuntamento, non risponde nessuno al citofono, mi appoggio al muro e metto le stampelle in una mano per poter tirare fuori il cellulare, chiamo il dottore, mi dice “arriva la segretaria tra poco”, aspetto, vediamo una signorina aprire il portone – è la segretaria del dottore? Mi porta dentro, lo studio è vuoto, buio, apre pian piano le persiane, entra il sole, analizzo, mi dico daje che voglio uscire con un 3 a 1. Non mi voglio operare.
- Ortopedico numero 4 non vuole sapere le diagnosi precedenti prima di avermi visitata.
- Ortopedico numero 4 mi visita. Sentenza: Operazione
- Lo sai, Arianna, che il 4 per il Feng shui non è un buon numero?
Vai a fanculo. Ora questa storia continua a riempirsi di numeri. Ci stanno 2 stampelle, 4 ortopedici, 1 crociato, 4 muscoli che compongono il quadricipite, 6 mesi di riabilitazione, 8mila euro di spese e siamo a un pareggio 2 a 2. Come procedere? Come prima cosa, quando avrò preso una decisione, giocarseli. Poi trovare un modo per prenderla, questa decisione. Ho sperato fino all’ultimo di non dovermi assumere la responsabilità di questa scelta. Cosa fare? Affidarsi, al proprio pensiero, alle proprie emozioni, alla saggezza, analizzare razionalmente tutti i pro e i contro, sì, vero, ma affidarsi anche un po’ alla scaramanzia, al Testa o Croce e soprattutto alla preghiera. Ossia trovare un modo per deresponsabilizzarmi dalla scelta. Ora fare testa o croce mi sembra troppo. Ho buttato giù i pro e i contro e ha portato a un pareggio. Andare da ortopedico 5 mi farebbe poi andare da ortopedico 6 e poi 7 e non la finirei più. La decisione la devo prendere io, purtroppo, e se la devo prendere io da sola, mi sento autorizzata a fare due chiacchiere oltre che con i miei amici vivi – che, come gli ortopedici, si dividono in interventisti e non –, anche con i miei cari morti. Certo, la chiacchiera sarà mentale ma non conosco altro metodo. Ora, io con i miei cari defunti ho sempre parlato, ho sempre pregato i defunti, il fatto di averli conosciuti, di avere la certezza scientifica che siano esistiti, mi fa sperare che, se c’è qualcuno là sopra che può dare uno sguardo qui da noi, sono proprio loro, e poi mi mancano, ho bisogno di farli vivere dentro di me, ci parlo, li consulto. Prego l’uno o l’altro a seconda del settore nel quale erano fortissimi in vita. Se ho un problema di denaro mi rivolgo a mia Nonna, drago degli investimenti, se ne ho uno di relazioni, di conflitto, oppure di scrittura a Matteo. E così via per i vari settori della vita. Che devo fare, amici miei che state lassù? Mi chiedo, ma riflettendoci non ho nessuno che si occupi di crociati, di chirurgia. La verità è che mi manca qualcuno lassù competente in materia. Che faccio, prendo in prestito il caro defunto di qualcun altro? un caro defunto sconosciuto ma adatto al crociato, alla chirurgia, un defunto ortopedico, fisioterapista? Ora, secondo la mia personale teoria di come funziona in cuor mio l’aldilà, i defunti si occupano solo dei loro cari. Per cui mi immagino che il signor defunto ortopedico sconosciuto, se lo penso (supponendo di trovarlo) si ritrovi lassù a chiedersi: ma chi è questa che mi prega? Ma che vuole da me? Io non la conosco. E poi dall’altro canto vedo i miei cari domandarsi: “ma come mai non prega noi, perché si affida a uno sconosciuto, anche se ortopedico, ma come si permette. È vero che sul crociato non siamo fortissimi però per starti vicino e aiutarti a ragionare sì, e poi un consiglio su come far pace con l’amico tuo possiamo dartelo”. E infatti hanno ragione. Matteo dall’aldilà (che poi è il mio cervello) mi dice: “Dell’operazione non so una minchia, però so che hai paura e la paura non è una buona consigliera, e hai paura che la decisione sul ginocchio che hai preso (perché in cuor tuo l’hai presa) sia quella sbagliata. Hai paura che l’amico tuo Stefano non voglia più saperne di te, e infatti all’amico tuo devi chiedere scusa, ti devi prostrare, hai torto, lo sai, ha fatto vari passi verso di te, ti ha scritto, telefonato, l’hai ignorato. Ci pensi da due mesi ma ancora non hai fatto nulla. Sei una merda Arianna.” Matteo ha ragione. Suona la campanella, i ragazzini corrono verso l’entrata. Io sto fuori dal bar, stampellata, con tutti ’sti pensieri sconclusionati. Mi fa male il ginocchio, che un po’ si sta gonfiando. I miei cari defunti mi sono comunque d’aiuto, penso, perché nella mia testa e forse anche lassù c’è un meraviglioso olimpo, persone che mi vogliono bene e che, se potranno, mi staranno vicine, anche se Matteo dice che sono una merda. Il cancello della scuola si chiude, si sente il vociare dei ragazzini tra le scale. Prendo il cellulare, cerco in rubrica il numero di Stefano, mi infilo gli auricolari, avvio la chiamata. Squilla una volta, squilla due volte.
- “Pronto” dice Stefano.
- “Ciao” dico io.
- Poi tutto d’un fiato continuo: “Mi dispiace, ho bisogno di te, mi dispiace, perdonami, sovrascarpe”.
Mi paralizzo in attesa che succeda qualcosa, che dica qualcosa, forse mi manderà a fanculo, forse attaccherà, anche l’olimpo nella mia testa si paralizza in attesa. Poi sento una risatina.
- “Sovrascarpe?”
- “Esatto” dico io piccata che non si ricordi il significato.
Altra risatina, poi silenzio.
- “Anche tu sovrascarpe, Arianna”.
L’olimpo esulta di botto, si danno pacche sulle spalle, ce l’abbiamo fatta, “brindiamo” fa Matteo. Inizia una lunga telefonata, io mi incammino, piano piano… ché con le stampelle ancora non sono fortissima, mi fermo davanti al tabaccaio, tiro fuori il foglietto con i numeri da giocare. Adesso inizia l’anno nuovo anche per me.
(foto copertina Lorella Colella)