Giacomo Ciarrapico, sceneggiatore e regista, firma per la rivista de il Millimetro il nuovo pezzo della sua rubrica
Quando mi hanno detto che l’argomento di questo mese era “i mercenari” mi sono detto “merda, qui tocca parlare di guerra, di soldati, di morte”. Di questi tempi mi va così così: sogno la Terza guerra mondiale tre volte a settimana e mi sveglio angosciatissimo. Penso di non scrivere. Ma prima di abdicare, come al solito, consulto il dizionario. «Mercenario: Di chi svolge un’attività al solo scopo di trarne guadagno. Truppe di mercenari. Soldati mercenari di professione, reclutati con contratto per fare la guerra». E fino a qui non ho quasi più dubbi, si parla di morti ammazzati e non me la sento.
Ma poi continuo a leggere: «Mercenario: in senso spregiativo, scrittore o giornalista mercenario. Che, per denaro, rinuncia alla propria libertà di espressione e di giudizio».
E mi blocco. Aspetta un attimo. Cioè, alcuni scrittori vengono associati a soldati che uccidono per denaro? «In senso lato», mi dice la mia compagna. E germoglia una domanda:
…Io, che di mestiere scrivo, mi sento un mercenario? In fondo un po’ sì. Anzi, assolutamente sì. Così come non si combatte o si fa la guerra se non per un ideale altissimo (sennò si diventa mercenari), ci sono altre categorie professionali che mal sopportano il profitto: se vedi un prete su un SUV da ottantamila euro storci il naso, non sai perché ma storci il naso. Certe cose non vanno fatte per soldi e basta. E se penso che l’arte è provare a dire… l’indicibile, l’ineffabile, con altri mezzi, beh, vedendo quello che ho fatto, che ho scritto, certo che mi sento un mercenario. Perché ho svilito questa straordinaria forma di espressione per quattro soldi. E tutto ciò per far fare due risate a chi mi sta di fronte. Diciamolo, rispetto a Io capitano di Matteo Garrone, noi di Boris siamo delle merde, dei mercenari.
Mercenari, in “senso lato”
Però è anche vero che Matteo Garrone, anche lui, due soldi per quel film li ha presi. E il purista dell’arte, quello puro-puro-puro… che ti dice che non devi percepire denari per fare arte, a Garrone gli urla con la mano a cucchiara: «A mercenario!».
Ma chi è che la dice ’sta cosa? Chi è che teorizza questa cosa, fa Arte (nel senso vero del termine) e lo fa gratis?
Quel pezzo di merda di Banksy.
Lui proprio ti dice che l’arte è di tutti, come l’aria. Fai il barista, lo spazzino o muori di fame, ma l’arte la devi fare gratis e basta. E sbrocca a Garrone. Che annaspa in grande difficoltà, vorrebbe ribattere ma non ci riesce, vince Banksy.
Io mi deprimo davanti a questo duello nobilissimo in cui sono tutti migliori di me. Sono un cazzo di mercenario, questo sono.
Ma poi ragiono e mi cambia l’umore. Diciamoci la verità… c’è qualcuno che sta peggio di me, come nell’anticamera di un dentista. Facciamo finta che sulla RAI ci sia una nuova fiction, ben pagata. Titolo Idraulico e gentiluomo: la storia di un idraulico molto piacente che risolve casi di omicidi analizzando lo storico del calcare e altri reperti nei cessi. Le casalinghe sono pazze di lui, ma lui è vedovo da poco e non vuole saperne. Con Raoul Bova (che darà tutto se stesso, mercenario). Se me la proponessero, giustamente rifiuterei e darei del mercenario a chi l’accetta. Ma, loro, ipotetici sceneggiatori di Idraulico e gentiluomo che ci hanno creduto (almeno il primo quarto d’ora del primo incontro con il produttore) non si sentono mercenari ma Artisti. E poi quando Idraulico e gentiluomo si rivelerà una merda come era previsto, se la prenderanno con la rete che li ha prodotti e parleranno di altri artisti più mercenari di loro. Ma chi può essere peggio degli sceneggiatori e registi di Idraulico e gentiluomo? È facile, quelli della pubblicità. Per chi fa il nostro mestiere, quelli della pubblicità sono i mercenari per eccellenza… Ma come? Avevi un talento, volevi dire l’indicibile, l’ineffabile e invece ti ritrovi a consigliare un prodotto. Sei una merda. Ma anche chi lavora in pubblicità dà del mercenario all’altro: quello che fa la pubblicità al Mulino Bianco dice a quello della Nike: «Ma non ti vergogni? Per la Nike, che sfrutta i bambini?». E quello gli risponderà: «Mica sono come lui (indicando il vicino) che faccio la pubblicità della Beretta. O delle mine antiuomo». E niente, non se ne esce. Come scrisse Lévi-Strauss, ogni popolo è barbaro di un altro. In questo caso, ognuno è un mercenario agli occhi del suo prossimo. In un’infinita catena di moralità.
Alla fine, chi ha ragione? Si salva solo quel pezzo di merda di Banksy.
Anche se qualcuno sospetta… che Banksy… per guadagnare qualche cosa… la sera, verso le otto, di nascosto… si travesta da Lino Banksy. E vada a fare Un cardiologo in famiglia.