Quando la notte di quel 24 agosto 2016 la terra iniziò a tremare, devastando gran parte del Centro Italia, lui era sindaco di Ascoli Piceno, una delle province colpite dal sisma. Oggi, a distanza di quasi 7 anni, Guido Castelli è diventato Commissario straordinario alla ricostruzione, sostituendo l’uscente Giovanni Legnini. Ora toccherà a lui lavorare per ridare vita a quei luoghi che non esistono più, ridare una casa a chi la sta aspettando. Ma soprattutto restituire un futuro a tutti coloro che lo stanno sognando da 7 lunghi anni.
Il prossimo 24 agosto saranno passati ben 7 anni dalla prima scossa di terremoto che distrusse gran parte del Centro Italia. A che punto è la ricostruzione?
“Negli anni la ricostruzione ha avuto delle false partenze. Inizialmente si è stentato a dare un quadro normativo lineare e definito. Su questo punto poi è intervenuto il mio predecessore, il commissario Giovanni Legnini, che ha lavorato per dare una definizione normativa e soprattutto per avviare una semplificazione delle regole. Io, che sono subentrato a lui da pochi mesi, mi sono cimentato nell’attuazione pratica: quella dei cantieri. Con me ora siamo passati dalle norme ai cantieri”.
Come procede quindi il lavoro nei cantieri?
“Per la ricostruzione privata leggera siamo circa a metà del cammino. Discorso diverso è per la privata pesante: in questo caso siamo più distanti. Per quanto riguarda la ricostruzione pubblica abbiamo assegnato risorse significative: 650 milioni per i comuni marchigiani e circa 350 per quelli delle altre regioni. Quindi circa 1 miliardo. Il problema però è che nella ricostruzione pubblica rientrano anche gli edifici di culto e in questo caso il lavoro diventa più complesso perché subentrano altri enti come, ad esempio, la Sovraintendenza. E questo rallenta un po’ i lavori”.
Quali sono le principali difficoltà?
“L’attivazione dei cantieri presuppone variabili complesse. Tra queste la ricerca di persone disponibili a lavorare, un problema che si è acuito con l’ideazione del bonus del 110%…”.
In che senso?
“Molte imprese hanno temporaneamente lasciato i lavori legati alla ricostruzione per dedicarsi a quelli dove c’era il bonus del 110%. A peggiorare il quadro il fatto che il Superbonus era bloccato anche per le ricostruzioni legate al sisma. Io mi sono impegnato per riattivarlo”.
E poi?
“Il Parlamento ha confermato fino al 2025 il Superbonus e la cessione dei crediti. Adesso bisogna proseguire nel solco tracciato, attraverso nuovi obiettivi e accorgimenti da realizzare. Primo tra questi obiettivi è quello di snellire e armonizzare le procedure tra il Superbonus 110% e il Contributo sisma, due interventi contigui e che si incrociano, ma che ancora non ‘parlano’ tra loro in modo fluido. Sarà mia premura intervenire in tal senso. Poi confido nel fatto che il potenziale del credito d’imposta nell’area del cratere potrà essere adeguatamente valorizzato, facendo leva sulle nuove norme che di quel credito favoriscono la cessione. Ciò anche in riferimento ai crediti pregressi che nel recente passato sono rimasti incagliati anche nell’area del cratere”.
Con la proroga al 2025 del 110% per il cratere quindi cosa cambia nello specifico?
“Nel caso degli edifici terremotati è possibile aggiungere al Contributo sisma per la riparazione anche il 110. Grazie a questa fondamentale deroga dunque, il terremotato potrà continuare a beneficiare del 110% – insieme al Contributo sisma – senza dover anticipare niente. Godremo di questo regime speciale fino a tutto il 2025”.
Insomma, come sempre la burocrazia sembra essere il male peggiore. Come snellire e velocizzare?
“Senza dubbio, ma ora la situazione è migliorata anche perché abbiamo esteso alla ricostruzione sisma le normative semplificate stabilite dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Pnrr. Secondo me infatti il vero problema non è legato solo delle norme, ma è connesso pure al lavoro degli uffici pubblici. La burocrazia è anche un fatto di risorse umane, di gestione dell’organico. Ed è per questo che abbiamo lavorato sulla stabilizzazione del personale. Se non stabilizzi le persone che lavorano alla ricostruzione tutto diventa più difficile. Se il personale cambia spesso ogni volta si deve ripartire da zero o quasi. Non si tratta dunque solo una difficoltà legata alle norme in quanto tali, ma è una questione di mentalità e di gestione delle risorse umane che si hanno a disposizione”.
E gli sfollati?
“Ad oggi sono oltre 13 mila le famiglie assistite, tra quelle che beneficiano del Cas, il Contributo di autonoma sistemazione, e che risiedono nelle Soluzioni abitative di emergenza e in quelle provvisorie. I nuclei familiari assistiti sono 2.376 in Abruzzo, 1.186 nel Lazio, 8.619 nelle Marche e 1.696 in Umbria”.
Ricostruzione non solo fisica, ma anche economica di un tessuto gravemente colpito dal terremoto. Come? Il governo, attraverso un’indicazione specifica contenuta nel Decreto ricostruzione, ha stabilito che il Commissario straordinario al sisma 2016 si occupa anche della rigenerazione economica del cratere…Cosa sta facendo?
“Abbiamo immaginato un programma di sviluppo e rilancio che agisse in parallelo rispetto alla ricostruzione materiale. Per questo stiamo attuando il progetto NextAppenino. Si tratta di un programma per il rilancio economico e sociale delle regioni del Centro Italia colpite dai terremoti del 2009 e del 2016, che viene finanziato dal Fondo Complementare al Pnrr per le Aree Sisma. La dotazione complessiva è di 1 miliardo e 780 milioni di euro, 700 dei quali a disposizione delle imprese per sostenere i loro investimenti sul territorio. È stato creato un portale web che consente di accedere direttamente ai bandi per l’assegnazione delle risorse, agli sportelli informativi, alle informazioni, ai dati e alle notizie sull’attuazione del programma, anche per i progetti già definiti che coinvolgono le amministrazioni pubbliche. Abbiamo già registrato domande per 1 miliardo e mezzo. Quindi sicuramente c’è una progettualità forte. Ora si tratta di avviare un negoziato con il governo per garantire tutti i progetti e attivare nuove risorse”.
A chi è affidata la responsabilità degli interventi?
“Ad una Cabina di Coordinamento composta da me che la presiedo, dal responsabile della Struttura Sisma Abruzzo 2009, dal Capo Dipartimento Casa Italia, dai presidenti delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria e dai rappresentanti dei sindaci delle quattro regioni”.
NextAppenino dunque riguarda anche il sociale. Del resto quello dello spopolamento delle aree del sisma è uno dei tanti problemi causati dal terremoto…
“Innanzitutto bisogna precisare che lo spopolamento c’era già prima del 24 agosto 2016 e che è un problema che non riguarda solo il nostro Appenino, ma c’è in tutta Italia. Le azioni che noi mettiamo in campo per ripopolare le zone colpite dal sisma devono essere precedute da politiche nazionali. In questo contesto dobbiamo attirare le imprese, far sì che le famiglie possano ritenere utile e possibile anche vivere nell’entroterra perché la rinascita dei territori colpiti dal sisma passa anche dalla ricostruzione sociale. Secondo me dobbiamo modellizzare una azione che applichiamo nelle aree terremotate e che potrebbe essere utile per gestire tutte le zone interne dell’appennino, anche quelle non colpite. Con NextAppenino, strategia che parte da una analisi delle caratteristiche dei due crateri per indicare le linee di indirizzo per una rivitalizzazione dell’area, cerchiamo di sviluppare azioni che favoriscano la creazione di comuni sicuri, sostenibili e connessi”.
Cosa intende per comuni sicuri, sostenibili e connessi?
“Sicuri in termini di edilizia, ma anche di servizi pubblici, come sanità e scuola. Sostenibili perché dobbiamo collocare la strategia in una grammatica più generale che è lo sviluppo del Paese, del resto la sostenibilità ambientale è punto di forza degli Appenini centrali. Dobbiamo attrezzarci affinché si possa garantire e gestire un futuro nei luoghi dove è ideale vivere grazie, per esempio, allo smart working e alle imprese sostenibili. Tutte le misure andrebbero prese in questo senso. Poi c’è il tema della connessione: per rendere performanti questi territori dobbiamo lavorare affinché questi siano collegati sia a livello di viabilità, quindi realizzando strade, ma anche a livello digitale”.
Lei ha detto che il turismo è la chiave per la rinascita dell’Appennino. Come però?
“Accanto alla ricostruzione e alla messa in sicurezza del territorio dobbiamo impostare un modello di sviluppo, anche turistico, che sia capace di preservare lo splendore e l’autenticità delle montagne e dei borghi. Ciò sarà possibile attraverso progetti dedicati e sostenibili dal punto di vista ambientale e anche tramite un turismo destagionalizzato, capace di attirare una domanda di qualità. Il nostro Appennino può offrire al Paese un nuovo modello, diverso da quello urbano e connotato da una grande qualità della vita in termini umani e ambientali. I Sibillini hanno sempre trovato nel turismo e nelle proposte legate alla cultura e alle tradizioni una leva di crescita fondamentale. Si deve lavorare affinché i nostri borghi tornino ad essere centri nodali della comunità, capaci di sviluppare servizi e creare posti di lavoro”.
(foto copertina di Luisa Urbani)