Ne ha parlato con noi Norma Rossetti, imprenditrice del cambiamento e fondatrice di MySecretCase
C’è la lotta per sopravvivere, e poi c’è anche la lotta per sopravvivere in maniera dignitosa. La guerra uccide, fa vittime innocenti, distrugge il presente, annienta il futuro. Esiste un lato di cui si parla poco, soprattutto perché non impressiona nell’immediato, fatica a fare a notizia. Parliamo della salute mentale, del sesso in guerra, delle difficoltà per donne e bambini di procurarsi tutti quei beni primari di cui avrebbero bisogno. Ma questo non importa o, meglio, importa davvero poco. Non conta la vita di una persona, figuriamoci se può interessare cosa accadrà tra una decina di anni a queste persone.
Di questo, e molto altro, abbiamo parlato con Norma Rossetti, imprenditrice del cambiamento. Ha fondato MySecretCase nel 2014 con questa mission: «Vogliamo un mondo in cui le donne non sono oggetti sessuali ma possono averli tutti». Ha rotto decenni di tabù e stereotipi culturali sulla sessualità creando la prima community e la più attiva in Italia con 2M di utenti, basata su valori come inclusività, educazione e informazione accessibile a tutti. Nel 2022 ha fondato Fluyda, la prima community sull’educazione mestruale e la ciclicità femminile.
Qual è il legame tra guerra e sesso?
Il primo pensiero che arriva, per me che mi occupo di educazione al piacere e alla sessualità, emerge spontaneo e impregnato di tristezza: l’orrore del sesso. Oggi sono i post sui social network, prima erano i testi biblici, i poemi, i grandi dipinti olio su tela e i più semplici testi contadini che, attraverso immagini e testimonianze, raccontavano di donne e bambine preda di qualcuno. È il tema che emerge sempre, in tutte le guerre e in tutte sembra essere dimenticato dopo poco.
Oggi sono almeno 50 i conflitti attivi, di natura diversa ma tutti preoccupanti e gravi, ma dalla storia non abbiamo imparato: schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, aborto forzato, pedofilia, sterilizzazione delle donne, matrimoni obbligati; in guerra la sessualità come piacere, educazione e salute non esiste. Non sono bastate le rivoluzioni sessuali, neppure quella tecnologica, il sesso viene usato dagli uomini, lo stupro in particolare continua ad essere lo strumento che sancisce il potere sul territorio, per umiliare i maschi nemici, per disprezzare o possedere i corpi delle donne e delle bambine.
«Se sei una donna in guerra sai come andrà», non ti salvi neppure se sei in missione, in uno di quei luoghi considerati sicuri. Non vale la Convenzione di Istanbul e neppure le denunce, non esistono i diritti umani, in guerra si perde ogni principio di legalità. Come potrebbe essere altrimenti, se da un anno stiamo assistendo al genocidio a Gaza? Purtroppo, i diritti acquisiti da questa parte di mondo, in alcuni Paesi non sono trasferibili e non sono validi. Come diceva Tiziano Terzani, «un bambino che muore a New York vale più di un bambino che muore a Kabul».
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