Secoli di storia e rarità negli orti botanici italiani

Una passeggiata in un silenzioso bosco di felci, all’ombra di altissimi faggi, conduce al piccolo vigneto più ricco d’Italia, che raccoglie tutte le tipologie di piante da uva italiane, ben 154.  Proseguendo attraverso centinaia di tronchi di bambù ci si lascia alle spalle una collinetta cosparsa di iris e si arriva nel magico giardino giapponese, dove le carpe nuotano tra le ninfee, all’ombra dei ciliegi in fiore. Può sembrare un racconto fiabesco ma è la realtà di uno scorcio dell’Orto Botanico di Roma, un’oasi verde al centro della capitale che custodisce, così come tutti gli altri orti botanici del paese, un inestimabile patrimonio storico, culturale e naturalistico. Già perché gli orti botanici non sono semplicemente delle macchie di verde tra i palazzi. La maggior parte dei 64 attualmente presenti in Italia nascono durante l’Umanesimo e il Rinascimento, come veri e propri giardini della scienza che, grazie all’impegno delle Università, portano avanti una missione: conservare le specie vegetali, soprattutto quelle rare e a rischio estinzione.   

Le antiche origini e lo sviluppo nei secoli

Tra tutti il più antico è l’Orto botanico di Padova che occupa, ancora oggi, la stessa posizione di origine. Un primato discusso, perché pare che il primo orto botanico italiano fu istituito a Pisa in un’area che, tuttavia, non è la stessa in cui si trova oggi. Quello di Padova sorse nel 1545, in correlazione al polo universitario della città, per la coltivazione delle piante medicinali “semplici”, ossia i medicamenti di origine naturale. Nei secoli nomi illustri come Galileo Galilei, Torquato Tasso e Johann Wolfgang von Goethe vi hanno camminato, mentre tanti vi entravano furtivamente nella notte per portare via le preziose piante curative, tant’è che dopo anni di furti venne deciso di delimitare l’area con un grande muro, che ancora oggi circonda le oltre 8000 piante, di 3500 specie differenti.  Negli anni coloro che vi hanno lavorato hanno perseguito l’impegno di preservare la flora minacciata, con particolare attenzione ai metodi usati, evitando l’utilizzo di insetticidi nocivi per l’ambiente. Altro piccolo tesoro verde del nord Italia è l’Orto botanico milanese, che sorge all’interno del complesso culturale di Palazzo Brera. 5000 metri quadri di giardino, nascosto tra gli eleganti palazzi settecenteschi di uno dei quartieri più raffinati del capoluogo lombardo. Fu istituito nel XIV secolo per la coltivazione di piante per i padri Umiliati (ordine religioso piemontese), che vi meditavano; allo stesso modo lo utilizzarono, due secoli dopo, i Gesuiti. Fu nel XVIII secolo che l’imperatrice Maria Teresa d’Austria trasformò Palazzo Brera in un centro culturale focalizzato sulle scienze, le arti e le lettere, così quel piccolo giardino romantico divenne l’attuale Orto botanico dove per secoli si sono incontrate la botanica, la farmacia e la medicina.   

Secoli di storia e rarità negli orti botanici italiani

Così come quello padovano e quello milanese, anche l’Orto botanico di Genova sorse proprio nel centro della città. Nel 1803 tra il mare e le montagne della vecchia repubblica marinara nacque l’Orto, per l’interesse di illustri aristocratici genovesi, particolarmente attenti al mondo della botanica. L’Ateneo universitario genovese, da circa un secolo, stava già portando avanti  ricerche scientifiche in campo medico e così, grazie all’istituzione dell’Orto, potè condurre importanti studi i cui risultati vennero osservati perfino dall’estero. Solo un anno dopo nell’orto erano coltivati 2208 esemplari, tra cui molte delle piante officinali più usate in quell’epoca, non solo italiane ma anche di origine esotica e in particolare tropicale. Il valore degli studi dei ricercatori botanici dell’orto genovese era tale che tutta l’Europa ottocentesca considerava la Liguria come a un paradiso verde, in cui si conoscevano, studiavano e mantenevano in vita piante rarissime. Non meno ricco di specie rare l’Orto botanico di Roma, istituito nel 1883 nell’area archeologica delle Terme di Settimio Severo e di suo figlio Geta, nascosto nel cuore di Trastevere, alle pendici del Gianicolo. Una ringhiera lo separa oggi dal giardino di Palazzo Corsini, abitato nel XVII secolo da Cristina di Svezia, che proprio in quel giardino ospitò le prime riunioni di quella che sarebbe diventata l’Accademia dell’Arcadia (movimento letterario del Settecento)  

In 12 ettari di verde crescono tra le 3000 e le 5000 specie, provenienti da ogni continente. Di immenso valore è anche il patrimonio artistico: tra i viali di ghiaia si incontrano la Fontana dei Tritoni, contemporanea a quelle barocche del Bernini, uno scalone monumentale con la settecentesca Fontana degli Undici Zampilli e le serre storiche della famiglia Corsini, dove sono stati posizionati busti e statue di epoca romana. Ancora più a sud, illuminato dalla luce dorata della Sicilia, si trova l’Orto botanico di Palermo, fondato nel 1780. La Regia Accademia degli Studi di Palermo, una volta istituita la cattedra di Storia naturale e Botanica, poté usufruire di un appezzamento di terra sul Baluardo di Porta Carini, per la coltivazione dei “semplici” (le piante medicinali). Qualche anno dopo l’orto venne trasferito nelle terre della Vigna del Gallo, nel piano di Sant’Erasmo, dove ha tuttora sede. Come molti altri è affiliato all’ateneo universitario ed è schematicamente suddiviso in ordinamenti e settori, alcuni risalenti alla fondazione, altri creati nei secoli successivi. Le 1692 diverse specie (oltre 3500 piante)sono raggruppate nelle varie aree: da quella dedicata alle piante con proprietà medicinali a quella in cui crescono le piante acquatiche, passando per le serre e così via.   

Gli alberi secolari e le specie più rare  

Risale al 1585 ed è di tale bellezza che Goethe le dedicò alcuni scritti e opere scientifiche. Si tratta di una palma di S. Pietro (nota anche come “palma di Goethe”) che da cinque secoli cresce nell’Orto botanico di Padova. Non lontano da questa si erge un gigantesco platano del 1680 dal fusto cavo e un cedro dell’Himalaya dell’800, il primo albero di questa specie mai piantato in Italia. Quelli di Genova sono solo alcuni degli incredibili “alberi storici” che da secoli vivono negli orti botanici italiani. Di eccezionale rarità anche la Salvia dell’Orto Botanico di Brera: non una, bensì 40 specie di diverso aspetto, forma e colore; da quelle tropicali alte fino a tre metri, con le particolari fioriture blu, a quelle rosse sgargianti. Infine gli ottocenteschi Ginkgo bilobasimboli del giardino, maschio e femmina di due secoli e mezzo di vita.  In ogni orto botanico non mancano certo le felci, che sono le piante vascolari più antiche ancora presenti sulla terra, ma è in una delle serre dell’orto botanico di Genova che cresce la Angiopteris evecta, una specie con fronde lucide lunghe alcuni metri, chiamata King Fern, ossia “felce reale”, risalente addirittura al Paleozoico. All’interno della stessa struttura non si può fare a meno di notare un’altra particolare felce, la Cibotium, con foglie lunghe fino a cinque metri coperte da una peluria rossastra che la pianta usa per proteggersi dalla disidratazione; i nativi americani, invece, la raccoglievano e ne facevano un uso simile ai nostri batuffoli di cotone.   

Secoli di storia e rarità negli orti botanici italiani
Foto Beatrice Maroni

Nell’Orto botanico di Roma, invece, si contano diversi alberi monumentali come platani orientali, querce da sughero, cerri, roverelle, cedri dell’Himalaya. Oltre 300 esemplari ultrasecolari appartenenti a più di 130 specie. Unici nel loro genere tra i 12 ettari romani sono la collezione di bambù, fra le più ricche in Europa, che costituisce un vero e proprio bosco dalle fronde altissime e il Vigneto Italia: un piccolo appezzamento di terreno, incastonato tra la collezione delle felci e le Mura Aureliane, in cui sono state di recente piantumate con metodo biodinamico oltre 325 esemplari, rappresentativi di tutte le varietà di piante d’uva da vino (Barbera, Nebbiolo, Moscato, Merlot, Vermentino ecc.)  provenienti da ogni regione italiana, più 17 vitigni di origine straniera. Celebre per le sue piante tropicali è sicuramente l’Orto di Palermo, che vanta collezioni di piante succulente, bambù, palme, agrumi, cipressi, piante igrofite (che crescono in ambienti umidi) come il papiro egiziano e piante acquatiche, ospitate in parte nel magnifico aquarium del 1796. La più nota tra le piante palermitane è sicuramente l’imponente ficus Macrophylla, noto anche come “ficus monumentale” o “ficus stritolatore”, originario della Florida, è considerato l’albero più grande d’Europa, con i suoi 10.000 metri cubi di chioma fogliare. Un gigante che risale al 1800, caratterizzato da radici aeree che si spingono fino a terra trasformandosi in tronchi che sostengono e nutrono la stessa pianta.  

Secoli di storia e rarità negli orti botanici italiani

L’importanza degli Orti Botanici nell’ecosistema cittadino 

Gli orti botanici, non solo questi di cui sono state sottolineate le origini e le particolarità ma anche gli altri sparsi per la penisola, raccontano secoli di storia e ricerca scientifica e mostrano l’immensa varietà di specie vegetali che, da millenni, cresce sul pianeta Terra. Aree uniche, sempre verdi, dove i cittadini possono lasciarsi incantare da colori, profumi e paesaggi; luoghi spesso nascosti e poco conosciuti dove adulti e bambini hanno modo di scoprire il mondo della botanica e la particolare unicità di ogni specie vegetale. Meno evidente ma altrettanto importante è il ruolo che gli orti botanici svolgono per la salvaguardia dell’ecosistema cittadino. I sempre più evidenti effetti del cambiamento climatico rendono le città particolarmente inquinate: la qualità dell’aria in gran parte dei capoluoghi di provincia italiani sta diminuendo di anno in anno a causa delle elevate emissioni di anidride carbonica. Ed ecco che gli orti botanici, così come i parchi e giardini, hanno fondamentale importanza proprio in virtù dei benefici che possono apportare ai contesti urbani.

Diversi studi confermano che ogni piccola area verde che sorge tra gli edifici e le strade trafficate ha un ruolo essenziale nel filtraggio dell’aria, nella riduzione dei rumori e quindi dell’inquinamento acustico, nella micro-regolazione del clima, nel drenaggio delle acque piovane e, come detto, nella conservazione della biodiversità. Le piante che da secoli crescono in questi polmoni verdi, grazie al processo di fotosintesi clorofilliana, assorbono grandi quantità di anidride carbonica nociva per la terra. E se si considera che alcuni di questi orti occupano aree di oltre dieci ettari, l’effetto benefico che possono apportare sull’ecosistema delle aree urbane in cui sorgono è sicuramente rilevante. Investire sul mantenimento e sulla tutela degli orti botanici significa anche proteggere il nostro pianeta e garantirgli un futuro.  

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