Negli ultimi cinque anni il 42% dei nostri operatori ha subìto un’aggressione fisica o verbale. Il danno e la beffa di un Servizio Sanitario Nazionale in grave difficoltà
La rabbia conferma che il sintomo è diventato malattia. La sola cura che funziona non sottrae tempo a specialisti e dottori: funziona se è collettiva, automedicata come su Google. Lì si trova di tutto. Un braccio ingessato che diventa un’arma. Salvarsi anziché salvare. Anche gli ospedali sono diventati come le strade, gli stadi, i mezzi, i mercati, le case, le scuole, le chiese, le stazioni.
Luoghi in cui la violenza può finalmente entrare. Prima negli ospedali c’era solo la paura, vaccinata contro le varianti più aggressive – per esempio, la rabbia. Quasi alla fine del 2024 la professione sanitaria è attaccata a un respiratore, sia per la paura sia per l’affanno.
Le ipotesi e i provvedimenti
S’era azzardata, da parte del Sindacato nazionale dei medici, una provocazione: dare il porto d’armi ai camici bianchi. Potrebbero davvero sentirsi più tranquilli a girare per i reparti con una pistola in tasca? Il rischio di una crisi d’identità nei confronti della propria professione sarebbe forse più probabile. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) riserva 7,5 miliardi di euro alle strutture sanitarie.
“Missione 6 Salute” – che vale in totale oltre 15 miliardi di euro –, da completare entro il 2026, non è che una missione di salvataggio del nostro Servizio Sanitario Nazionale – nato 45 anni fa con la promessa di garantire uguaglianza e parità – con l’intento di mantenere invariato il sollievo dei cittadini circa il privilegio di poter godere di un pubblico diritto alla salute, come non accade in quei Paesi in cui curarsi è un affare proprio.
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