Avere la possibilità di vedere da vicino i resti di un campo di concentramento utilizzato per la “pulizia etnica” dalla Germania nazista è un’esperienza che difficilmente può lasciare indifferenti. Il silenzio ossequioso e di rispetto che si percepisce una volta varcato il cancello di ingresso è uno dei rumori più assordanti che esistano, una sensazione che ti entra dentro e che non rimuoverai più per il resto della vita. Diventa parte di te, del tuo io più interiore, con il quale per forza di cose ti ritroverai a fare i conti, domandandoti più e più volte come sia possibile che cose del genere siano accadute o possano accadere. Provoca delle riflessioni camminare per quei corridoi che un tempo conducevano vittime inconsapevoli verso presunte docce che poi si sarebbero rivelate la loro ultima tappa, provando anche solo a immaginare le loro reazioni e il dolore nello scoprire che da quel soffitto non sarebbe uscita acqua, ma gas mortale. E poi, ancora, vedere i forni crematori, la montagna di cenere lì, intatta, ultimo resto materiale di essere umani ai quali è stata violentata l’esistenza. Sono tutte istantanee che restano impresse nella mente di chi ha avuto il privilegio di averle viste e che, proprio per questo, una volta uscito da lì, si sente quasi in dovere di dare il suo piccolo contribuito per fare in modo che non vengano mai dimenticate. È inevitabile che sia così. O meglio, così dovrebbe essere per tutti in un mondo normale. Quello in cui viviamo, però, come confermano luoghi come quelli appena descritti, non lo è, non lo è mai stato e probabilmente non lo sarà mai. E lo certifica, ancora una volta, in tutta la sua grottesca vergogna, quello che è accaduto il mese scorso nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia.
Saluti nazisti ad Auschwitz – La gita
Un posto storico e iconico, simbolo della “Soluzione finale” messa in atto da Hitler, il più famoso insieme a Birkenau e Majdanek tra i tanti campi di sterminio che sono stati utilizzati durante il nazismo. Lì, dove vennero assassinate oltre 1,1 milioni di persone tra il 1940 e il 1944, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, la maggior parte delle quali di origine ebraica, adesso si può andare in visita, per rendersi conto in prima persona delle atrocità commesse al suo interno e sensibilizzare le persone, soprattutto le più giovani, su un tema delicato che continua a essere d’attualità. Capita dunque molto spesso, quasi quotidianamente, che vengano ospitate delle scuole all’interno di ciò che oggi è un memoriale-museo, patrimonio dell’umanità dell’Unesco, con l’obiettivo di tramandare alle nuove generazioni quegli orrori e mostrare cosa possa accadere di fronte a una follia di quel genere. Ma una di queste, precisamente una classe dell’istituto superiore di Leisnig, ha portato con sé degli elementi che hanno sfruttato la “gita” per rendersi protagonisti di un comportamento ignobile, che ha letteralmente sconvolto non solo l’area della città tedesca di Chemnitz, ma l’intera nazione, tanto da portare a un intervento immediato delle autorità. I protagonisti di questa vicenda sono stati due ragazzi di 15 anni, che lo scorso 4 maggio, dopo aver percorso sei ore di strada in pullman con la loro scuola per raggiungere Auschwitz, nell’ambito di un viaggio formativo per conoscere la storia dell’Olocausto, hanno ben visto di esibirsi nel gesto del saluto nazista non appena entrati nel campo di concentramento, condividendo la foto della loro “idea geniale” sui social network.
Saluti nazisti ad Auschwitz – La punizione
L’immagine, in cui si vedono i due protagonisti, insieme ad altri due compagni di classe al loro fianco, ha iniziato subito a circolare e diffondersi sempre di più, provocando indignazione generale e una lunga serie di commenti di condanna nei confronti degli autori di quell’anacronistico “Heil Hitler!”. Lo scatto incriminato nel giro di poco tempo è arrivato pure agli insegnanti, che una volta presa coscienza della gravità dell’accaduto, hanno richiesto agli studenti di eliminarla. Ma il danno ormai era fatto. La scuola ha denunciato tutto alle forze dell’ordine, così i ragazzi sono stati indagati “per aver utilizzato simboli appartenenti a organizzazioni anticostituzionali”, con l’aggravante di averlo fatto presso un luogo iconico come il campo di concentramento di Auschwitz. Le indagini sono state affidate al Dipartimento della Protezione dello Stato e, oltre al procedimento in corso, come riportato dall’Ufficio statale per la scuola e l’istruzione, i due quindicenni autori del saluto nazista e altri quattro coetanei che hanno partecipato alla vicenda sono stati sospesi dalle lezioni ed espulsi dalla scuola. Probabile, inoltre, che questa sia solo una delle misure prese in considerazione per affrontare un incidente così grave. Sia i genitori degli studenti che la comunità locale hanno chiesto infatti interventi concreti per garantire che un episodio simile non si ripeta in futuro. Nello specifico hanno domandato a gran voce che venga fornita un’adeguata educazione sulla storia e sugli orrori dell’Olocausto, affinché la memoria sia trasmessa alle giovani generazioni, in modo tale da far comprendere loro le atrocità commesse nel passato e spingerli ad agire da cittadini consapevoli e responsabili nel presente. E in questo, neanche a dirlo, è fondamentale il ruolo della scuola e delle istituzioni, che hanno il dovere di promuovere un clima di rispetto e tolleranza.
Saluti nazisti ad Auschwitz – Il precedente
Purtroppo, però, non si tratta della prima volta che accadono situazioni del genere. A ottobre 2018, ad esempio, tre adolescenti polacchi avevano fatto la stessa identica cosa davanti alla “Porta della Morte”, l’ingresso di Birkenau, dove un tempo passavano i treni che conducevano migliaia di ebrei ungheresi alla morte. Anche in quel caso lo scatto incriminato era stato postato dagli autori (uno dei quali era talmente “ferrato” sulla storia e sugli ideali del nazismo da aver eseguito il saluto con la mano sinistra) sui social network, dove poi l’aveva trovato un funzionario del museo statale di Auschwitz-Birkenau. Dopo aver ottenuto la rimozione dell’immagine, è arrivata anche la denuncia all’ufficio del procuratore distrettuale di Oświęcim (la località dove si trova il campo di sterminio), sul quale è intervenuta subito la polizia, dal momento che propagandare il nazismo è illegale in Polonia. Insomma, sono comportamenti ricorrenti, anche se per fortuna rari, almeno per quanto riguarda ragazzi così giovani. Ogni volta che accadono, però, vengono per forza di cose riaperte delle ferite che non potranno mai rimarginarsi completamente. Ecco perché la memoria è importante, così come la presa di consapevolezza di ciò che è accaduto. E di sicuro non è sufficiente ricordarlo ogni anno il 27 gennaio, nell’anniversario della liberazione di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche. Serve di più, un impegno quotidiano. Perché non viviamo in un mondo normale, è vero. Ma con il contributo di tutti si può fare in modo che quantomeno ci si avvicini il più possibile. E che episodi come questi appena descritti diventino sempre più rari.