Un problema gigantesco che trova ancora più forza nella mancata esposizione sui media nazionali
Il 9 agosto del 2017 un fiorino bianco crivellato da colpi d’arma da fuoco giace fuori strada. Lì a fianco, i cadaveri dei due fratelli Luciani, agricoltori di San Marco in Lamis, persone tranquille dedite al lavoro, senza precedenti. L’Italia intera, nel pieno delle ferie agostane, rimane inorridita da quelle immagini sulla provinciale 28. Tragicamente, non è nemmeno la prima volta che notizie del genere scuotono il Paese, proprio dalla provincia di Foggia. Solo pochi giorni prima, nella città di Vieste, la perla del Gargano, Omar Trotta viene ucciso in pieno giorno in una delle vie più frequentate della città. L’allora ministro degli Interni, Marco Minniti, interviene dando un chiaro segnale sul fatto che lo Stato italiano non intenda sottovalutare il fenomeno, istituendo il reparto speciale dei carabinieri dei “cacciatori”.
Già operativo in Calabria, diventa brevemente un fondamentale strumento per combattere la criminalità in Puglia. Operazioni di grande coordinamento delle forze dell’ordine, come ad esempio quella chiamata “Decimazione”, arrivano a un numero di arresti da narco-Stato: trenta nel 2018, tutti legati alle potenti famiglie mafiose che comandano Foggia, cioè Moretti-Pellegrino-Lanza e Sinesi-Francavilla. Clan che a Foggia non vengono mai nominati pubblicamente, neanche al bar, perché i loro occhi e le loro orecchie sono ovunque.