Perché siamo ossessionati dalle First Lady

Un’ombra può seguire, affiancare o anticipare chi cammina. Anche superarlo in altezza. Ci sono ombre più alte dei loro Presidenti: le loro mogli

Le First Lady sono figure eccezionalmente politiche – le ultime agitazioni americane hanno dimostrato che i desideri legittimi dell’elettorato non sempre agganciano i desideri inespressi di possibili candidati. Nelle scorse settimane Michelle Obama è stata privata del suo ruolo di ombra. E soltanto perché, per otto anni, la politica l’ha riguardata. Era successo già in passato. La speranza in un suo announcement come candidata alle presidenziali di novembre al posto di Joe Biden è parsa una manovra antipatica anche degli stessi esponenti del Partito Democratico, preoccupati per le ripetute gaffe dell’attuale Presidente.

La moglie dell'ex presidente americano nominata più volta per la guida del Paese
Barack e Michelle Obama (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

All’epoca di Barack Obama (2009-2017), l’impegno politico di Michelle è stato profondo e carismatico; la spinta, però, era innanzitutto istituzionale. La prima First Lady afroamericana si è battuta contro le discriminazioni razziali e di genere, l’obesità infantile, l’accesso ai cibi più sani, per le donne. Oggi, questo impegno è ancora pubblico, ma personale: scaduto il secondo mandato di Barack Obama, Michelle ha preso la curva larga, allontanandosi il più possibile dalla politica.

“Non sarò mai alla guida degli Stati Uniti”

In un’intervista dell’aprile scorso, aveva già detto a Oprah Winfrey che non sarebbe mai diventata la Presidente degli Stati Uniti (la loro conversazione è disponibile su Netflix, The Light We Carry: Michelle Obama e Oprah Winfrey). La nostra civiltà sembra ossessionata dall’idea che accanto a un Presidente debba esserci una First Lady. È come dire che un Presidente possa fare le veci di quest’ultima, per poter fare di sé una figura più rassicurante.

Attraverso le First Lady umanizziamo uomini potenti: anche per le decisioni più difficili, preferiamo sempre ci sia una qualche sfumatura di morbidezza, anziché rigidità completa. C’è stato un solo Presidente nella storia americana a non essersi mai sposato: James Buchanan, il 15esimo. Doveva avere una First Lady: fu nominata Harriet Lane, sua nipote. Aveva appena vent’anni, ma riuscì con assoluta naturalezza a conquistare gli americani. Non è ricordata per l’esposizione politica – pressoché nulla – ma per il consistente aiuto economico (quando non era già più First Lady) che rese una piccola struttura pediatrica del John Hopkins Hospital di Baltimora un’eccellenza riconosciuta ancora oggi in tutto il mondo.

Quale formula bilancia il trinomio Presidente, Politica e First Lady? Jill Biden è apprezzata solo dal 49% degli americani e ha una forte influenza politica su suo marito: ha esortato spesso Joe Biden a intervenire nel conflitto tra Israele e Hamas per bloccare le stragi di civili innocenti, ed è stata la stessa che nel 2004 si era opposta alla sua candidatura, presentandosi in costume da bagno con un “NO” di protesta scritto sulla pelle. La stessa che fino al mese scorso ha spinto Biden a considerare la sua vulnerabilità un motivo di lotta e di insistenza per ottenere un secondo mandato alla Casa Bianca. Anche lei, in qualità di First Lady, è stata la prima in qualcosa: Jill Biden ha continuato a percepire il suo stipendio da insegnante, lavorando sia durante la vicepresidenza di Joe Biden sia dopo l’upgrade a Presidente.

Il ruolo di First Lady non è remunerativo e la vede supportare gli investimenti in ricerca sulla salute femminile per ridurre il gap rispetto a quella maschile, le famiglie dei militari (con una serie di iniziative a quattro mani insieme a Michelle Obama) e, ancora, l’istruzione. Capelli biondi e occhi ghiaccio descrivono però in maniera esatta il suo rapporto con il popolo americano. Se l’empatia è poca, l’apparenza non è abbastanza.

Le First Lady americane che continuiamo a ricordare

Il fatto che ci sia un corpo che garantisca l’ombra, e che poi questa possa esistere e muoversi anche rispetto al corpo, è peculiare nel ricordare le caratteristiche che hanno contraddistinto alcune First Lady del passato. Eleanor Roosevelt ha lasciato un calco importante nell’evoluzione di questo ruolo, spesso mostrandosi anche più radicale rispetto al 32°esimo Presidente degli Stati Uniti, Frank Delano Roosevelt. Il suo ruolo di First Lady ha asservito alla sua identità, alla volontà di mettere a fuoco le persone e i loro diritti. Eleanor Roosevelt è stata Presidente della Commissione dei diritti umani, quella che, nel 1948, redasse la Dichiarazione Universale.

Il presidente degli Stati Uniti si è ritirato dalla corsa alla Casa Bianca
Joe e Jill Biden (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

C’è comunque la tendenza a omologare First Lady diverse sulla base di alcune argomentazioni. Il sostegno al marito Presidente, la giustezza, la presenza, l’etica e l’estetica del suo wardrobe. Jacqueline, Jackie, Kennedy è stata innanzitutto i suoi vestiti, l’arte, la bellezza, fatte entrare tutte in Casa Bianca, che con lei divenne non più solo dimora politica, ma culturale, una ventata francese. Dopo aver paralizzato l’intero Paese, l’assassinio di JFK ha interrotto bruscamente anche le ambizioni di questa donna, che ha fatto del suo gusto e della sua cultura un incantesimo politico americano attraverso il quale tutto, per lei, fosse potenzialmente raggiungibile. Anche parlare con Charles De Gaulle in dialetto francese.

Lady Bird Johnson, First Lady del 36° Presidente degli Stati Uniti e Nancy Reagan, First Lady del 40°, Ronald Reagan, diedero entrambe un supporto attivo ai loro Presidenti. Era protezione. A volte fecero da spartiacque tra loro e lo staff presidenziale – la prima portò avanti la campagna elettorale di Johnson viaggiando per gli Stati americani anche senza di lui, la seconda fece sì che alcuni membri dello staff fossero licenziati. Hanno entrambe, e sempre, trovato il modo per minimizzare le vulnerabilità del consorte, spesso andando avanti per lui, come nel caso di Lady Bird Johnson con la campagna elettorale di suo marito.

La First Lady non americana che continueremo a ricordare

È comunque alla luce delle ultime vicende politiche – e quindi pubbliche – americane che si è parlato soprattutto di First Lady USA. Nel contesto europeo, First Lady è la massima espressione di un patronimico: Olena Volodymyrivna Zelenska, moglie del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, attualmente considerata una minaccia per la Russia di Putin. È il suo secondo bersaglio. Cosa significa essere una First Lady quando il tuo Paese è in guerra e la tua gente muore? Trovarsi sotto pressione e a un certo punto ribaltarsi, fare pressione sull’avversario, dimostrandogli resistenza.

La moglie del presidente ucraino, in guerra da oltre due anni
Olena Volodymyrivna Zelenska, moglie del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Volodymyrivna Zelenska sta difendendo la sua gente, i bambini rimasti orfani, gli sfollati, aprendo per loro un varco di normalità che, molto spesso, include doverli allontanare due volte: dalla propria casa, se ancora ne hanno una, e dal proprio Paese. In Polonia, in Turchia, incontrando personalmente la First Lady turca Emine Erdoğan per renderlo possibile o cercando di fornire al suo Paese più ambulanze, più incubatrici, per soccorrere i feriti. Nel 2022 Volodymyrivna Zelenska ha tenuto un discorso davanti al Congresso degli Stati Uniti per chiedere più supporto militare: nessuna First Lady l’aveva fatto prima.

Né nessuna aveva mai riunito tutte le First Lady e tutti i First Gentleman in un Summit: oggi, il Vertice di Kiev delle First Ladies e Gentleman conta già tre edizioni, l’ultima è del 6 settembre 2023. Ma sempre nel 2023, in un podcast del The Economist, la First Lady ucraina dichiarava che non avrebbe mai spinto suo marito a candidarsi per un secondo mandato. La guerra mette a nudo, ma non condanna nessuna umana debolezza.

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Amen

La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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