Un italiano su quattro conosce i podcast e ne ha ascoltato almeno uno nella sua vita. È quanto emerge dall’ultima ricerca Nielsen dedicata al medium più di tendenza del momento. Il dato di per sé non fa particolarmente impressione, anche perché gli altri tre quarti non solo non li ascoltano, ma non hanno nemmeno idea di come reperirli e dove cercarli. L’aspetto rilevante però è il trend di crescita. Nel 2015, la nicchia di appassionati in Italia arrivava a stento alle 800 mila unità, ora si aggira intorno ai 15 milioni, con una concentrazione importante tra i giovanissimi e i millennials, nell’ampia forbice che va dai 18 ai 35 anni. Anche le fasce più mature sono in aumento, il che fa supporre che il mercato conquistabile sia ancora decisamente ampio. È una crescita impressionante, che sembra destinata a proseguire e soprattutto a maturare, dato che molte caratteristiche di questa espansione farebbero pensare, rispetto all’Italia, a una sorta di “adolescenza” del medium, con modelli di business, generi, abitudini di ascolto e strategie creative ancora largamente da definire. Che il potenziale sia enorme si comprende meglio se si considera che nel mondo gli ascoltatori sono ben oltre i 500 milioni; di contro, lo è anche l’offerta, che sfiora i 70 milioni di podcast disponibili, molto spesso di qualità non eccelsa e spesso depositati e invisibili nei meandri delle piattaforme. Del resto, per realizzare un podcast, bastano un pc e un buon microfono e possibilmente qualche idea originale. Il mare di informazioni cui dà accesso la rete e la facilità di distribuzione fanno il resto.
Nel mondo dei podcast – Tecnologia e abitudini
Il primo tema su cui interrogarsi è il motivo di questa espansione prepotente. Il podcast nasce all’inizio degli anni 2000, quando il primo iPod vede la luce e rivoluziona il nostro rapporto con l’ascolto, ma i primi anni non sono certo brillanti in termini di diffusione, tanto che intorno al 2008 molti giornali americani, tra cui il New York Times, che erano stati i primi a investire sulla novità, pensano di smettere di produrli. Evidentemente è il destino delle grandi innovazioni, come il cinema, definita senza futuro dai suoi stessi inventori. Da un lato le motivazioni della svolta sono soprattutto tecnologiche, o meglio riguardano il modo in cui la tecnologia è in grado di plasmare le nostre abitudini, illudendoci del contrario. La nascita degli smartphone prima, e in seguito soprattutto la trasformazione dell’offerta dei piani tariffari delle compagnie telefoniche in una direzione che ci permette di essere, di fatto, sempre connessi, rende la fruizione on demand dei contenuti decisamente più facile, determinando l’esigenza, da parte dei fruitori, di comporre autonomamente i propri palinsesti e rigettando sempre di più la fruizione “a rubinetto”.
Guardiamo film, serie e partite sulle piattaforme, ascoltiamo musica attraverso le playlist sugli aggregatori e ascoltiamo i podcast attraverso le diverse applicazioni sui nostri smartphone. Se prendiamo quello che gli anglosassoni chiamano “commuting”, il pendolarismo, inteso come l’insieme degli spostamenti che caratterizzano le nostre giornate, vediamo come questi siano i momenti perfetti per ascoltare contenuti selezionati da noi, nel nostro personale palinsesto, e con una modalità che impegni l’udito lasciando libera la vista. Gli spostamenti, sommando automobile e mezzi pubblici, sono al primo posto tra le “situazioni” di ascolto, seguiti dalla fruizione domestica abbinata ad attività di qualche tipo, come cucinare o dedicarsi alle faccende domestiche, e dallo sport. Il dato rilevante, però, è che il podcast viene quasi sempre ascoltato ad accompagnare altre azioni. Questo spiega perché la pandemia abbia determinato soprattutto un boom di produzione (tutti si sono messi a realizzare contenuti) piuttosto che di ascolti. La pandemia ha compresso gli spostamenti, spingendo il podcast verso nuovi momenti della giornata e nuove modalità di ascolto che incentivano short form, a cui prima venivano preferiti formati più lunghi, in grado di occupare “per intero” lo spostamento a cui l’ascolto era abbinato.
Nel mondo dei podcast – La fruizione multitasking
È uno dei motivi del successo: la società ci richiede di essere multitasking e l’ascolto ci permette di esserlo. Pensiamo a una delle porzioni più famose della riflessione complessiva di McLuhan, il concetto di “temperatura dei media“. Lo studioso canadese divideva i media in due categorie: media caldi e media freddi. Questa distinzione, come del resto altre definizioni del suo pensiero, è stata oggetto di letture in contrasto tra loro. Il concetto di “temperatura” viene però indubbiamente legato al grado di partecipazione che un media richiede in chi lo utilizza o ne fruisce. In questo senso i media “caldi” sono quelli che non richiedono a chi li utilizza una grande partecipazione, e media “freddi” sono invece quelli che richiedono al fruitore maggiore partecipazione e coinvolgimento. Il livello di partecipazione viene determinato, secondo McLuhan, dal numero di canali sensoriali che sono impegnati durante il suo uso e dal livello di definizione o di “intensità” con cui sono costruiti i messaggi. Un medium è caldo se impegna un solo senso e propone messaggi “ad alta definizione”. Cioè fornisce una grande quantità di dati dettagliati ma non richiede al fruitore alcuna operazione di integrazione del messaggio durante la percezione. Quindi, se i media caldi sono quelli che non implicano un coinvolgimento attivo del fruitore e una stimolazione sensoriale limitata, il podcast, che lavora sull’udito, lasciando liberi gli altri sensi, rientra perfettamente in questa definizione. Non è solo questo, però, a rendere “caldo” il fenomeno del podcast. Certamente, l’ascolto e la voce stanno vivendo una sorta di nuovo rinascimento. Da un lato, la saturazione di immagini che ha caratterizzato i decenni a cavallo del nuovo secolo ha prodotto una sorta di necessità di disintossicazione, che spinge i fruitori a sottrarsi dal flusso visivo ininterrotto e a orientarsi verso una dimensione meno congestionata.
Nel mondo dei podcast – Informazione e True Crime
Scorrendo le classifiche dei podcast più ascoltati in questi anni, i generi che riscontrano il maggior successo sono l’informazione, il True Crime e il Talk. Dall’ultima ricerca IPSOS dedicata al podcast, il principale driver che spinge all’ascolto è il desiderio di informarsi e approfondire argomenti di attualità (38%). Notizie chiare, mirate, dirette e in tempi brevi sono il contenuto dei podcast di maggior successo in questo ambito, tra i quali spiccano senza dubbio i lavori di Cecilia Sala (Stories, Chora media) e di Francesco Costa (Da Costa a Costa, Il Post). Il True Crime è il fenomeno alla base del successo del podcast. Negli Stati Uniti, il prodotto che ha segnato la svolta in termini di diffusione del medium è stato Serial. Che ha raccontato quasi in presa diretta e con un approccio molto narrativo l’indagine della giornalista/conduttrice Sarah Koenig sul cold case dell’omicidio di Hae Min Lee. In Italia, un ruolo simile a Serial è stato coperto dall’eccellente Veleno, di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, incentrato sul caso dei diavoli della bassa modenese, un lavoro scrupoloso, suggestivo e imprescindibile per chi voglia capire il fenomeno podcast. Il True Crime è in effetti un genere perfetto per descrivere i meccanismi su cui il podcast riesce a far leva. Quando il racconto è suggestivo, ci spinge a “guardare” con l’ascolto e ci mette a contatto con il nostro immaginario. Il True Crime ci costringe ad attingere dalla nostra fantasia immagini che non sapevamo di poter generare e che ci destabilizzano.
Sono solo due generi, però, di uno scenario ancora in via di definizione, in cui si affacciano con forza anche i prodotti che, grazie a sound design evoluti, assumono una forma più prettamente narrativa, guardando al modello dei vecchi “radiodrammi”. I prossimi anni saranno quelli in cui il quadro complessivo assumerà una forma più precisa, quelli in cui i player più rilevanti, in Italia e non solo, daranno una forma definita a un settore che andrà consolidandosi. Una trasformazione che investirà anche i modelli di business e le modalità di ascolto e darà una struttura chiara anche ai format, incidendo su aspetti ancora oggi molto eterogenei. Ad esempio, la durata media di una sessione di ascolto, che dopo molte trasformazioni sembra assestarsi ora sui 20 minuti o nei criteri che i fruitori indicano come decisivi nella scelta di un podcast da ascoltare: per il 39% degli intervistati pesa moltissimo la tematica, seguita dall’autore o narratore e dal sound design. Insomma, un panorama in fermento, nel quale è fondamentale e stimolante provare a esserci.