Navalny, le chat segrete e la figlia di Putin

In Russia parlano di “sindrome da morte improvvisa”, ma dietro il decesso dell’oppositore di Putin c’è ovviamente altro. A partire dal suo blog

È morto il più grande oppositore di Vladimir Putin. Purtroppo non è il primo e non sarà l’ultimo, accadrà di nuovo. Questa volta però se ne è andato Alexei Navalny, un uomo che sognava la pace in una Russia diversa, libera dallo zar. È morto venerdì scorso nella prigione di Kharp, nella regione artica di Yamalo-Nenets, dove era stato recentemente trasferito per scontare una condanna a 19 anni. “Navalny si è sentito male dopo una passeggiata, perdendo quasi subito conoscenza. Il personale medico è arrivato immediatamente ed è stata chiamata l’ambulanza. Sono state eseguite tutte le misure di rianimazione che non hanno dato risultati positivi. I paramedici hanno confermato la morte del condannato”, ha comunicato venerdì sera l’ospedale del carcere di comune accordo con il Cremlino.

Navalny era detenuto in una prigione di massima sicurezza
Alexei Navalny, il più noto oppositore di Vladimir Putin, è morto improvvisamente nella colonia penale della regione artica dove era detenuto – (foto LaPresse) ilMillimetro.it

Poco dopo sono arrivate le parole del Presidente americano Joe Biden: “Putin è responsabile della morte di Navalny, non sono sorpreso e allo stesso tempo sono sconvolto da questa notizia. Non sappiamo esattamente cosa sia accaduto, sicuramente è la conseguenza di qualcosa che hanno organizzato il Presidente russo e i suoi scagnozzi. Alexei era un uomo coraggioso, un’icona della lotta alla corruzione e alla violenza”.

L’inchiesta sulla figlia segreta di Putin

Attivista, politico e blogger, con le sue inchieste ha spostato il pensiero di tante persone e portato alla luce rivelazioni clamorose. I suoi seguaci non lo hanno mai abbandonato, nel week end oltre 300 sono scesi in piazza e sono stati arrestati: in Russia in questo momento è vietato anche portare un fiore per Alexei. È la morte della democrazia, della libertà di parola, non c’è dubbio, in un Paese dove la dittatura è ormai nota a tutti. Navalny ha combattuto proprio questo, ma anche altro: sul suo blog, l’ultimo approfondimento è datato 15 gennaio 2024 e riguarda Maria Vorontsova, la figlia “nascosta” di Putin. Lo zar, infatti, l’ha sempre tenuta ben lontana dai riflettori.

Un medico che guadagna come una star di Hollywood
La chat pubblicata sul blog di Navalny dove la figlia di Putin si vanta con i colleghi medici del suo stipendio da 20-30mila rubli al mese – (dal blog navalny.com) ilMillimetro.it

Il motivo? È un’endocrinologa che guadagna come una star di Hollywood. Alexei Navalny e la sua squadra lo hanno scoperto attraverso delle chat segrete, nelle quali la Vorontsova si vantava con gli amici del suo compenso milionario. In Russia un medico normale fatica a sopravvivere, lei potrebbe comprarsi l’intera nazione (se già non fosse sua). Stipendio inimmaginabile e altre entrate da associazioni varie e poco raccomandabili. La generosità e il coinvolgimento negli affari governativi della clinica SOGAZ – si legge sul blog di Navalny – possono essere spiegati così: tra i suoi proprietari c’era Yuri Kovalchuk, amico miliardario e banchiere personale di Vladimir Putin.

Le altre inchieste che hanno fatto infuriare lo zar

Il 7 dicembre scorso Navalny e il suo team hanno pubblicato un approfondimento sulle prossime presidenziali russe, definendole una “parodia” e invitando il popolo a riflettere attentamente: “Faremo una campagna contro Putin e gli voteremo contro. Lui ha paura di noi, non può confutare i nostri fatti, teme il dibattito, le sue bugie sono sempre più patetiche”. Un inno al coraggio, alla voglia di non mollare, anche dalla prigione Navalny non si è mai arreso e ha continuato a organizzare il lavoro: “La nostra paura ci deruba del nostro Paese e del nostro futuro. Sono 24 anni che andiamo avanti così, è arrivato il momento di dire basta. Chiunque abbia timore di appendere un volantino in nome della libertà, di inviare un link a un amico o di fare un paio di telefonate dovrebbe pensare al motivo per cui ha bisogno della libertà”.

Al momento nessuno è in grado di contrastarlo
Putin si prepara alla vittoria nelle prossime presidenziali russe – (foto LaPresse) ilMillimetro.it

La sua storia lascerà il segno, non verrà dimenticato e il blog non chiuderà i battenti. Ci si interroga sulla sua morte, o forse no, si sa già tutto. La Russia nel frattempo continua a macchiarsi di episodi brutali che rimarranno per sempre, una via d’uscita al momento non c’è: “Il futuro non appartiene ai codardi. Il futuro appartiene a chi, superando la paura, lotta e crede nella vittoria”.

“È morto in una gabbia”

Quanto accaduto venerdì forse non lo scopriremo mai, la morte di Navalny assomiglia a tanti altri decessi che si sono consumati nel tempo. Questa volta è arrivata però a poche settimane dalle elezioni presidenziali, in una prigione di massima sicurezza isolata dal mondo. Lupo Polare è il nome della colonia penale n. 3 nell’Artico russo, dove Alexei era stato trasferito lo scorso dicembre. Il centro di reclusione, tra i più duri del sistema carcerario della Federazione, si trova a Kharp, nella regione autonoma di Yamalo-Nenets, a quasi 2mila km da Mosca, nota per gli inverni lunghi e rigidi. La città è vicino a Vorkuta, le cui miniere di carbone erano tra le più dure nel sistema di gulag sovietici.

Le temperature sono rigide e fuori dal comune
Lupo Polare, il carcere di massima sicurezza dove era detenuto Alexei Navalny – (foto LaPresse) ilMillimetro.it

La routine quotidiana di Navalny era diversa rispetto a quella degli altri detenuti: non poteva fare la passeggiata all’aperto il pomeriggio, quando la temperatura di solito è leggermente più clemente, ma doveva farla la mattina presto, quando il freddo è rigidissimo. “Poche cose sono così tonificanti come una passeggiata a Yamal alle 6.30 del mattino. E che bella brezza fresca soffia nel cortile, nonostante la recinzione di cemento, semplicemente wow!”, aveva scritto ironizzando. L’angusto cortile dove era costretto a passeggiare misurava 11 passi di lunghezza e 3 di larghezza, una gabbia praticamente. Quello stesso posto dove adesso dovrebbe finire chi ha voluto la sua morte.

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