Il 20 marzo scorso si è diffusa la notizia di una nuova iniziativa della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia per ‘contrastare l’immigrazione irregolare’, si tratta del posizionamento di 65 fotocamere che verranno collocate nelle zone boschive di confine tra Italia e Slovenia. L’acquisto venne fatto dalla Regione alla fine del 2021 secondo le finalità indicate dalla Legge di stabilità di quell’anno e, come precisato dalla delibera regionale che ne annuncia la distribuzione, i dispositivi corrispondono a: ‘fototrappola GDPR WN-42CM, 24 megapixel, conforme con la direttiva General Data Protection Regulation’. In sostanza, queste fotocamere, sono in grado di rilevare movimenti dei migranti, documentandone così il passaggio tra i Paesi di frontiera. Il Presidente della Regione Autonoma, Massimiliano Fedriga, ha definito “importante” la decisione di installare queste ‘fototrappole’- come definite dalla delibera stessa – finalizzate, a suo dire, all’intercettare i percorsi dell’immigrazione irregolare e a “individuare i passeur” ossiai trafficanti che aiutano le persone ad oltrepassare le frontiere sotto compenso economico. Il fenomeno della migrazione è, però, molto più complesso e ramificato da poter essere risolto con la sola disposizione di fotocamere ai confini. Quel territorio è solo uno dei tanti transitati da chi compie la così detta “rotta balcanica”, definita tale per l’attraversamento della macroregione composta da: Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia. La rotta dei Balcani occidentali è una delle principali vie di migrazione verso l’Europa. “L’installazione di fotocamere alla frontiera è pura propaganda, i percorsi dove i migranti si mettono in cammino sono già noti a tutte le autorità, è evidente come la motivazione non sia solo conoscere le vie e contrastare i trafficanti, quanto piuttosto una facile propaganda”, sostiene Francesco Cibati dell’associazione di volontariato Linea d’Ombra che, dal 2019, è operativa per sostenere i migranti provenienti dalla rotta balcanica, sia quelli bloccati in Bosnia sia coloro che transitano nella città di Trieste prima di proseguire il viaggio verso altri Paesi europei. “Se esistono delle persone che si fanno pagare per far oltrepassare i confini è perché non esistono vie legali per entrare nel paese. La gente che fugge non ha alternative”, racconta Cibati. Anche secondo Gian Andrea Franchi – fondatore dell’associazione insieme a Lorena Fornasir– “il vero obiettivo della delibera della Regione sono i migranti, non i trafficanti”. L’impossibilità di raggiungere l’Italia o un altro Paese membro dell’Ue è, effettivamente, un dato reale. Chi scappa da Paesi con crisi interne, spesso croniche da anni, come l’Afghanistan, Siria, Iraq, Iran, Bangladesh, Pakistan ha come unica possibilità di fuga quella della rotta Balcanica che comprende, prima del lungo cammino via terra, anche l’attraversamento in mare dalla Turchia in direzione della Grecia. Eppure, per anni, sono stati investiti soldi europei per far fronte comune sulla questione.
Migranti e fototrappole – La rotta balcanica e le decisioni europee
Il 5 dicembre 2022 la Commissione europea ha presentato un piano d’azione dell’UE per i Balcani occidentali. Nel piano si prevedono una serie di azioni operative per rafforzare il partenariato con i territori in questione attraverso lo strumento di assistenza preadesione (IPA) che costituisce il mezzo attraverso il quale l’UE sostiene le riforme nella regione dell’allargamento fornendo assistenza finanziaria e tecnica. Questo perché i Paesi della rotta Balcanica non sono membri dell’Unione ed è stato deciso di affrontare quelle che sono definite come “le sfide migratorie nei Balcani occidentali”, con il sostegno dei fondi dell’IPA III, pensato per il periodo 2021-2027. Tra il 2021 e il 2022 l’UE ha sostenuto azioni connesse alla migrazione nella regione nell’ambito dell’IPA III per un valore totale di 201,7 milioni di euro. Si ricorda l’annata 2015, quando il flusso degli arrivi aveva raggiunto numeri elevatissimi, mentre oggi il numero di migranti che hanno scelto questa rotta è diminuito costantemente. Tuttavia, dal 2019 ha ricominciato ad aumentare. La maggior parte dei migranti che raggiungono l’UE attraverso la rotta dei Balcani occidentali si spostano dallo Stato membro dell’Unione in cui sono arrivati per la prima volta ad un altro Paese membro.
Migranti e fototrappole – Le violazioni dei diritti umani e i respingimenti illegali
“Ci sono state variazione nel flusso dal 2019 ad oggi, il numero massimo lo abbiamo visto la scorsa estate con più di 100 persone al giorno”, racconta Gian Andrea Franchi, “Oggi è abbastanza irregolare ma, una delle caratteristiche rimaste costanti, è la violenza della polizia croata. Violenza che abbiamo constatato sui corpi delle persone. Qui arrivano vite umane con traumi inimmaginabili”. Nel 2022, 13127 persone migranti sono arrivate nella città di Trieste dalla rotta balcanica. Le violazioni dei diritti umani, con respingimenti forzati e violenze deliberate da parte delle autorità di polizia croata, sono culminate nel 2021 e in una prima parte del 2022. “Le persone arrivavano al limite della sopravvivenza”, prosegue Franchi mentre ripercorre la storia della sua associazione e di quante persone hanno incontrato e assistito in tutti questi anni. “Alcuni mesi fa la polizia croata ha cambiato atteggiamento, forse anche per via delle pressioni fatte dall’Europa. Ultimamente la situazione però è di nuovo cambiata, sono ripresi i respingimenti ma ora sono di tipo formale, fatti, cioè, in accordo con la federazione bosniaca. L’Europa sta chiaramente appoggiando i respingimenti verso Lipa, il terribile campo nelle alte colline bosniache, dove le persone restano lì per un tempo indefinito e molti di loro vengono poi rimpatriati nei Paesi con i quali si hanno stipulati accordi giuridici”. La consuetudine dei respingimenti, in quel periodo, divenne così ripetuta e comune che si creò un meccanismo a catena: le autorità di polizia italiane respingevano i migranti in Slovenia, la quale, a sua volta, li respingeva in Croazia. Tutto questo venne dichiarato illegale dal Tribunale di Roma che, nel gennaio 2021, si pronunciò sulle così dette “riammissioni” del Viminale a danno dei migranti come atti che espongono le persone a “trattamenti inumani e degradanti” lungo la rotta balcanica e a “torture” in Croazia. “Circa il 70% di loro vuole continuare il viaggio verso il nord d’Europa e solo la restante parte provare a fare richiesta di asilo in Italia”, dice Cibati, tra i fondatori di Linea d’Ombra. Più del 60% dei migranti proviene dall’Afghanistan e dal Pakistan. Una volta giunti a Trieste, proseguono il viaggio verso Milano fino a raggiungere la Val di Susa o altre valli del Piemonte oppure, passaggio ancora più angusto, quello che passa da Genova-Ventimiglia fino ad arrivare in territorio francese. Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, nel 2021, hanno ricevuto una notifica d’indagine per favoreggiamento all’immigrazione clandestina per un fatto accaduto nel luglio 2019 quando ospitarono in casa loro una famiglia curda; padre, madre e due bambini. Dopo diversi mesi il caso è stato archiviato con l’assoluzione per i due imputati. La motivazione della magistratura di Bologna, che ha poi seguito la vicenda, sull’archiviazione del caso è stata la seguente: “Non emergono elementi che consentano la sostenibilità dibattimentale dell’accusa”.
Migranti e fototrappole – La Trieste che accoglie
La politica migratoria europea e italiana è stata elastica e variabile negli anni; “l’atteggiamento della regione Friuli e del comune di Trieste è assolutamente negativo nei confronti dei migranti anche se in una maniera poco conclusiva perché, ad esempio, ci si può chiedere come mai ci lasciano lavorare in piazza a Trieste con i migranti in transito?”, si domanda Gian Andrea Franchi, “questa cosa non è mai accaduta e il motivo sta nella consapevolezza delle istituzioni di non volere affrontare la questione, vogliono togliersi il problema lasciando a noi il compito di occuparcene”. Lo scorso anno, come caso esempio di questo atteggiamento ambivalente delle istituzioni, il Comune di Trieste ha preso la decisione di riaprire un centro di accoglienza diurno in via Udine. Un luogo rifugio per i migranti in transito, per trovare ristoro una volta arrivati in città dopo ore e giorni di viaggio. “Noi non abbiamo intenzione di sgomberare la piazza, questo continuiamo a dirlo al questore. Di notte i migranti transitanti si recano a dormire nel silos, una struttura fatiscente di un ex magazzino situato vicino al porto, la restante parte dorme in strada. Questa situazione non è mai cambiata e quell’annuncio sull’installazione delle fototrappole è stato fatto a ridosso delle ultime elezioni regionali, motivo per cui tutto fa pensare ad un’iniziativa di propaganda politica”. Chi si occupa della vita delle persone migranti è, come spesso accade in Italia, la rete di associazioni attive sul territorio. Fornendo loro vestiti puliti, cibo, coperte, assistenza legale. Tra gli arrivi a Trieste oltre il 10% sono minori, molti dei quali di età inferiore ai 16 anni. Mentre si scrive, è terminato da poche ore il Consiglio dei Ministri in data 11 aprile guidato dalla presidente Giorgia Meloni. Ancora una volta, il tema migrazione è nell’ordine del giorno e, sempre ancora una volta, si è deciso di affrontarlo parlando di “emergenza migranti” come pericolo per il Paese. Infatti, su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musemeci, il governo ha deliberato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale a seguito dell’incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. Il piano del governo è quello di aumentare i posti nei centri per il rimpatrio e creare nuove strutture in ogni regione. Ancora una volta, la linea scelta dal governo Meloni segue una politica di chiusura e di respingimento nei confronti di chi fugge e chiede solo di essere accolto.