Secoli di battaglie e soprusi di ogni tipo. Ora c’è solo un obiettivo: rivedere la luce in un Paese senza diritti
“Riprendersi la notte” per sperare, un giorno, di vedere la luce. Questo è quello che chiedono milioni di donne indiane, questo è il motivo per cui protestano e per il quale sono scese in piazza al calar del sole quando, come il sistema indiano insegna, le donne devono stare a casa. In India, la situazione per le donne è da sempre complicata, ma a far scoppiare le manifestazioni a Calcutta è stato l’omicidio di un giovane medico di 31 anni all’RG Kar Medical College and Hospital lo scorso 9 agosto.
La dottoressa, una donna specializzanda, dopo un lungo turno di lavoro di circa 36 ore si era infatti ritirata in una stanza dell’ospedale dove è stata prima stuprata e poi uccisa. In prima battuta le autorità avevano liquidato il fatto come un suicidio e questo avevano riportato anche alla famiglia della vittima. Il personale medico ha però fatto pressione sull’amministrazione e alla fine si è giunti alla triste verità, confermata poi dall’autopsia: la ragazza ha prima subìto uno stupro di gruppo e poi è stata uccisa. Al momento, l’unico “colpevole” è stato individuato in un uomo di 33 anni che lavorava come volontario in ospedale.
“Save our future”, l’appello di donne e medici
Questa la miccia che ha fatto esplodere la rabbia delle donne, mai davvero sopita, per un sistema che non riserva alcuna tutela per il genere femminile. Così il 15 agosto, data che coincide con i festeggiamenti per l’Indipendenza del Paese, migliaia di persone sono scese in strada per manifestare la loro rabbia, il loro dolore, per far sentire la loro voce troppo spesso ignorata.
Allo stesso modo, il personale medico ha deciso di incrociare le braccia e indire uno sciopero, assicurando il servizio emergenziale, per spingere il governo a inasprire le leggi contro le aggressioni a medici e infermieri e a garantire un livello accettabile di sicurezza all’interno delle strutture sanitarie.
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