Il giornalista di WikiLeaks è stato liberato dal carcere di Belmarsh grazie a un accordo con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti
Libero, come non accadeva da 1901 giorni. Julian Assange ha lasciato il carcere di Belmarsh, gli è stata concessa la libertà su cauzione dall’Alta corte di Londra, si è subito imbarcato per l’Australia. Giorni di ansia, ore di attesa, il fondatore di WikiLeaks doveva superare l’ultimo scoglio (l’appello definitivo), vincere l’ennesima battaglia della sua vita. Un calvario infinito che finalmente sta per terminare, come spiegato dalla sua organizzazione in un comunicato su X: “Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite. Ciò ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha portato a un accordo che non è stato ancora formalmente finalizzato.
Assange, dopo più di cinque anni in una cella di 2×3 metri, isolato 23 ore al giorno, presto si riunirà alla moglie Stella Assange e ai loro figli, che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre”. Julian, con le sue inchieste, aveva attaccato i potenti, scoperchiato i segreti più nascosti, era riuscito a cambiare l’informazione mondiale. Poi lo hanno fatto tacere, rinchiuso per anni in un carcere di massima sicurezza, strappato ai suoi affetti più cari.
La mossa politica degli Stati Uniti
C’è l’ok degli USA sulla liberazione di Assange, un sospiro di sollievo anche per Joe Biden a ridosso delle presidenziali (in programma a novembre): erano migliaia, infatti, gli attivisti pronti a scagliarsi contro di lui qualora fosse avvenuta l’estradizione. Assange era perseguitato dalle autorità statunitensi per la pubblicazione di documenti militari riservati e forniti dall’ex analista dell’intelligence dell’esercito Chelsea Manning, nel 2010 e nel 2011. Negli ultimi anni ha affrontato 18 capi di imputazione in un atto d’accusa del 2019, che ha comportato un massimo di 175 anni di reclusione.
Una storia infinita che ha fatto il giro del mondo, ma negli ultimi mesi Biden aveva lasciato uno spiraglio di speranza: “Stiamo valutando se far cadere le accuse contro Assange, nulla è impossibile”. Una mossa strategica per prendersi quella fetta di elettori americani che per anni ha sostenuto il giornalista australiano, difendendolo con manifestazioni pubbliche e scioperi di ogni tipo. Insomma, per Trump la liberazione di Assange, avvenuta con il consenso dell’amministrazione Biden, non è di certo una buona notizia.
La forza della famiglia
Piange Assange, sono lacrime di gioia. Le stesse della famiglia, da sempre al suo fianco. Sono stati anni di una difficoltà estrema, nessuno glieli ridarà indietro, rimarrà per sempre la rabbia per quello che ha passato. Da ieri, però, qualcosa è cambiato, in Australia è tornato il sole negli occhi della madre Christine: “Sono grata che il calvario di mio figlio stia finalmente giungendo al termine, ciò dimostra l’importanza e il potere della diplomazia silenziosa. Molti hanno sfruttato la situazione di Julian per portare avanti i propri programmi, quindi, sono felice di abbracciare quelle persone invisibili e laboriose che hanno messo al primo posto il benessere di mio figlio. Gli ultimi 14 anni hanno messo a dura prova me come madre”.
Nonostante la gioia, il rilascio di Assange è stato incerto fino alla fine, come raccontato dalla moglie Stella alla BBC Radio 4: “Le ultime 72 ore sono state intense, ma sinceramente è accaduta una cosa incredibile, non mi sembra neanche vero”. Il suo commento sull’accordo di principio con il Dipartimento di Giustizia statunitense rimane “limitato”, Julian dovrà dichiararsi colpevole di un solo capo di accusa, relativo alla legge sullo spionaggio. “Mio marito ora è un uomo libero? Appena arriverà l’accordo, firmato dal giudice delle Isole Marianne Settentrionali, sarà tutto vero”, ha concluso Stella Assange. Arriverà a breve, non passeranno più 1901 giorni.