Ciascuno di noi è il risultato delle proprie scelte. La nostra vita è l’insieme delle scelte che abbiamo fatto, delle decisioni che ogni giorno prendiamo. Che siano ragionate, ponderate, leggere, impulsive, che si scelga di fare o non fare qualcosa, ogni nostra decisione impatta sulla nostra esistenza e, conseguentemente, sulla vita delle persone che ci circondano. I nostri comportamenti, frutto delle nostre scelte, hanno però conseguenze anche sugli estranei, su persone che non conosciamo. Se scegliamo di passare con il rosso e travolgiamo un pedone, la nostra scelta (azzardata, sbagliata!) influirà (e tanto) anche su un perfetto sconosciuto.
Le conseguenze di quello che decidiamo di fare (o non fare)
Tutte le nostre decisioni, piccole o grandi che siano, determinano una conseguenza. Più in generale, ogni evento della nostra vita ha un effetto sulla stessa. Se perdiamo un treno non è una nostra scelta. In qualche caso, però, potrebbe essere la conseguenza (diretta o indiretta) di una nostra scelta, come ad esempio attardarci a fare qualcosa, perderci in chiacchiere con un amico, sottovalutare il traffico o scegliere un mezzo di trasporto piuttosto che un altro. Ma anche solo perdere un treno comporta che in quel momento la nostra vita inevitabilmente cambi direzione, perché si fa un qualcosa di non previsto, si mutano i programmi che avevamo in mente. È come se ci trovassimo davanti a un bivio che porta in luoghi diversi, facendoci anche percorrere strade diverse (magari una è pianeggiante e scorrevole, l’altra è accidentata, ricca di curve e salite. E non conducono nello stesso posto, anzi possono portare in luoghi completamente differenti).
La porta scorrevole che ci cambia la vita
Che un treno preso o perso (basta invertire due lettere!) ci possa far cambiare vita, e anche radicalmente, lo sa benissimo Helen Quilley. Ai più questo nome non dirà nulla: si tratta della protagonista del film “Sliding doors”, interpretata magistralmente da Gwyneth Paltrow. La “porta scorrevole” è quella che si trova davanti la protagonista, e rappresenta il momento più alto di una storia, un elemento non previsto e non prevedibile che riesce a cambiare la vita di una persona, a stravolgerla. La trama del film è nota: Helen viene informata del suo licenziamento e torna di corsa a casa dal suo compagno. Un imprevisto le fa perdere secondi preziosi, ma riesce ugualmente a prendere la metropolitana. Tornata a casa, però, trova il suo compagno a letto con l’ex fidanzata. Inizia per la donna un percorso difficile, con colpi di scena e con un finale drammatico.
Ma il film è composto da una seconda storia: Helen, a causa di quegli imprevisti in metropolitana, non riesce a prendere il treno. Arriverà a casa un po’ più tardi e non scoprirà la storia clandestina del suo fidanzato. In entrambe le storie, però, c’è James, una figura importante per Helen. Avrà un ruolo determinante in entrambe le versioni, come a dire che ci sono delle “certezze” nella vita che restano tali per ognuno di noi, a prescindere dal bivio che imbocchiamo. “Sliding doors” è una espressione comune per indicare un cambiamento nella nostra vita, o semplicemente l’importanza della direzione da prendere quando davanti a noi ci sono due strade che è possibile percorrere.
Le scelte davvero nostre e quelle indotte
È capitato a ognuno di noi: la scelta degli amici, ad esempio, è una delle prime scelte che comporta situazioni e prospettive ben diverse, a seconda di quello che abbiamo deciso di fare. Oppure scegliere una scuola piuttosto che un’altra, trasferirsi in un’altra città o addirittura all’estero, decidere di sposarci, o di separarci, di avere figli. Molte di queste scelte sono irreversibili, e quindi necessitano di un ragionamento ancora più approfondito, con i pro e i contro, valutando ogni conseguenza della scelta, in un senso o nell’altro. Ci sono poi delle scelte che non abbiamo fatto ma che ci connotano per tutta la vita, penso banalmente al nome che porta ognuno di noi. Molte scelte, poi, sono il frutto del contesto familiare in cui viviamo: l’orientamento politico, la squadra del cuore, l’amore per la lettura o per l’ambiente, nella maggior parte dei casi ci sono indotte, anche inconsciamente, da chi ci sta intorno. Familiari in primis.
Le 4 vite di Archie
È quello che succede ad Archie Ferguson, il protagonista del libro “4 3 2 1”, scritto da Paul Auster. Un bel tomo di 950 pagine in cui si raccontano le 4 vite del protagonista, 4 storie diverse a seconda delle scelte, del destino, del caso. A questo punto sono costretto a fare degli spoiler: lettore avvisato, mezzo salvato! Torniamo al libro: mi ha davvero colpito come la storia di questo giovane americano possa radicalmente cambiare a seguito della situazione dei suoi genitori (morte del padre, oppure divorzio) ma anche come conseguenza di scelte apparentemente insignificanti. La scelta narrativa è davvero originale: il libro è costruito in modo tale che si possa leggere per capitoli, dalla prima all’ultima pagina, portando avanti le 4 storie in contemporanea.
Oppure si può leggere saltando i capitoli stessi, e quindi gustandosi una “vita” alla volta. Ho optato per la prima scelta, soprattutto per rispettare la struttura narrativa. Sono davvero tante le riflessioni attorno a questo libro: in tutte e 4 le storie c’è la stessa figura femminile. Ha ruoli diversi, instaura rapporti di intensità differente con il protagonista, ma lei c’è sempre, è una presenza costante e irrinunciabile. Questo ci rincuora: se anche le scelte ci portano in situazioni diverse, ci sono figure che il destino ha scelto per noi, e che nessuna scelta potrà mai allontanare. Ma ecco che la storia ci riserva subito una terribile sorpresa: ci sono scelte che si rivelano fatali, drammatiche.
In una delle storie, la 2, il protagonista troverà la morte in giovane età in circostanze davvero incredibili: ucciso dal ramo di un albero staccatosi dopo essere stato colpito da un fulmine. Archie era al college, e correre sotto quel diluvio, sfidare il temporale, lo aveva reso felice, entusiasta. In quel delirio di onnipotenza era sicuro di non rischiare nulla perché non indossava oggetti metallici, e quindi si sentiva al sicuro nonostante le avversità atmosferiche. Voleva soltanto sfidare il vento, la pioggia, i tuoni, sentirsi libero. Non aveva fatto i conti con il destino: si era riparato momentaneamente sotto un albero, che di lì a poco sarebbe stato colpito da un fulmine. Il ramo spezzato lo avrebbe centrato senza pietà.
Una pagina bianca…
Nel libro la sezione 2 dei vari capitoli è poi rimasta anche dopo la morte del protagonista, ma è rappresentato da una pagina bianca. Una pagina bianca a significare quello che non sarebbe mai stato, quello che non sarebbe mai successo. Una pagina vuota che nessuno avrebbe mai più riempito. Ecco come la scelta apparentemente innocua di ballare sotto la pioggia, dettata dall’entusiasmo giovanile, possa rivelarsi letale. È un qualcosa che colpisce, e ogni volta che mi sono imbattuto in quella pagina bianca, vuota, ho ripensato alla scelta di Archie e a tutte le nostre scelte spesso prese alla leggera, suggerite dalle situazioni ma non dal buonsenso, e che non sono il frutto della logica, della prudenza, del senso di responsabilità ma degli impulsi, della fretta, della rabbia. O semplicemente di un errore di valutazione. Questa società smart, in cui tutto è veloce, sicuramente non ci aiuta a prendere decisioni ponderate, ma ci porta a scelte affrettate e spesso sbagliate.
Le influenze invisibili
In un libro di qualche anno fa, dal titolo “Invisible influence”, Jonah Berger sostiene che la quasi totalità delle scelte che compiamo è condizionata in modo significativo da forze esterne che agiscono su di noi in modo inconsapevole. Insomma, scegliamo brani musicali, libri, abiti, perché lo ha già fatto qualcun altro, e inconsciamente tendiamo a emularlo. Oppure scegliamo di fare l’opposto per dimostrare che non siamo come loro: fenomeno che gli esperti di marketing chiamano “effetto snobismo”. In questo caso l’esempio precedente delle scelte prese in ambito familiare è completamente invertito: scelgo un partito che sta all’opposto di quello dei miei genitori, oppure tifo per la squadra che è l’eterna rivale di quella per la quale tifano nella mia famiglia.
La storia non si fa con i se!
Una espressione ricorrente è “la storia non si fa con i se”, quando proviamo a immaginare una situazione diversa da quella che si è verificata realmente: se al referendum del 1942 avesse vinto la monarchia, se Kennedy non fosse stato assassinato, se l’attentato alle Torri Gemelle fosse stato sventato, se alle elezioni politiche avesse vinto l’altra fazione e via discorrendo. C’è una serie davvero interessante che ho avuto modo di guardare, ed è “The man in the high castle”. È ambientata negli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, ma l’esito del conflitto non è stato positivo: gli Usa sono stati sconfitti e non esistono più. Il loro territorio è diviso tra Germania e Giappone, e sulla costa orientale sorge il Grande Reich Nazista. Anche in questo caso c’è la resistenza che si oppone al regime, ma tutta la serie è costruita su un “falso storico”, su un “bivio sbagliato”: la vittoria della Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale.
I dilemmi di Zerocalcare
Tornando ai giorni nostri: l’importanza delle scelte è diventata un must, in un momento storico caratterizzato sempre di più dai ritmi caotici. E allora accade di entrare in crisi quando ci troviamo di fronte a scelte apparentemente semplici, come il gusto del gelato che stiamo per acquistare o il colore della t-shirt. Per chi non l’avesse vista consiglio vivamente la serie “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare. La scena della scelta della pizza è davvero illuminante. Il protagonista è con un amico in una pizzeria di periferia, la solita, e si trova davanti a un dilemma amletico: pizza “Margherita” o pizza “Stocazzo”, la new entry, la specialità della casa? Un vero dilemma per il protagonista, che lo costringe a tirare in ballo il libero arbitrio, il coraggio di chi osa o il quieto vivere di chi fa scelte di comodo, la curiosità per il nuovo o il fascino della routine. Ed è convinto che se opterà per la Margherita si sarà perso la pizza più gustosa del pianeta, mentre se sceglierà la pizza Stocazzo… beh, in quel caso sarà davvero una schifezza.
Siamo artefici del nostro destino?
E allora rassegniamoci e lasciamoci condurre dal destino: qualunque sia la nostra scelta, forse è già tutto scritto, forse il destino ha già visto e previsto ogni nostra titubanza, ogni decisione, ha già individuato ogni bivio delle decine di migliaia di bivi nei quali ci imbattiamo nel corso della nostra esistenza, lasciandoci indecisi se andare a destra o a sinistra. E poi, una volta imboccato, possiamo solo girarci e vedere il bivio che abbiamo superato farsi sempre più lontano, una scelta irreversibile. Mentre un nuovo bivio si affaccia lungo il nostro cammino. Forse non siamo “artefici del nostro destino”, ma se crederlo ci fa scegliere in modo più ponderato, non crederlo ci fa optare per scelte a cuor leggero, meno ragionate ma forse più “sincere”, di pancia.
E allora come dobbiamo comportarci? “Fa’ la cosa giusta”, suggeriva Spike Lee nel suo film capolavoro. Facciamo in modo che sia il buonsenso a suggerirci le scelte, piccole o grandi che siano. Contiamo fino a 10 prima di scegliere. Anche fino a 100, se necessario. Scegliamo anche di non fare, se è meglio non agire. Sarà pur vero che è già tutto scritto nel libro del nostro destino e che le nostre scelte non contano, ma nel dubbio cerchiamo di agire consapevolmente, facciamo in modo che il protagonista di questa storia, una storia già scritta, sia una persona meritevole. È una scelta che possiamo e dobbiamo fare.