«X è una piattaforma mediatica tossica e il suo proprietario è stato in grado di usare la sua influenza per plasmare il discorso politico», queste le parole del The Guardian, storico giornale britannico decisosi ad abbandonare l’ex Twitter.
Tutto condivisibile, ma quindi come stanno le cose adesso?
Il 13 novembre X è stata la piattaforma “di news” più scaricata sugli app store Ios sia italiani che statunitensi mentre il 6 novembre, Musk ha visto crescere le sue quotazioni a Wall Street di 26.5 miliardi di dollari. In un solo giorno, più della metà della sua spesa per comprare X.
La testata tecnologica Tech Crunch ha commentato la vicenda con un articolo dal titolo “The Exodus that Wasn’t”, l’esodo che non c’è stato.
Il social di Musk non è la prima volta che si ritrova alle prese con manifestazioni di dissenso generale del suo nuovo giocattolino. Già nelle prime settimane successive all’acquisto della piattaforma, numerosi utenti hanno annunciato il loro addio a X.
Il competitor di X nasce dal fondatore di Twitter al seguito delle numerose critiche riguardo la mancata moderazione del social. Difatti la più sostanziale differenza con il social ora detenuto da Musk è il feed “privo” di algoritmi ma strutturato in ordine cronologico di attività.
Bluesky sembra esser diventata la meta di tutti i dissidenti dalla dittatura del magnate sudafricano anche se, come fu per Threads, il rischio è che sia l’ennesimo fuoco di paglia utile solo a far casino inizialmente per poi dissolversi nel nulla.
La questione è sempre la solita: può una piattaforma gestita da privati essere così determinante per la vita politica pubblica? A quanto pare si
La possibile “pigrizia” o più semplicemente sconvenienza a spostarsi verso nuove piattaforme ci permette di capire quanto la nostra presenza offline e digitale siano vincolate l’una con l’altra. E se a gestirne le modalità di espressione sono dei miliardari con evidenti conflitti d’interesse la situazione è ben più critica.
Sia quando il profilo di Trump venne oscurato post attacco di Capitol Hill, sia nel caso di Meta riguardo specifiche tematiche tra cui le stesse elezioni in America, i social network sono passati da essere luogo di espressione a occasioni arbitrarie di filtraggio della politica. Da una parte e dall’altra (o da un milairdario all’altro).
Parliamo di un Paese, gli Stati Uniti, in cui è pienamente legittimo che il Fondatore e CEO di Liberty Energy (azienda che fornisce servizi alle aziende che estraggono petrolio e gas) venga tranquillamente nominato a quello che equivale al nostro ministero dell’ambiente.
E dunque, come potrebbe un miliardario prossimo ad incarichi governativi, farsi alcuno scrupolo nel trasformare il social più importante per l’informazione in uno strumento di propaganda?
(Edoardo Galassi)