Il programma del Governo per frenare e prevenire la violenza di genere prevede 30 ore annuali di formazione divise in incontri pomeridiani
Il mese di novembre è stato segnato dall’ennesimo tragico femminicidio, quello della 22enne Giulia Cecchettin, uccisa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta. Fin dal primo momento in cui è stato confermato che ad uccidere la giovane fosse stato il suo compagno, in Italia si è sollevata un’ondata di sdegno e risentimento forse mai così forte prima, verso un fenomeno sempre più dilagante – quello dei femminicidi – che coinvolge, anno dopo anno, un numero sempre crescente di donne di ogni età.
Non solo l’opinione pubblica, ma anche le istituzioni e i professionisti di alcuni settori, come quello giuridico e pedagogico, hanno ritenuto necessario trovare una soluzione efficace o in ogni caso delle strategie da mettere in campo per far sì che la terribile cifra, relativa alle donne uccise ogni anno, inizi pian piano a calare.
Il piano del Governo
Il 22 novembre il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, insieme alla ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella e al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano hanno ufficialmente presentato il piano “Educare alle relazioni”, di cui già si era parlato a settembre 2023 dopo che altri fatti di cronaca eclatanti, relativi a casi di stupro da parte di ragazzi, avevano scosso il Paese. Un progetto che, seppur da alcuni criticato, costituisce un primo passo importante che avvicina i giovani alla riflessione e alla discussione su alcune tematiche fondamentali legate alla sessualità, all’affettività, all’instaurare relazioni sane. Tra i temi principali proposti agli studenti italiani ci sarà, appunto, la costruzione di relazioni affettive sane, la percezione di genere, gli stereotipi e il rispetto dell’altro.
Alla base del piano proposto dal Governo c’è l’idea che le nuove generazioni abbiano un urgente bisogno di essere sensibilizzate e educate alla sentimentalità. Lo scopo, pertanto, è quello di guidare i giovani in un processo di continua maturazione educativa, cognitiva e culturale, ma anche quello di diffondere i valori del rispetto reciproco e della parità di genere, così da ridurre atteggiamenti discriminatori e violenti e far acquisire gli strumenti utili per rintracciare, anche precocemente, i primi segnali pericolosi di discriminazione e di violenza contro le donne.
Gruppi di discussione facoltativi
Il piano del ministro Valditara prevede l’inserimento di “gruppi di discussione” durante i quali gli studenti delle scuole superiori parleranno di tematiche relative alla violenza di genere e in cui, tra le altre cose, saranno informati sulle conseguenze penali che i loro comportamenti potrebbero avere. Uno degli obiettivi, dunque, sarebbe quello di puntare sul potere dissuasivo della pena. Saranno previsti, poi, alcuni “ospiti” come influencer, esperti e psicologici. Gli insegnanti saranno coinvolti attivamente nei progetti attraverso gruppi di discussione e autoconsapevolezza, composti da 6 a 12 studenti di età omogenea, che si riuniranno una volta ogni due settimane per un’ora o due, coordinati dai docenti referenti (in ogni classe verrà individuato un docente che possa fungere da docente-moderatore). Gli incontri avranno una durata di 30 ore complessive e saranno organizzati e monitorati dai docenti dello stesso istituto scolastico.
Le “lezioni” si terranno nelle ore pomeridiane e non si dovranno sovrapporre con le ore di Educazione civica, disciplina scolastica introdotta nel settembre 2020, che rimarrà distinta dall’educazione sentimentale. Il protocollo ha una durata biennale, a decorrere dalla data della sottoscrizione, e potrà essere rinnovato e prorogato con accordo fra i dicasteri interessati. Al momento sono stati stanziati 15 milioni di euro per il finanziamento delle attività e il reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del progetto. Ogni istituto, va specificato, potrà decidere se aderire o meno, anche in base alle risorse disponibili. Partecipazione dunque facoltativa, così come è facoltativa la partecipazione degli studenti che, per partecipare ai gruppi di discussione, dovranno essere autorizzati dai genitori.
Punti deboli e critiche
Il progetto ha tuttavia scatenato una serie di critiche, molte delle quali legate al fatto che le lezioni, per ora, sono facoltative e non ancora inserite nel programma scolastico vero e proprio. È stata poi sottolineata l’urgenza della presenza costante di figure professionali come psicologi e psicoterapeuti nelle aule, nonché l’incremento delle ore dedicate all’educazione emotiva e sessuale negli istituti scolastici. Molti hanno poi sottolineato il fatto che i “gruppi di discussione” siano una formula troppo debole, poiché non monitorati e gestiti da veri esperti ma ancora dai docenti di altre discipline, realisticamente privi delle competenze specifiche.
Altro aspetto fortemente criticato è stata la scelta del coordinatore degli incontri nelle scuole sull’educazione affettiva. Il ministro Valditara ha nominato lo psicologo e docente universitario, Alessandro Amadori, sul quale diversi parlamentari di opposizione hanno espresso forti contestazioni. Amadori è infatti l’autore di un saggio, risalente al 2020, dal titolo “La guerra dei sessi”, in cui sostanzialmente riduceva la violenza sulle donne a una generica cattiveria e a una “guerra dei sessi”. “Sorprende, infatti, come su un tema così urgente e drammatico sia stata scelta una personalità che più volte in diversi interventi ha avvalorato tesi delle responsabilità delle donne come causa delle violenze. Tesi che sembrano incompatibili con lo scopo che il progetto deve perseguire”, ha affermato la deputata democratica Irene Manzi, capogruppo in commissione Cultura. In risposta alla bufera scatenatasi, Amadori ha commentato che il libro «non è stato capito, non ha intenti antifemminili» e che non è sua intenzione dimettersi, a meno che non ci sia una richiesta da parte di Valditara. Il ministro, da parte sua, ha ribadito la propria scelta e ha definito «pretestuose» e «squallide» le polemiche sul collaboratore da lui nominato. Aspetti critici a parte, il Governo si è mostrato determinato (secondo l’opposizione non abbastanza) nella battaglia per frenare e prevenire la violenza di genere. C’è da dire, tuttavia, che rispetto al resto d’Europa, l’Italia arriva piuttosto in ritardo. Basti pensare che in Svezia l’educazione sentimentale è obbligatoria dal 1955 ed è insegnata sin dalle scuole primarie, dove i piccoli studenti affrontano tematiche come l’amore, le relazioni, il consenso e il rispetto dei diritti umani e i docenti sono obbligati a formarsi sul tema.
In Gran Bretagna c’è una legge del 1996 che stabilisce che l’educazione sessuale e sentimentale sia obbligatoria nelle scuole pubbliche della Nazione per gli studenti dall’età di 11 anni in poi, e dal 2019 è stata resa obbligatoria anche nelle scuole private. Anche in Germania l’educazione sentimentale è obbligatoria fin dai primi anni di scuola e i programmi sono incentrati sui ruoli di genere, le relazioni, l’uguaglianza di genere e il matrimonio. In Austria, a Salisburgo, c’è un centro federale per l’educazione sessuale che lavora sui materiali didattici e il Ministero dell’Istruzione ha messo a punto un programma di educazione sessuale completo che coinvolge gli studenti a partire dai 10 anni che seguono lezioni sull’amore, il matrimonio, la gravidanza e la contraccezione, fino alla violenza sessuale e domestica. Obbligatoria anche nei paesi dell’est come Repubblica Ceca ed Estonia.
Piccoli passi in avanti
L’Unesco ha rilevato che su 50 nazioni analizzate a livello globale, solo il 20% ha una normativa sull’educazione sessuale e solo il 39% ha adottato iniziative specifiche al riguardo. Otto paesi su dieci forniscono anche formazione in Educazione alla sessualità agli insegnanti. La piaga della violenza di genere, ovviamente, non è solo e unicamente un problema della scuola e dell’istruzione, molto è dovuto anche ai contesti familiari e alla sempre crescente solitudine degli adolescenti.
Forse un’ora a settimana di scuola per insegnare ai giovani il rispetto e l’amore non sarà sufficiente ma, d’altra parte, è pur sempre un piccolo passo avanti e il segnale importante di un ormai indispensabile impegno collettivo.