Le proteste all’ambasciata svedese di Baghdad

“Una farfalla batte le ali a Pechino e a New York arriva la pioggia invece del sole”. Così il professore Ian Malcolm, interpretato dal Jeff Goldblum, spiega la teoria del caos nel film Jurassic Park. Recentemente abbiamo rischiato di vedere applicata questa teoria, senza trovarci una pioggia improvvisa, ma il caos in Medio Oriente. La farfalla in questione è Salwan Momika, cittadino iracheno rifugiato in Svezia, che ha bruciato il Corano per comunicare la propria opinione riguardo la libertà di espressione. Il governo svedese ha inizialmente garantito, nonostante le riserve, che Salwan potesse fare questo atto di protesta nel nome proprio dei princìpi di diritto di parola ed espressione, valori fondamentali per il Paese scandinavo. Salwan Momika viene dall’area di Mosul, ma da pochi anni è diventato rifugiato in Svezia. Il governo iracheno chiede da tempo la sua estradizione e, in caso di rientro in Iraq, rischia anni di detenzione per le sue attività politiche passate. In Svezia ha mostrato simpatia per i partiti antislamici di estrema destra e non è nuovo a questo tipo di iniziative. In un video, girato nei giorni precedenti la sua azione, ha dichiarato: “La mia dimostrazione avrà luogo il primo giorno di Eid al-Adha (le festività per celebrare il sacrificio di Abramo). Sarà davanti alla grande moschea di Stoccolma, dove brucerò il Corano…I miei cari, che vivono a Stoccolma, vorrebbero partecipare alle manifestazioni e contribuire sia finanziariamente che emotivamente”.

Le proteste all’ambasciata svedese di Baghdad – “Brucerò il Corano”

La sua richiesta alle autorità svedesi è stata chiara: “Voglio protestare davanti alla grande moschea di Stoccolma, e voglio esprimere la mia opinione sul Corano…lo strapperò e lo brucerò”. La comunità sciita irachena, guidata dal potente Muqtada Al-Sadr, è esplosa con rabbia, tanto che il 28 giugno l’ambasciata svedese è stata subito presa d’assalto, anche se per poco, nonostante fosse stata messa in sicurezza dalle forze di polizia irachene. Nel giro di pochi minuti centinaia di persone sono riuscite a sfondare il perimetro del compound, mosse dalla ferocia e dal sentimento religioso. È servita proprio una richiesta esplicita del leader sciita Al-Sadr perché la situazione non precipitasse ancora di più. Però la protesta doveva esserci e doveva essere ben visibile, la comunità sciita in Iraq richiama almeno un milione di persone a Baghdad per far sentire la propria voce. “Se la libertà di parola è garantita all’Iraq e al mondo, allora i credenti devono esprimere le loro opinioni sul rogo dei libri sacri […] attraverso massicce proteste sentite contro l’ambasciata svedese in Iraq”, ha detto Al-Sadr garantendo che quanto successo a Stoccolma non verrà assolutamente ignorato da chi ha fede. Il 29 giugno migliaia di persone vestite di nero si sono quindi presentate di fronte il compound a metà pomeriggio, nonostante la temperatura a Baghdad fosse di 47 gradi, e le forze dell’ordine irachene presenti in assetto antisommossa non avrebbero potuto fare niente se la manifestazione fosse degenerata, visto il numero delle persone presenti. Nell’enorme piazzale davanti al monumento Al-Salhiyah vengono stese e disegnate sull’asfalto bandiere arcobaleno, che non solo simboleggiano la comunità LGBTQ+ ma anche il pensiero liberale occidentale che vuole calpestare le tradizioni e la religione islamica. Oltre alle bandiere, anche immagini di Momika fotografato davanti alla moschea di Stoccolma con il Corano in mano. La folla continuava a urlare in coro: “Sì, sì al Corano!” e “No all’omosessualità sì al Corano”. Nella logica degli uomini sciiti anche questa è libertà di espressione, se viene bruciato il Corano allora anche i valori occidentali possono essere disprezzati. Occhio per occhio e il mondo diventa cieco…

Le proteste all’ambasciata svedese di Baghdad – Agitazione e sgomento

I cordoni di sicurezza contengono a malapena la folla e ovunque ci sono immagini di Muqtada Al-Sadr e di suo padre Mohammed Sadiq Al-Sadr: gigantografie e quadri tenuti in mano ed esposti sotto il sole, moltissimi anche quelli con immagini del Corano. Dopo discorsi e preghiere, la folla finalmente può accedere al piazzale che era stato tenuto vuoto, le bandiere LGBTQ+ vengono immediatamente bruciate e i falò accesi sono diventati punto di ritrovo per selfie ed euforia. Uno dei ragazzi alla manifestazione si rivolge a me in inglese, mentre fotografo dall’alto la piazza: “Non capiamo perché non partecipano anche in altri paesi, siamo gli unici che mostrano disgusto per quello che è successo”. Oltretutto, molti membri della famiglia di Salwan Momika sono ancora in Iraq e Muqtada Al-Sadr ha voluto far presente chiaramente ai suoi sostenitori che non devono essere toccati, visto il rischio elevato di linciaggio. Ma la partecipazione in altri paesi islamici non è stata nelle piazze, ma nei corridoi politici e diplomatici. Il leader turco Erdoğan ha dichiarato: “Se non mostri rispetto per le credenze religiose della Repubblica di Turchia o dei musulmani, non riceverai alcun sostegno per la NATO da parte nostra […] Coloro che hanno causato una tale disgrazia non dovrebbero aspettarsi alcuna benevolenza da noi riguardo alle loro domande di adesione alla NATO”. E ha aggiunto parole ancora più dure: “Insegneremo all’arrogante popolo occidentale che non è libertà di espressione insultare i valori sacri dei musulmani”.

Le proteste all'ambasciata svedese di Baghdad
Le proteste davanti all’ambasciata svedese di Baghdad, foto di Alfredo Bosco – Ronin

Proprio l’opposizione turca non ha permesso l’ingresso della Svezia negli stessi tempi della Finlandia, ma le tempistiche saranno comunque brevi e cambierà notevolmente le carte in tavola a livello politico-strategico, basti pensare al mare Baltico. Queste parole hanno un peso enorme visto che la Svezia ha chiesto l’adesione e, con il conflitto in Ucraina, è fondamentale per le forze occidentali poter contare sul suo ingresso, ma il secondo esercito dell’alleanza atlantica è proprio quello della Turchia, che dallo scoppio della guerra in Ucraina tenta di fare da intermediario proprio tra i governi di Stati Uniti ed Europa con la Russia. Il governo turco, già per altre questioni, ha mostrato irritazione proprio verso il governo svedese, accusandolo di ospitare e sostenere circa 130 membri del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Solamente a giugno, la Svezia e la Finlandia hanno firmato un accordo trilaterale a Madrid con la Turchia, con il quale promettono di valutare le richieste di estradizione, indagando sul passato di attivismo politico dei curdi appartenenti al PKK presenti nei loro paesi. Altri paesi come Kuwait, Emirati Arabi e Marocco hanno convocato gli ambasciatori svedesi e, vista la tensione, lo stesso governo svedese ha dovuto rettificare la propria posizione. L’irritazione e l’agitazione del gesto di Momika è stata espressa praticamente da tutti i membri dell’Organizzazione della cooperazione islamica (OIC).

Le proteste all’ambasciata svedese di Baghdad – In Svezia è scattato l’allarme

“Il rogo del corano, o di qualsiasi altro testo sacro, è un atto offensivo e irrispettoso e una chiara provocazione. Le espressioni di razzismo, xenofobia e relativa intolleranza non hanno posto in Svezia o in Europa”, ha affermato il ministero degli Esteri svedese. Le dichiarazioni del governo svedese, però, arrivano tardi e sono contraddittorie; adesso Momika è anche sotto indagini per azioni contro gruppo etnico. Ma la polizia svedese, proprio pochi giorni prima, era consapevole del valore del gesto di Momika e gli aveva garantito la possibilità di farlo. Quali saranno i prossimi passi del movimento sciita iracheno è la domanda da porsi dopo tutto quello che è successo; l’influenza di Muqtada Al-Sadr non va assolutamente sottovalutata, anche se non ricopre più un ruolo ufficiale politico. Nell’agosto del 2022, lui ha dichiarato che non intende più partecipare alla politica, date le sue posizioni contrarie al governo iracheno ma qualsiasi futura grande protesta, se non qualcosa di più grave, passa dalle sue mani. Intanto in Svezia si teme che ci possano essere gravi ripercussioni e il timore di azioni jihadiste è piuttosto concreto. Tramite il ministero della giustizia si è sparsa la voce che, ora, viene tenuta in considerazione la modifica della legge riguardo le manifestazioni, dopo che tutti si sono accorti che il rogo pubblico di un Corano a Stoccolma potrebbe non essere un battito di ali, ma l’accensione di una miccia.

Per acquistare l'ultimo numero della nostra rivista clicca qui:

Amen

La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

Ultimi articoli

il Millimetro

Newsletter

Approfondimenti, interviste e inchieste direttamente sulla tua email

Newsletter