Il boom a metà novembre, la fine della politica Zero Covid come acceleratore e il batterio responsabile
In un video un po’ sgranato dell’ospedale pediatrico di Beijing nella Cina settentrionale, si vede la mano di un uomo che tocca la fronte di suo figlio per vedere se scotta. Qualche fila più avanti, una donna dà dei colpetti alla schiena di un bambino poco più grande del primo forse per incoraggiarlo, forse per evitare che tossisca.
La prima cosa che usiamo per capire se siamo malati sono le mani. A volte le reclama il malato per primo: sentimi la fronte, prendimi il polso. Le mani forniscono prove, intercettano il ritmo e il calore di una malattia.
Lo Stato e la sanità cinese
Il video girato a Beijing risale a dicembre del 2023: sembra un tempo lontano e invece è soltanto il mese scorso. Il 21 novembre ProMed aveva segnalato la diffusione di una polmonite sospetta a Nord della Cina. ProMed (Program for Monitoring Emerging Diseases) è il sistema di sorveglianza globale delle malattie, lo stesso che per primo nel 2019 aveva intercettato il Covid. Ma al contrario del Covid questa polmonite fa distinzioni, colpendo soprattutto i bambini: febbre alta e noduli polmonari, ma niente tosse. All’inizio si dice subito che l’altra città cinese più colpita, oltre a Beijing, è Liaoning. Negli epicentri urbani del contagio scatta l’ordinanza di chiudere le scuole e così le sale d’attesa degli ospedali si riempiono, diventano aule più grandi, tutte piene di bambini e di genitori. Nonostante lo spaesamento generale e gli occhi tagliati dalle mascherine, sembra esserci una presa di posizione convinta: la volontà del popolo cinese di riappropriarsi di un diritto che gli spetta. Quello alla cura.
Oggi la sanità in Cina sta cicatrizzando le conseguenze dell’apertura del Paese al libero mercato (accadde nel 1984) che avevano determinato la privatizzazione del sistema sanitario, ridotto le coperture assicurative e spinto i medici a fare soltanto i loro interessi. Si tratta di un miglioramento lento, fatto di riforme già avviate nel 2008, con l’obiettivo di fornire un’assistenza sanitaria universale che non vada ulteriormente a rimarcare i divari tra le zone rurali e quelle più urbanizzate del Paese. È un processo che non può fare passi indietro, tornare a quando lo Stato aveva un ruolo centrare nel garantire assistenza sanitaria a tutti i cittadini, servizi accessibili a tutti e quasi sempre gratuiti, stipendiando direttamente i medici.
Alcuni casi anche in Europa
Era il 1949, anno dell’ascesa al potere del Partito Comunista Cinese. Il sistema sanitario era talmente al servizio della popolazione che tra il 1952 e il 1982, per un trentennio, i tassi di mortalità infantile furono bassissimi. A dicembre le testate e le agenzie stampa di tutto il mondo avevano parlato nei titoli di una polmonite misteriosa, diffondendo un nuovo timore insieme a quello ancora abbastanza fresco del Covid.
A una settimana dalla diffusione della polmonite, l’intervento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva però rassicurato Cina e altri Paesi – già preoccupati per l’ondata di contagi che ne sarebbe conseguita – del fatto che ad aver causato questa polmonite non fosse nessun virus sconosciuto, ma un mix di patogeni già noti per provocare malattie infettive. A oggi si sono registrati alcuni casi in Francia, in Olanda e anche in Italia. La situazione è però parsa subito sotto controllo.
Dalla politica Zero Covid all’agente patogeno responsabile
Tale paura iniziale è un costo che si aggiunge al debito di immunità della Cina, anzi della politica Zero Covid voluta dal suo governo: mentre il resto dei Paesi cercava di adattarsi a una nuova normalità, la Cina continuava a restare in lockdown: si può dire una missione di pulizia in termini di salute, ma senz’altro di punizione in termini di salute mentale. Le restrizioni hanno limitato, se non proprio interrotto, i cicli di molti altri agenti patogeni oltre al coronavirus, così nessuno ha più rischiato di ammalarsi e di contrarre l’influenza.
Con l’abolizione della politica Zero Covid nel 2022, le infezioni respiratorie non hanno potuto che riprendere a manifestarsi in modo feroce, proprio come conseguenza di questa politica repressiva. Un liberi tutti in cui, la normale circolazione degli agenti patogeni stagionali che era stata compromessa in modo innaturale dalle politiche di restrizioni anti Covid, ha ripreso a circolare in modo ancora più innaturale. Tra tutta la popolazione cinese, sono soprattutto i bambini a non aver sviluppato una memoria immunitaria che permetta loro di non ammalarsi. Tra gli agenti patogeni in circolazione a fine novembre, è uscito allo scoperto anche il Mycoplasma pneumoniae: questo batterio risulta essere una delle cause principali che hanno contribuito all’aumento dei casi di polmonite. Si tratta di un batterio in realtà molto conosciuto e che è sempre circolato a livello globale, essendo responsabile del 10-20% di tutte le polmoniti. Non richiede il ricovero in ospedale – a meno che non si ritrovi a coesistere con altri virus presenti all’interno dell’organismo umano. Come curarlo? Certamente attraverso la somministrazione di antibiotici: non si tratta infatti di un batterio particolarmente aggressivo, la sintomatologia è lieve.
Il problema semmai è un altro. A rendere la Cina fin troppo fragile dal punto di vista sanitario è l’antibioticoresistenza sviluppata da alcuni virus e batteri tra cui proprio il Mycoplasma pneumoniae, che sembra piuttosto resistente all’azitromicina – un antibiotico somministrato per curare tonsilliti, sinusiti, bronchiti, polmoniti e faringiti. Perché? Perché da quando in Cina sono venute meno le restrizioni per l’acquisto di determinati antibiotici, le persone – soprattutto quelle residenti nelle zone rurali – hanno visto in questo allentamento una ragione in più per auto medicarsi, assumendo questi medicinali senza che ce ne fosse veramente bisogno. Analogamente alla Cina, anche in Corea del Sud, prima ancora che la polmonite si diffondesse anche nei Paesi Europei menzionati prima in questo articolo, si era registrato quasi contemporaneamente un numero non indifferente di bambini colpiti da polmonite. Polmonite probabilmente causata dallo stesso batterio.
Le fake news sui social per creare allarmismo
Una volta individuata la causa, i medici non sono sembrati preoccupati. Preoccupante è stato invece il polverone social alzato da alcuni utenti che – in particolare su X – hanno iniziato a diffondere fake news secondo cui l’epidemia che ha colpito la Cina sia stata provocata da una nuova variante del Covid 19 e non dalla polmonite da micoplasma. Ma se così fosse stato, allora si sarebbe dovuto registrare un contagio significativo soprattutto negli adulti. Medici ed esperti hanno subito smentito il contenuto dei post che sono circolati sui social – e ad oggi sì, la preoccupazione per una nuova variante del Covid effettivamente esiste, ma è un discorso a parte. Si tratta della variante JN.1 che si sta diffondendo a livello globale.
Semplicemente, ciò che è accaduto negli altri Paesi subito dopo la pandemia da Covid 19, in Cina si è verificato solo più tardi: l’ondata di infezioni respiratorie ha colpito il Paese subito dopo l’abolizione delle politiche restrittive. L’allarmismo sui social si è diffuso con altrettanta velocità, ma è stato sedato in tempo. Oggi le testate nazionali cinesi, da China Daily a The Epoch Times, non forniscono aggiornamenti sulla polmonite da micoplasma. Non ci sono nuovi video di ospedali in Cina con le sale d’attesa piene di genitori preoccupati per i loro bambini, con i volti coperti dalle mascherine bianche di ormai ordinaria amministrazione. L’assenza di aggiornamenti non è certo dovuta a una dimenticanza della stampa, né tantomeno al fatto che la polmonite sia magicamente sparita. Dimostra più che altro l’assoluta curabilità dell’infezione.