A Taranto, lo scorso aprile, è stato inaugurato il primo parco eolico realizzato nel mare italiano. Si chiama Beleolico ed è formato da dieci turbine. Ha una potenza complessiva di 30 megawatt ed è in grado di produrre fino a 58 mila megawattora all’anno, pari al fabbisogno annuo di energia elettrica per circa 60mila persone. I lavori per la posa delle pale eoliche sono stati relativamente brevi ma il percorso amministrativo necessario per ottenere le autorizzazioni è durato 14 anni. Basta una premessa simile per riassumere a che punto è l’eolico in Italia, paese in cui l’enorme valore delle energie rinnovabili spesso sfugge ai più tra cittadini e famiglie ma soprattutto trova relativo sostegno da parte degli esecutivi politici. Per capirne di più intervistiamo Simone Togni, presidente di Anev, l’associazione di protezione ambientale che vede riunite circa 100 aziende che operano nel settore eolico.
Che numeri vantiamo in Italia sull’eolico?
Noi abbiamo circa 11 gigawatt di potenza eolica che producono energia equivalente al 7% dei consumi nazionali. Un numero significativo, quasi una lampadina su dieci la accendiamo col vento, eppure inferiore rispetto ai competitor europei che hanno numeri maggiori perfino rispetto ai nostri obiettivi. Stando alla missione della comunità europea dovremmo raggiungere il 55% di produzione rinnovabile entro il 2030 e il 100% entro il 2050. Siamo in ritardo.
Che ruolo ricopre Anev in questo scenario?
Siamo l’associazione che unisce gli operatori del settore eolico, coloro che producono direttamente energia elettrica ma anche che elaborano nuove frontiere tecnologiche. Servono cinque anni e mezzo per autorizzare un parco eolico quindi necessitiamo anche di professionisti che gestiscano il lato burocratico. L’attività che svolgiamo ha come obiettivo finale quello di rendere sostenibile il sistema produttivo.
L’Italia ha svolto passi in avanti negli ultimi anni sul piano burocratico?
Piccoli, ma ce ne sono stati. Nei vent’anni di percorso Anev abbiamo fatto sì che le aziende eoliche crescessero gradualmente insieme al settore. Da 8 aziende nel 2002 oggi ne vantiamo 100. Va fatto però ancora molto e soprattutto nei confronti delle sovrintendenze. Con loro abbiamo aperta una questione culturale: il 100% dei progetti presentati hanno ottenuto riscontro negativo portando a una trafila complicatissima. Serve maggiore rapidità e trasparenza.
Quali sono i vantaggi dell’eolico rispetto a idroelettrico e fotovoltaico?
Prendiamole nell’insieme. Sono le tre rinnovabili tecnologicamente più avanzate e allo stesso tempo più economiche rispetto alle fonti fossili. Costano meno e inquinano meno del gas e tutte e tre sono perfettamente integrabili tra loro. In Italia abbiamo tanto sole e il fotovoltaico andrebbe sfruttato il più possibile ma pure integrato con eolico e idroelettrico. Di notte subentra in aiuto l’eolico, quando c’è meno vento giunge il supporto dell’acqua. I reciproci vantaggi sono la vera forza delle rinnovabili.
Hai anche tu la sensazione che vengano prese davvero in considerazione solo una volta terminate le fonti fossili?
Lo dicono le politiche degli ultimi governi, incluso l’attuale. Il gas resta il re e le aziende di stato restano conservatrici rispetto a nuove frontiere. Noi crediamo che questo paradigma vada cambiato. Abbiamo bisogno del gas ma vanno realizzati impianti rinnovabili per differenziare. La crisi geopolitica in Ucraina ci pone davanti a sfide enormi in territori fortemente instabili. Dobbiamo decarbonizzare la produzione elettrica riducendo le emissioni nocive nell’atmosfera, rallentando i cambiamenti climatici e rafforzando l’indipendenza di fonti endogene che garantiscano costi di produzione inferiori.
A proposito di guerra: quanto ha cambiato la visione dei cittadini sul tema energetico?
Noi stessi siamo tristi spettatori di uno scenario impensabile fino a qualche anno fa. L’approvvigionamento energetico è uno degli elementi chiave di questi conflitti. L’aspetto energetico, analizzandolo col senno del poi, ha letteralmente finanziato la guerra di Putin. Il costo del gas è iniziato a salire sei mesi prima dell’attacco al Donbass. D’altro canto l’aumento dei costi delle materie prime sta alzando il prezzo anche delle rinnovabili rallentando l’intera filiera. La risposta dell’attuale governo, purtroppo, va ancora una volta a tutelare altre realtà e non la nostra. Oggi chi investe nelle rinnovabili deve restituire due terzi dei ricavi. La nostra attenzione a questi temi ci spinge a pensare che prima o poi avremo ragione facendo valere i nostri principi.
Quali sono i luoghi comuni che senti maggiormente sull’eolico?
In questi anni ho sentito di tutto per combatterci. L’eolico è, in assoluto, l’energia con la maggiore accettabilità sociale con oltre l’80% del gradimento. Una piccola percentuale di oppositori è però molto rumorosa e trova grande spazio sulla stampa. Abbiamo un dossier dei falsi miti sulla nostra attività. Gli uccelli non vengono falciate dalle nostre pale che ruotano lentissime proprio per consentire ai volatili di evitarle. In più vengono realizzate in aree dove i flussi migratori sono assenti. I parchi eolici non disturbano, si può persino chiacchierare sotto le pale. Alcuni raccontano che le mucche in pascolo siano ipnotizzate dalle rotazioni delle pale producendo meno latte. La verità è che c’è un impatto visivo, ma dopo vent’anni il loro ciclo produttivo si estingue lasciando libero il panorama. Cosa preferiamo, questo o il vecchio sistema?