Sono passati quarantadue anni, era il 1980 e al cinema usciva il primo film di Carlo Verdone. Un omaggio a Roma e ad alcuni dei suoi caratteri più rappresentativi, ma con un DNA comunque riconoscibile in tutta Italia. Una pellicola che nacque dall’osservazione quasi maniacale di diversi personaggi che all’epoca popolavano le zone più centrali della Capitale. “Un sacco bello” è il primogenito di una carriera incredibile e fu scritto interamente sul tavolo da pranzo di casa Verdone, abitazione storica situata tra Ponte Garibaldi, Trastevere e Campo de’ Fiori. E sempre tra quelle mura, qualche mese prima, arrivò la telefonata di Sergio Leone: “Ho visto quello che fai e mi fa ridere, dobbiamo rompere gli indugi e fare subito un film, vediamoci domani”. Più o meno partì tutto così, il resto è storia che ancora oggi si ripete, in una città diversa ma che almeno una volta all’anno riassapora quel periodo lì. Il Ferragosto, le penne a biro, Enzo il bullo, la partenza per Cracovia e le calze di nylon, da un po’ di tempo l’appuntamento è sempre lo stesso: “Ci vediamo là, ar palo daa morte”. E in molti nella giornata di oggi saranno presenti in Via Giovanni Conti, zona Val Melaina, per ricordare uno dei maggiori cult degli anni Ottanta, il migliore. Un paio di anni fa è stata affissa anche una targa celebrativa, Carlo Verdone e Renato Scarpa (scomparso lo scorso inverno) si presentarono in pieno luglio in un luogo diventato ormai mitologico, dell’anima. Il palo della morte, traliccio dell’alta tensione, oggi non c’è più, ma i palazzi sono gli stessi di oltre quarant’anni fa, con i loro problemi e le loro tradizioni. Per l’occasione il Millimetro ha incontrato Carlo Verdone, impegnato in questo periodo nella scrittura di “Vita da Carlo 2”, che ha svelato retroscena e curiosità di quella pellicola immortale.
Carlo Verdone, ma il palo della morte come le è venuto in mente? C’erano altri luoghi in ballo?
“In realtà no, lo scenografo Carlo Simi fece prima il giro di tutte le periferie e poi un giorno mi disse “domani vieni con me, ho trovato un posto al Tufello interessante; non c’è nulla, soltanto pali elettrici che combaciano perfettamente con la solitudine del bullo”. Andammo con Sergio Leone e rimanemmo subito colpiti”.
Che zona trovaste?
“Non c’era veramente niente, soltanto enormi condomini e pali della corrente. In quel momento mi venne in mente di dire a Leone “guarda che qui abbiamo la possibilità di fare una bella inquadratura, c’è molto spazio”. Lui apprezzò e alla fine le altre location non andammo nemmeno a vederle”.
Roma è cambiata, totalmente diversa, meglio prima o adesso?
“Diciamo che una volta quel quartiere era veramente squallido, la strada invece adesso è migliorata, ci sono delle criticità dovute magari alle bollette della corrente non pagate o ascensori che non funzionano, dispute condominiali con il Comune. Una volta però c’era quella poesia periferica che oggi non troviamo più”.
Secondo lei perché?
“Oggi le periferie sono costruite molto male, non c’è gusto architettonico: a distanza di pochi metri puoi trovare una casa gialla, una verde, una a sei piani o addirittura un villino. Questo aspetto ha rovinato tutto, manca totalmente l’estetica”.
Oggi, come accade da diversi anni, tanti romani (e non) si recheranno al “palo della morte” per omaggiare il suo film…
“Un sacco bello è stata una cosa enorme e continua ad esserlo, una cartolina nitida di quella che viene ricordata come l’ultima vera estate romana. Una città desolata, una poesia periferica incredibile, proprio quello che oggi fatichiamo a ritrovare. Nella loro povertà, quelle zone avevano un significato, un senso ben preciso. Una strada lunghissima, quasi senza fine, due uomini che camminano e poi il vuoto. Sono contento che ancora adesso questa pellicola venga riconosciuta come simbolo dell’estate”.
Un ricordo di Renato Scarpa (che nel film interpreta Sergio), purtroppo scomparso lo scorso inverno
“Una persona di rara educazione e sensibilità, fu seguito e scelto da Sergio Leone che mi disse “ti porto il vero Pozzetto, ha una faccia bellissima. È come se tu fossi il sud e lui il nord, si creerà un contrasto straordinario”. E alla fine ebbe ragione, Scarpa diede il massimo e si rivelò una spalla formidabile. Il mio era un personaggio roboante, mitomane; lui invece aveva una solitudine perfetta per quel film, funzionammo molto bene insieme”.
Un saluto a chi oggi raggiungerà quel luogo magico
“Tornano ogni anno e io non smetterò mai di ringraziarli per come tengono questo film nel cuore. Per me fu un momento molto importante, il primo slancio della mia carriera: senza tutti questi spettatori che mi vogliono così bene, non avrei avuto la forza di portare avanti questo mestiere per quarantacinque anni. Il loro amore mi ha permesso di arrivare dove sono e quindi li ringrazio”.