I “cittadini di nessuno”, tra blocco dei permessi di soggiorno e soprusi di ogni tipo
Le macchine rallentano, i militari controllano i volti e le targhe, quelle tutte gialle, ovvero quelle israeliane, e poi ripartono. A quelle bianche o verdi non è consentito il passaggio, sono targhe palestinesi, targhe di serie b.
L’autobus di linea invece accosta, a bordo siamo una trentina di persone, principalmente donne, ma ci sono anche bambini. L’autista apre le porte, non c’è bisogno di dire nulla: tutti si mettono in fila, ordinati, in attesa del controllo documenti, che però arriverà solo dopo mezz’ora sotto il sole, quando una soldatessa giovane, bionda, decide che abbiamo aspettato abbastanza. «Qui è normale, la nostra è una vita di attese» mi dice uno dei pochi uomini in fila quando chiedo come mai stiamo aspettando. «L’occupazione è così, decidono loro quanto dobbiamo aspettare, se possiamo passare, se dobbiamo morire».
Il checkpoint tra Betlemme e Gerusalemme è uno degli ingressi principali della Città Santa, contesa da secoli e che oggi gli israeliani vorrebbero come capitale. Ogni giorno, qui, transitano migliaia di automobili provenienti dalla Cisgiordania, ma all’interno, dopo il 7 ottobre 2023, sono perlopiù coloni israeliani, perché dal momento dell’attacco di Hamas il governo israeliano ha bloccato e annullato tutti i permessi di soggiorno dei palestinesi che ogni giorno lavoravano in Israele. I palestinesi che passano e che stanno con me sull’autobus sono “palestinesi del ’67”, che in gergo vuol dire che vivono nei territori occupati da Israele nel 1967, che hanno una carta d’identità israeliana ma non il passaporto, che si trovano in un limbo in cui non sono cittadini di nessuno, sotto occupazione, ma con almeno la possibilità di muoversi internamente, cosa che non possono fare i palestinesi della Cisgiordania.
Reportage in Cisgiordania
La soldatessa mette via il telefono che ha scrollato compulsivamente per mezz’ora, sistema il fucile automatico a tracolla, aggiusta la lunga coda bionda e si posiziona dietro un blocco di cemento per controllare i documenti di tutte le persone in fila. In quel momento, lei, una ventenne, bella, con la sguardo da dura e le unghie ricostruite che sembrano artigli, ha potere di vita e di morte sulle persone che le scorrono davanti, perché qui vige la legge marziale, perché in Cisgiordania c’è l’apartheid e i palestinesi possono solo subire.
Tutto fila liscio, l’unico momento di tensione è quando la soldatessa si accorge che una signora è seduta sul bus e non è in fila con gli altri: sua figlia di 2 anni dorme e lei la tiene in braccio da seduta, per questo non è scesa. La giovane in mimetica si innervosisce ma poi tutto passa e possiamo partire per Gerusalemme.
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