La Turchia del Sultano Erdogan

Vincere ma senza stravincere, assicurarsi un altro mandato ma al secondo turno di elezioni, aver convinto l’oltre 52% degli elettori contro il quasi 48% che ha invece creduto nell’opposizione guidata da Kemal KiliçdaroğluRecep Tayyip Erdogan sarà ancora presidente della Turchia, per altri 5 anni fino al 2028, proclamandosi il leader più longevo a governare il Paese nonostante il suo trionfo non sia stato questa volta un vero e proprio plebiscito – rispetto al 14 maggio scorso l’affluenza è stata in leggero calo passando dall’89% degli aventi diritto all’84%. “La nostra gente ci ha dato fiducia ancora una volta – ha detto Erdogan parlando davanti a una folla a Kisikli, sulla sponda anatolica di Istanbul a margine del ballottaggio di domenica scorsa -, solo la Turchia ha vinto oggi”. Le dichiarazioni della vittoria si contrappongono a quelle della sconfitta con il candidato presidenziale dell’opposizione turca Kemal Kiliçdaroğlu che non smetterà di guidare la sua lotta dopo quelle che lui stesso ha definito “le elezioni più ingiuste degli ultimi anni”. Dal palco di Ankara Kiliçdaroğlu ha comunque riconosciuto la sconfitta definendo i risultati una dimostrazione della volontà del popolo di andare oltre al governo autoritario di Erdogan, e definendosi addolorato rispetto ai “problemi” che attendono la Turchia. In primis l’economia, con l’aumento senza precedenti dell’inflazione, e la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del febbraio 2023: Erdogan si è detto pronto a fare della Turchia una locomotiva economica e a dare inizio al “secolo della Turchia”. “Faremo un governo all’altezza del nuovo secolo turco”, aveva già detto sulla inviolabile e quasi interamente controllata televisione di Stato sfruttando la coincidenza con i 100 anni dalla nascita della Repubblica. Uno slogan che punta al ritorno dei valori fondamentali della famiglia tradizionale e la criminalizzazione del movimento Lgbtq. “L’opposizione è pro-Lgbt, ma gli Lgbt non possono infiltrarsi tra noi. Rinasceremo”, ha sottolineato un Erdogan vittorioso a bordo dell’autobus scoperto usato durante la campagna elettorale. Eppure, mai un candidato dell’opposizione si era così avvicinato al sultano nelle passate elezioni lasciando uno spiraglio democratico dopo i risultati del 28 maggio che hanno sì riconsegnato il Paese a Erdogan, ma ancora spaccato a metà. 

La Turchia del Sultano Erdogan

La Turchia di Erdogan – La carta dell’economia

Non è bastato il semplice video girato nella cucina di casa con una cipolla in mano, alimento fondamentale nella tradizione culinaria turca, per spiegare gli effetti dell’inflazione e la conseguente deriva economica turca provocata da Erdogan. Dopo una brillante carriera da studente di economia, Kemal Kiliçdaroğlu ha lavorato a lungo al ministero delle Finanze turco per poi diventare direttore dell’Istituto per la previdenza sociale, fino ad usare una cipolla per convincere gli elettori a votarlo per ridurre l’inflazione, attualmente attorno al 50%. Tema spinoso soprattutto durante la campagna elettorale quando la Banca centrale turca ha esaurito tutte le sue riserve per cercare di sostenere il valore della lira turca, calato ma non crollato. Ma con le risorse quasi terminate e il costo della vita aumentato a dismisura: nonostante Erdogan abbia potuto contare sui finanziamenti dei paesi del Golfo, in particolare del Qatar, e su una dilazione nei pagamenti del gas russo, secondo le stime de l’Economist, il debito turco ammonterebbe a circa 70 miliardi di dollari, con il rischio che la valuta e l’economia subiscano un pesante crollo dopo aver resistito proprio grazie agli interventi straordinari. Quello economico sarà il primo banco di prova per Erdogan che ha promesso ai turchi di uscire dalla crisi e diventare una locomotiva economica; rassicurazione difficile da mantenere per alcuni analisti che vedono la riuscita solo con una seria politica di austerità, difficilmente attuabile entro 10 mesi con il prossimo appuntamento elettorale di marzo 2024 quando si terranno le elezioni amministrative. Per alleviare il peso della crisi, Erdogan ha alzato i salari minimi (a inizio maggio aveva annunciato un aumento dei salari dei dipendenti pubblici con un più 45% in busta paga ogni mese) e approvato diverse misure di sostegno del welfare, utili anche in passato per garantirsi il sostegno delle fasce meno abbienti della popolazione e in particolare delle donne più conservatrici, uno dei pilastri elettorali del presidente. I dati elettorali mostrano infatti che il presidente è riuscito a mantenere il pieno sostegno delle aree centrali del paese, quelle più rurali ed economicamente arretrate che costituiscono da sempre il suo principale bacino elettorale. 

La Turchia del Sultano Erdogan

La Turchia di Erdogan – Il ruolo dei media nelle elezioni 

Kiliçdaroğlu ed Erdogan si sono anche sfidati mettendo in campo disinformazione e manipolazione, in un Paese dove la libertà di stampa è sempre meno presente. Tra gli episodi più lampanti delle ultime settimane, la promessa di Kiliçdaroğlu di mandare a casa “10 milioni di profughi” in caso di vittoria, e un filmato manipolato e mostrato da Erdogan durante un comizio che mostra Murat Karayilan, uno dei fondatori del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), in un video della campagna elettorale di Kiliçdaroğlu. Mentre il leader di opposizione non ha chiarito a chi si riferisse precisamente – la Turchia ha circa 4 milioni di persone registrate come rifugiati, richiedenti asilo o sfollati, tra cui 3,5 milioni di siriani -, la dichiarazione si è decisamente allontanata dall’atteggiamento moderato di Kiliçdaroğlu assumendo caratteristiche nazionaliste. Tra estremismi e informazioni false, Erdogan ha volontariamente mostrato un video manipolato davanti a una folla di sostenitori chiedendo loro se avrebbero votato per un candidato vicino a una organizzazione considerata terroristica per l’Occidente, il PKK. Nel corso della campagna elettorale sono comunque state molte le differenze di spazio concesso ai due sfidanti sui media turchi: come riporta Reporters Without Borders secondo fonti interne al Consiglio supremo della radio e della televisione (RTÜK), tra il 1 aprile e il 1 maggio, Erdogan ha avuto esattamente 60 volte più copertura sul canale televisivo pubblico TRT Haber (TRT News) rispetto a Kiliçdaroğlu. Nel particolare, Erdogan è stato presente sulle reti della televisione pubblica per 32 ore contro i 32 minuti di Kiliçdaroğlu. A mettere un ulteriore bavaglio sull’informazione libera, in un panorama mediatico quasi interamente sotto il controllo del Governo, è stato il parlamento turco che il 12 ottobre 2022 ha approvato la cosiddetta “Legge sulla disinformazione” per rafforzare il controllo sulle piattaforme social e sui portali d’informazione criminalizzando la condivisione di informazioni ritenute “false”. La misura, introdotta con la scusa di combattere la disinformazione a pochi mesi dalle elezioni, autorizza ulteriormente la censura e silenzia le voci critiche: la normativa prevede infatti che chiunque diffonda informazioni “false” relative alla sicurezza interna ed esterna, all’ordine pubblico e alla salute pubblica col solo scopo di creare ansia, paura o panico tra la popolazione e in modo tale da disturbare la pace pubblica, può subire una condanna da un anno a tre anni di carcere. La libertà di stampa, un altro problema da aggiungere nella lista di Erdogan ma che sembra non interessare particolarmente il neoeletto presidente. 

(foto copertina LaPresse)

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La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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