La satira politica non fa più ridere

Davanti a migliaia di persone in Piazza Duomo a Milano la scorsa domenica la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha citato Cetto La Qualunque, il personaggio di fantasia del film “Qualunquemente” in cui l’attore Antonio Albanese interpreta un imprenditore corrotto e ignorante che torna in Italia dopo una lunga latitanza e si candida a sindaco della sua città. Meloni si affida a Cetto per criticare il reddito di cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà introdotta nel 2019 dal Movimento 5 Stelle come sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale. “Il reddito di cittadinanza è un provvedimento ingiusto per i giovani – ha dichiarato Meloni sul palco all’ombra del Duomo – dice stai a casa, non servi, non ho bisogno di te. Questa è una nazione fatta dai giovanissimi. Gli eroi del Risorgimento avevano 20 anni, abbiamo un bisogno disperato di giovani. È facile venire in piazza e dire vi do mille euro come Cetto Laqualunque, la politica seria non fa così”. Il lavoro giovanile, un punto saldo della politica classe ’77 che si serve di altri momenti semi comici per far breccia sul pubblico seduto davanti a lei. Per spiegare che Fratelli d’Italia chiederà una tassazione più adeguata per le aziende. Giorgia, come la chiamano tutti, racconta una barzelletta con protagonista l’Agenzia delle Entrate e un piccolo commerciante, breve ma dritta al punto. “L’agenzia delle Entrate si presenta in una pescheria e chiede al proprietario se abbia esposto fuori dal negozio un foglio dove ci sono scritti tutti i tipi di pesce che vende in latino – spiega alla folla Giorgia Meloni -. Il commerciante, incredulo, risponde di non avere il documento richiesto, inadempienza che gli costa una multa di 2.000 euro proprio da parte dell’Agenzia delle Entrate. È così che funziona in Italia”, conclude Meloni. Due parentesi comiche che non fanno fatica a rientrare nello spaccato della società italiana, e che si inseriscono in una cortissima campagna elettorale a colpi di barzellette, dirette social e satira.

AAA cercasi voti su TikTok

Da Carlo Calenda a Silvio Berlusconi passando per Giorgia Meloni e l’immancabile Matteo Salvini: su TikTok, la piattaforma cinese di ByteDance, non manca più nessuno, anche con una campagna elettorale agli sgoccioli. Per convincere i più giovani ad esprimere il loro voto, ha spiegato qualcuno, per avvicinarsi alla politica e capirla meglio, ha sottolineato qualcun altro. Perché «la barzelletta è terapeutica, elimina le distanze tra uno e l’altro, fa bene e pulisce il cervello – sorride Silvio Berlusconi come se si rivolgesse all’oltre mezzo milione di follower che aspettano con ansia un suo contenuto su TikTok -. E allora eccovi una barzelletta. Domani parleremo di programmi e di cose importanti, ma anche questo è molto importante. E allora una barzelletta su chi? Su Berlusconi: c’è un aereo in viaggio sull‘Atlantico, e nell’aereo ci sono Joe Biden, Vladimir Putin, Silvio Berlusconi, il Papa e un suo giovane assistente. A un certo momento i piloti si accorgono che per un errore tragico è stato riempito solo un serbatoio. Guardano i consumi e capiscono che entro cinque minuti l’aereo precipiterà nell‘oceano. E allora il pilota dice “Tiriamo fuori il paracadute”, prendono i primi due, se li mettono, e poi “Dai gli altri cinque agli altri”, “No guardi capo, ce ne sono rimasti solo quattro”, “E come mai?”, “E non so, c‘è stato un errore”.

“Eh va beh, dagli i quattro… Si arrangeranno loro”. Allora Biden afferra il primo e dice: “Questo tocca a me perché sono l’uomo più potente dell’Occidente“. Putin prende l’altro e dice: “Questo tocca a me perché sono l’uomo più potente dell’Oriente“. Berlusconi si fa avanti e dice: “Questo tocca a me perché sono il politico più intelligente del mondo”. L’assistente guarda il Papa e gli dice: “Santità ecco il suo paracadute”. Il Papa risponde: “No grazie caro, guarda, io sono vecchio, ho vissuto una vita lunga e felice, mettitelo tu”. “No ma guardi che ne sono rimasti due”. “E come mai?”. “Eh, perché il politico più intelligente del mondo si è buttato con il mio zainetto!». Neanche il tempo di concludere che il fondatore di Forza Italia domanda, “Vi piace? Benissimo. allora state attenti quando sarete sull’oceano che ci siano tutti i paracadute. Adesso vediamo di mettere un paracadute alla nostra Italia, che in questo momento non va tanto bene, ma la faremo andare bene, anzi la faremo andare meglio”. “Tik-tok-tak”, ripete Berlusconi, proprio come avrebbe preferito si chiamasse il social, “così è più completo, il nome!”, incalza sorridente, senza applausi ma ugualmente soddisfatto.

Il “Best Party” del sindaco punk

Si può diventare sindaco di una città senza promettere niente? Secondo il 34,7 percento dei cittadini di Reykjavik sì. E in fin dei conti ad aspettarselo c’era anche il suo frontman, Jón Gnarr, che dal 2010 al 2014 ha ricoperto la carica di sindaco della capitale islandese senza esser mai sceso in politica. Il comico, cabarettista e volto celebre della tv islandese è riuscito però a spiazzare tutti con il suo “Best Party”, il Partito migliore, con una comunicazione a misura di cittadino, un uso massiccio di YouTube e un programma a prova di insolite promesse elettorali. A far ridere è persino il fatto che “asciugamani gratis per tutti” fosse in cima alla lista e che “bus gratis per tutti” solo al punto numero 8, l’ultimo. Perché come scritto nell’appendice del programma elettorale, “possiamo promettere più di tutti gli altri partiti, tanto tradiremo ogni singolo promessa”. Quasi a non voler veramente sperare di vedere un orso polare allo zoo, un Parlamento senza droghe fino al 2020, una Disneyland con un ingresso gratuito a settimana per i disoccupati dove possono farsi fotografare con Pippo.

La satira politica non fa più ridere

Tutto messo per iscritto e votato dai cittadini, forse stanchi dei soliti politici. “La politica è dominata da uomini vecchi che si scambiano ritualmente bocconi avvelenati. Noi invece abbiamo puntato sulla nostra esperienza di vita, la sincerità e l’umorismo – aveva spiegato Heiða Helgadóttir, all’epoca alla guida della campagna elettorale -. E avevamo il candidato perfetto. Jón è un cabarettista: ha i tempi comici e capisce l’umore del pubblico. E ha una dote che è dei grandi politici: quella di sapere leggere le situazioni”. Una democrazia a tutto tondo raccontata anche in una serie tv intitolata “Il Sindaco” e recitata proprio da Gnarr. La favola punk made in Reykjavik è però durata poco, conclusasi a fine 2013 quando Gnarr ha annunciato che non si sarebbe ricandidato per il secondo mandato, nonostante i sondaggi per le elezioni di giugno 2014 che lo davano già in netto vantaggio. “Cari amici. Credo che sia giunto il momento. Per candidarmi di nuovo sarei dovuto diventare un politico, e io non lo sono. Sono semplicemente un comico”, aveva dichiarato il sindaco anarchico, giovane e tatuato. Un prestito alla politica per alcuni, una rivoluzione a tutto tondo per altri.

Beppe Grillo vs Volodymyr Zelensky

Un po’ come quella a 5 Stelle targata Beppe Grillo che nel 2009 dopo aver ispirato molte liste civiche, ha promosso la trasformazione del movimento nato dal suo blog in un movimento politico nazionale, il Movimento 5 Stelle. Da una satira corrosiva e pungente ai palazzi della politica, una scalata che in meno di 10 anni, nelle elezioni politiche del 2018, ha visto uno straordinario successo ottenendo più del 32% dei voti sia alla Camera che al Senato, risultando il primo partito seppur senza aver raggiunto la maggioranza assoluta per governare. Da un palcoscenico ad un’altra serie tv, “Sluha Narodu” (servitore del popolo), che nel 2015 ha fatto entrare nelle case degli ucraini un volto oggi tutt’altro che sconosciuto. Volodymyr Zelensky, Il comico di madrelingua russa che nella serie televisiva ha ricoperto proprio i panni di presidente ucraino, ha fatto di un personaggio la realtà. Da quando l’insegnante di liceo si ritrova eletto a sorpresa presidente dopo essere stato protagonista di un filmato virale in cui denunciava la corruzione del governo locale, alla guerra su larga scala contro la Russia, sono cambiate molte cose. Sulla scia del successo del programma, nel marzo 2018 nasce l’omonimo partito politico e la candidatura alle elezioni presidenziali (a soli 6 mesi dal voto).

La satira politica non fa più ridere

Tra le promesse, questa volta per davvero, combattere la corruzione, piaga del Paese, mai davvero estirpata. Dopo poco dall’elezione, sommerso dalle critiche della popolazione, il consenso di Zelensky si è risollevato con la guerra, scenario più spaventoso che nessuno avrebbe inserito in improbabili programmi elettorali. Neanche tra i candidati più punk. Tornando tra i confini italiani, mentre la campagna elettorale è ormai agli sgoccioli, Edoardo Ferrario, comico di professione, si è detto stanco di tutta questa comicità gratis lanciando la proposta di una patente per farlo. Tra le motivazioni, una situazione ridicola con lo sbarco dei politici su TikTok e una satira low cost. Secondo il cabarettista romano proprio i politici che adesso hanno scoperto i meme e si deridono da soli non parlano più di voti, ma di like e di cliccate. “Roba da Orwell”.

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La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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