Quasi un secolo fa, nella lontana Australia, si è consumata una grande ed epica battaglia, uno scontro passato alla storia
Il lessico bellico, come avranno notato sicuramente i lettori, è tornato al centro del discorso mediale e anche di quelli quotidiani, alimentati nell’opinione pubblica dai temi in agenda di testate giornalistiche, telegiornali e media companies in generale. Si tratta di un tipo di lessico ipertrofico che tende a quello aziendalistico, ma che sposta il campo di interesse dalla vendita di gadget dell’ultimo film Marvel a quello della distruzione serializzata di edifici, città, obiettivi e, soprattutto, esseri umani.
Nelle immani tragedie a cui stiamo assistendo, questo tipo di linguaggio, questa forza dell’espressione, risultano sempre più grotteschi, forzati, bulimici e, a tratti, surreali. Condizioni che possono essere associate a un fatto “militare” di quasi un secolo fa, che eleva la surrealtà e l’assurdità grottesca delle attività e del lessico militari al loro massimo grado.
Il riferimento alla “Guerra degli emù”, un’operazione militare lanciata dal governo australiano nell’autunno del 1932, e che sostanzialmente vide come schieramenti contrapposti, come si evince dalla pagina Wikipedia del fatto, da una parte i soldati della Royal Australian Artillery e dall’altra, be’, un gruppo di emù. Che sono degli animali, sì, una sorta di struzzi, col collo molto allungato e la testa molto piccola e sottile. Insolita contrapposizione, quella tra un reparto speciale dell’esercito australiano e, letteralmente, un gruppo di pseudostruzzi del Nuovo mondo.
L’inizio del conflitto
Il motivo per cui venne deciso fermamente dalle autorità australiane il ricorso alla forza militare fu essenzialmente legato al fatto che questi emù stavano distruggendo e razziando senza pietà le coltivazioni del distretto di Campion nell’Australia occidentale, situato nella cosiddetta “Wheatbelt” dell’Australia dell’Ovest. L’opinione pubblica locale iniziò a fare pressione per risolvere il problema causato da questi strani struzzi con la testa piccola, dotata – oltre che di occhi di un arancione affilato – di una simpatica cresta stile punk ’77, che, comunque (per una questione di coerenza e trasparenza deontologica dell’autore dell’articolo) potrebbe spingere effettivamente a simpatizzare più per gli emù che non per gli artiglieri australiani.
Comunque sia, il problema principale era legato al fatto che i simpatici pseudostruzzi, oltre a distruggere le colture dei contadini del distretto di Campion, sembrava si stessero riproducendo a un ritmo sempre più serrato, e secondo i contadini, si ricorda ai lettori di discendenza calvinista-puritana e per ciò stesso non ben disposti verso l’accettazione delle pratiche sessuali libere e spontanee, eccessivo.
In ogni caso, la combinazione della caduta libera del prezzo del grano in seguito alla Grande depressione del ’29, sommata all’arrivo di circa 20.000 emù nella regione sopracitata, spinsero le autorità ad ascoltare il grido di aiuto dei contadini, molti dei quali, tra l’altro, reduci del primo conflitto mondiale. Così, nell’ottobre del ’32, il maggiore Gwynydd Purves Wynne-Aubrey Meredith del 7° Reggimento di artiglieria pesante della già citata Royal Australian Artillery prese il comando dell’operazione militare, consapevole della storica e fondamentale impresa, nonché estremamente ardua, che il suo battaglione avrebbe dovuto portare a termine.
Il battaglione in questo caso era composto solamente da due valorosi soldati che avrebbero dato la propria vita per la causa della Patria libera da emù e da partigiani struzzofili di vario tipo: stiamo parlando naturalmente del sergente S. McMurray e del fuciliere J. O’Halloran, armati di fucili automatici Lewis e con circa 10.000 proiettili a disposizione.
Artiglieri VS emù
L’inizio dello scontro aperto fu inizialmente ritardato per ragione tattiche, ovverosia a causa di forti piogge che avevano disperso il “branco” di emù e che quindi avrebbero reso più complicato l’attacco da parte dei valorosi artiglieri del Commonwealth. Ma “seccare” 20.000 emù si scoprì essere un’impresa estremamente complessa. Il primo tentativo vide gli uomini marciare verso il distretto di Campion, dove erano stati avvistati numerosi esemplari, ma i Dromaius novaehollandiae, questo il nome scientifico degli avversari del Commonwealth australiano, riuscirono a dileguarsi, diventando bersagli molto difficili da colpire.
Ci fu poi l’idea del maggiore Meredith di tendere un’imboscata agli uccelli presso una diga della zona, dove ne erano stati avvistati migliaia. Questa volta il maggiore, il sergente e il fuciliere riuscirono a uccidere 12 temibili nemici, tuttavia subentrò un errore tecnico piuttosto grossolano che sventò la buona riuscita dell’operazione: le armi si incepparono, dando il tempo al nemico di disperdersi e di riorganizzarsi.
Diciamo pure che il 7° reparto d’artiglieria pesante non stava proprio facendo una figura degna di questo nome. Meredith decise allora di provare il tutto per tutto, per dimostrare il valore e l’impeto guerresco della Royal Australian Artillery e fece così montare una mitragliatrice pesante su un automezzo, con l’obiettivo di falcidiare in questo modo centinaia e centinaia di nemici senza incontrare la benché minima resistenza.
Tuttavia, anche questo brillante piano del maggiore Meredith andò in fumo, e la strategia da lui messa in atto si rivelò violentemente inefficace: infatti, gli uccelli bipedi correvano con un’accelerazione di gran lunga maggiore rispetto a quella dell’automezzo militare, e così finì che il mitragliere appollaiato sopra al veicolo sparò solamente qualche colpo al cielo. I risultati dell’operazione, insomma, furono largamente negativi: alcune stime sostenevano che gli uccelli uccisi da Meredith & co. fossero una cinquantina, secondo altre testimonianze si arrivava invece anche a 200 o 500 esemplari. Nulla, in confronto ai 20.000 esemplari comparsi nel distretto del Campion e intenti ad affondare spietatamente il settore primario agricolo dell’economia australiana.
Il battaglione del maggiore Meredith venne quindi congedato, senza che comunque risultassero vittime militari da parte australiana nel confronto. Per difendere la sua posizione, Meredith sostenne che gli emù erano l’avversario più temibile che l’esercito australiano avesse mai affrontato, arrivando addirittura a dichiarare, nel 1953, al Sunday Herald, che la loro tenacia era paragonabile a quella della tribù guerriera indigena degli Zulu:
Se avessimo una divisione militare con la resistenza ai proiettili di questi uccelli saremmo capaci di confrontarci con ogni esercito del mondo… Possono affrontare le pallottole con la robustezza di un carro armato. Sono come degli Zulu che non possono essere arrestati nemmeno dai proiettili ad espansione.
Maggiore Gwynydd Purves Wynne-Aubrey Meredith, del 7° Reggimento di artiglieria pesante della Royal Australian Artillery
Risultò infatti chiaro che gli emù avevano anche una pelle estremamente spessa e resistente, una sorta di guaina antiproiettile incorporata che, di fatto, rendeva i mezzi automatici pesanti d’assalto non la migliore scelta offensiva possibile, oltre a correre molto velocemente sui terreni accidentati che conoscono estremamente bene, essendo in grado dunque di dileguarsi prima che i colpi dei mitraglieri potessero raggiungerli.
Il battaglione del maggiore Meredith torna alla carica
Comunque, gli attacchi alle coltivazioni di grano ricominciarono presto dopo la ritirata del maggiore Meredith e questo spinse il governo a dare una seconda possibilità al battaglione. Tornati in prima linea, Meredith e compagni furono in grado di eliminare circa 986 emù tra il 12 novembre e il 10 dicembre, sparando una media di 10 cartucce per uccisione, anche se alcuni resoconti militari sostengono che i materiali bellici utilizzati fossero stati molti di più.
Sarà ormai chiaro ai lettori che le operazioni del maggiore Meredith furono completamente infruttuose, relativamente molto costose per l’esercito e il governo australiani e soprattutto non riuscirono mai veramente ad arrivare all’obiettivo primigenio: la protezione delle terre coltivate nel distretto di Campion.
Alla fine della fiera, gli emù vennero dichiarati vincitori e l’esercito australiano dovette accettare la sonora sconfitta che i parenti degli struzzi erano stati in grado di infliggergli, grazie alla loro velocità, astuzia, resistenza e coordinamento. Una delle poche volte che i colonizzati sono stati veramente in grado di respingere i colonizzatori. Ad oggi non risulta chiaro se siano mai stati firmati trattati di pace o quantomeno di non belligeranza tra le due fazioni.