La “Loi immigration” che mette nei guai Macron

La nuova legge sull’immigrazione francese ha diviso l’opinione pubblica e le istituzioni

La Francia è alle prese con una nuova riforma, l’ennesima che ha diviso il Paese. Dopo quella discussissima delle pensioni che ha portato l’intera nazione in piazza per mesi, arriva quella sull’immigrazione. La loi immigration ha diviso l’opinione pubblica e le istituzioni. È stata descritta dalla sinistra come “un’infamia”, “una vergogna assoluta”, e dall’estrema destra “una vittoria ideologica” secondo le parole della leader del Rassemblement National, Marine Le Pen.

Emmanuel Macron nei guai per la riforma sull'immigrazione
Il presidente francese Emmanuel Macron nel mirino della critica per la riforma sull’immigrazione (LaPresse) – ilMillimetro.ti

Una riforma sia contestata che largamente apprezzata. Per entrambe le fazioni è una lotta identitaria che va incontro alle proprie esigenze politiche. La sinistra contesterà ed erigerà un muro, la destra canterà gloria e si farà portatrice di un successo agli occhi dei suoi elettori. Le conseguenze più svantaggiose invece le subirà inevitabilmente il presidente Emmanuel Macron, colpevole di aver tradito i valori con cui è stato eletto non solo di fronte all’opinione pubblica, ma agli occhi dei suoi stessi deputati.

La marcia verso la riforma

I primi passi della riforma sono stati compiuti a partire dall’autunno del 2022. Il 2 novembre, durante una conferenza stampa congiunta, il ministro degli Interni Gérald Darmanin e quello del Lavoro Olivier Dussopt, hanno reso nota una sintesi del nuovo progetto di legge riguardante l’immigrazione. I due hanno dichiarato un inasprimento della linea sulle espulsioni di immigrati clandestini e hanno proposto un nuovo titolo di soggiorno per regolarizzare i clandestini che lavorano in professioni in cui c’è carenza di manodopera. “Gentile con le persone gentili, cattivo con le persone cattive”, così ha commentato il ministro degli Interni.

Come la Francia è giunta alla riforma dell'immigrazione
Riforma dell’immigrazione in Francia – ilMillimetro

Da marzo 2023, durante il culmine delle proteste contro la riforma delle pensioni, il testo è passato in esame alla cosiddetta commission des Lois ovvero una delle otto commissioni permanenti dell’Assemblea nazionale francese. Già le prime reazioni hanno lasciato presagire il peggio. Il partito di Macron si è spaccato, la sinistra ha criticato e la destra ha chiesto che venisse discusso ulteriormente per inasprire ancora di più le disposizioni. Così il presidente ha tentennato, ha rielaborato il testo per poi decidere di lasciare tutto nelle mani di Darmanin, rimasto ormai solo sul palco per difendere la riforma così come era stata proposta, ovvero un giusto compromesso, a detta sua, tra un maggiore controllo dell’immigrazione e una migliore integrazione. Darmanin non voleva cedere di fronte a una destra decisa ad alzare la posta. Sono stati i repubblicani (Les Républicains) a presentare le loro proposte. I loro tre leader Bruno Retailleau, Eric Ciotti e Olivier Marleix, hanno addirittura minacciato di far cadere il governo se le proposte non fossero state introdotte nel testo.

La svolta dell’11 dicembre

A mano a mano, consultazione dopo consultazione, la destra è rimasta irremovibile e Darmanin ha iniziato a cedere su alcuni punti fino ad arrivare all’11 dicembre, quando il disegno di legge è passato all’Assemblea nazionale che ha adottato una mozione di rifiuto preventiva con i voti di tutti, della sinistra, dei repubblicani e dell’estrema destra. La sua approvazione ha comportato l’interruzione dell’esame del testo prima ancora di affrontare gli articoli in merito. L’esecutivo non se l’aspettava. Il governo di Macron si è quindi ritrovato più isolato che mai ricevendo una durissima sconfitta politica che ha messo in dubbio tutto il suo operato. Gérald Darmanin ha così chiesto le dimissioni, fermamente respinte dal presidente e la prima ministra Elisabeth Borne è stata incaricata di trovare un compromesso e di portare avanti quante più trattative possibili con i repubblicani.

A dicembre la svolta con l'approvazione della riforma
La svolta per la riforma è arrivata a dicembre – ilMillimetro.it

È stata quindi convocata una commissione mista (Cmp), che normalmente riunisce deputati e senatori col compito di risanare il persistente disaccordo tra le assemblee e trovare un compromesso. “Abbiamo deciso di convocare rapidamente una commissione mista per cercare di raggiungere un accordo su questo testo, che deve essere in grado di trovare una maggioranza sia al Senato che all’Assemblea Nazionale”, ha commentato la Borne. Il risultato di tutto questo iter caotico e frenetico è arrivato la sera del 19 dicembre. Il disegno di legge è stato approvato dalla Cmp adottando la nuova versione e facendo un passo a destra rispetto alla bozza iniziale del governo.

Il testo è stato votato con 349 deputati a favore, alcuni del partito del presidente e 88 del Rassemblement National di Marine Le Pen, e 189 contro, tra questi molti dei deputati di Macron aprendo così un’enorme crisi politica in seno alla Macronie, dove alcuni dei suoi ministri e deputati hanno annunciato le dimissioni. Adesso, prima che la legge venga definitivamente approvata ed entri in vigori ci sono ulteriori passaggi, uno dei quali il passaggio al Consiglio costituzionale per assicurarsi che il testo non violi norme costituzionali. Infatti il governo ha già espresso dubbi su alcune misure. La stessa Élisabeth Borne ha riconosciuto e dichiarato che è probabile che ci siano delle disposizioni sulle quali hanno espresso ai repubblicani, i fautori dell’inasprimento del testo, dubbi sulla loro costituzionalità.

Cosa prevede la riforma

Ma cosa prevede la nuova riforma e perché ha spaccato le istituzioni? “Pour contrôler l’immigration, améliorer l’intégration”, “Per controllare l’immigrazione e migliorare l’integrazione”, così il Senato scrive nella pubblicazione del progetto di legge. Il testo prevede una netta rottura con il sistema di welfare attivo fino a ora nei confronti degli immigrati, sistema che prevede un largo bacino di aiuti e sostegni che iniziano a pesare sulle casse dello stato. I punti principali riguardano la restrizione dei benefici, la regolarizzazione delle persone prive di documenti, la revoca della cittadinanza e molto altro. È stata introdotta una quota massima di stranieri ammessi nel Paese, così come la revoca della cittadinanza per coloro che sono stati condannati per omicidio intenzionale contro qualsiasi persona in una posizione di pubblica autorità.

Cosa prevede la riforma sull'immigrazione francese
La riforma prevede una netta rottura con il sistema di welfare attivo fino a ora nei confronti degli immigrati (LaPresse) – ilMillimetro.it

Saranno resi più difficili i ricongiungimenti familiari poiché i richiedenti dovranno risiedere in Francia per 24 mesi, contro i 18 precedenti e dimostrare di avere risorse necessarie e un’assicurazione sanitaria. La cittadinanza sarà più complicata da ottenere per chi nasce sul territorio da genitori stranieri poiché non sarà più concessa automaticamente ma se ne dovrà fare richiesta tra i 16 e i 18 anni. I sussidi sociali e le cure ospedaliere non saranno più garantite come prima e vi sarà una riduzione di diritti di welfare per gli immigrati che sono nel Paese da meno di cinque anni o che vi lavorano da almeno 30 mesi. Sarà possibile escludere gli immigrati privi di documenti dagli alloggi di emergenza. La riforma mette quindi in discussione principi repubblicani fondamentali come l’uguaglianza dei diritti sociali e lo jus soli e le Ong e i sindacati hanno denunciato il testo come il più regressivo degli ultimi 40 anni.

Opinione pubblica e istituzioni

Questa riforma segna per molti il punto di non ritorno di una Macronie che già aveva iniziato a scricchiolare negli anni ma che adesso si è definitivamente sgretolata. I valori con cui era nata hanno perso riscontro nella realtà, tra le righe di questo testo. Non sono solo i contenuti la metafora della decadenza morale contro cui si è schiantato il suo partito, ma anche e soprattutto il tradimento nei confronti del suo elettorato, proprio quell’elettorato che lo aveva scelto per sfuggire all’estrema destra della Le Pen con la quale adesso condivide una delle riforme più importanti degli ultimi anni. Una riforma, quella dell’immigrazione, ispirata dall’estrema destra e approvata in fretta e furia, in preda al panico e sotto le continue pressioni della droite. È infatti la prima volta in quarant’anni in cui il dibattito politico francese si è concentrato sull’immigrazione, che un governo ha mostrato un così alto grado di compromesso con forze che raccolgono voti proprio grazie alla “lotta” contro gli stranieri. Questa riforma è diventata un depliant dei valori del Rassemblement National.

Opinione pubblica divisa sul tema dei migranti
Cambio di atteggiamento della Francia nei confronti dei migranti (LaPresse) – ilMillimetro.it

Macron ha così rinunciato a tutto. Alla moderazione che aveva sin da subito sventolato vittorioso nel 2017, ai valori che dice di sostenere, alla coerenza delle sue azioni politiche e all’unità della sua maggioranza e dei suoi “fedeli” che adesso in massa stanno rassegnando le dimissioni. Infatti 5 dei suoi ministri hanno minacciato di dimettersi. Si tratta dei ministri di Ricerca, Industria, Cultura, Trasporti e Sanità, rispettivamente Sylvie Retailleau, Roland Lescure, Rima Abdul Malak, Clément Beaune, Aurélien Rousseau. Anche il presidente della commissione per il diritto, Sacha Houlié, ha disertato astenendosi o votando contro. La stessa Yaël Braun-Pivet, presidente dell’assemblea nazionale e membro di lunga data di Renaissance ha ammesso in un’intervista che “la maggioranza sta attraversando un momento piuttosto doloroso”. Uno sconvolgimento interno che fa presagire un rimpasto sostanzioso, ma soprattutto una rottura definitiva, sia politica che morale.

Le conseguenze sono già visibili e iniziano a saltare le prime teste. Il 9 gennaio la prima ministra Élisabeth Borne ha dato le dimissioni e al suo posto è subentrato Gabriel Attal, il “baby Macron”, ministro dell’Istruzione e fedelissimo del presidente. Si tratta del più giovane primo ministro della storia francese, scelto da Macron per la sua audacia e per la sua fedeltà al partito. La strada adesso è tutta da modificare. L’ultimo mese ha decretato un calo della fiducia allarmante nei confronti del presidente che ora ha uno stacco di soli dieci punti dalla sua rivale Marine Le Pen. C’è ancora da capire se questo avvicinamento alle idee e ai principi di destra sia una strategia per prendere più voti in vista delle elezioni europee o se è semplicemente il frutto di una caotica situazione all’interno della maggioranza. Quel che è certo è che la tempesta scatenata da questi mesi lascerà dei segni duraturi.

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La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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