La fenomenologia del vocabolario berlusconiano

Su Berlusconi si è scritto tutto, soprattutto nelle ultime 24 ore da quando le agenzie hanno battuto la notizia della sua morte a Milano, alle 9:30 di ieri mattina presso l’Ospedale San Raffaele dove era ricoverato da venerdì scorso per accertamenti legati alla leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva da tempo. Si è scritto e si è visto tutto, soprattutto in televisione, ma non solo nella “sua” rete, anche se proprio su quella da lui fondata, Mediaset, la programmazione è stata completamente stravolta per rendergli omaggio. Dal calcio ai processi (36), dalla politica all’imprenditoria fino al cambiamento della comunicazione e dei media italiani arrivando a creare un nuovo linguaggio fatto di slogan, marketing, barzellette e battute. Un fenomeno creato da semplificatore, seppur complesso ed esportato anche all’estero. Il cinema, l’editoria, i talk televisivi lo hanno raccontato, criticato e ricordato ampiamente, e il suo corpo è diventato quello della nostra cultura di massa recente in grado di caratterizzare l’Italia degli ultimi trent’anni. 

La fenomenologia del vocabolario berlusconiano

La fenomenologia del vocabolario berlusconiano – Il linguaggio

È riuscito a inventare metafore e vocaboli mai sentiti prima nel vocabolario politico-giornalistico italiano, ha fatto del berlusconismo non solo un neologismo utilizzato nel linguaggio del giornalismo e della sociologia politica, tanto da essere, secondo Treccani, sia come il movimento di pensiero e il fenomeno sociale e di costume suscitato da Silvio Berlusconi e dal movimento politico da lui fondato, che come la concezione liberistica dell’economia, del mercato e della politica sostenuta da Silvio Berlusconi. Prima di Berlusconi, i politici si candidavano senza realmente “scendere in campo”; il ribaltone veniva per lo più usato letteralmente per quello che era, ovvero come uno scossone violento o un ribaltamento (il termine giornalistico “ribaltone” fu coniato all’inizio dell’era Berlusconi in occasione del “tradimento” leghista quando alla fine del 1994 Umberto Bossi rompe l’alleanza con il Cavaliere votando in seguito a favore del successivo governo tecnico guidato da Lamberto Dini e sostenuto dal centro-sinistra con l’appoggio leghista); l’espressione “bunga bunga” non era quella diventata nota nel 2010 per indicare i festini a sfondo erotico-sessuale che si svolgevano nelle ville dell’allora Presidente del Consiglio italiano (la parola è attestata a partire dal diciannovesimo secolo prevalentemente come toponimo dell’Australia o come usanza aborigena della stessa nazione). 

La fenomenologia del vocabolario berlusconiano

E gli slogan come trait d’union tra marketing e politica non così all’ordine del giorno prima che Berlusconi si presentasse agli italiani: all’inizio degli anni Novanta il linguaggio del Cavaliere fu prima uno shock e poi un enorme successo; la sua idea conteneva più di un messaggio politico, quello che la società civile era meglio di quella politica. Un oratore impeccabile fin dalle prime apparizioni in tv, lo sguardo fisso nella telecamera, la postura fiera e una retorica rintracciata in diversi aspetti: il lessico, la narrazione, le figure retoriche di cui si è sempre servito, la costruzione del suo personaggio, l’identificazione e il suo corpo. Insieme alla ripetizione di concetti di base e il dono della ridondanza. È così che il “miracolo italiano” diventa parte integrante della comunicazione berlusconiana diretta alle persone, alla gente “normale”, fatta anche di numerosi ricorsi ad aneddoti e gaffes, ma anche di riferimenti che provengono dal mondo militare – la trincea della vita e del lavoro –, e a quello sportivo, “il nostro è un governo da record”, ripeterà spesso. Tra le innumerevoli analisi condotte su un numero di interventi del leader quando era alla guida dell’Italia, le dieci parole più frequenti nei discorsi del Cavaliere ci consegnano molto di più di parole sparse qua e là, ma una strategia ben precisa: il Governo, termine più utilizzato e seguito da Stato, Noi, Paese, libertà, credere, cittadino, fare, sinistra e, infine, lavoro

La fenomenologia del vocabolario berlusconiano – Raccontare Berlusconi 

Sono cambiati tutti i palinsesti per cercare di raccontare la vita di Berlusconi, da Mediaset a Rai passando per La7: lo Speciale Tg5 è andato in onda dalla mattina al tardo pomeriggio, ripreso dalle 20:00 a mezzanotte, nessuna interruzione pubblicitaria e in simulcast su Retequattro e Tgcom24. In serata un omaggio a Berlusconi a cura di Toni Capuozzo, dal titolo “Caro presidente… ti saluto” sempre in simultanea sulle tre reti generaliste. Dalle 21:00 “I mille volti di Berlusconi”  (così il titolo dello speciale Tg La7) sono tutti di Enrico Mentana, mentre su Rai1 è andata avanti una lunga puntata di “Porta a Porta” dopo un intero Tg1 delle 13:30 (finito alle 14:25 anziché alle 14:00) dedicato alla morte di Berlusconi, uno speciale Tg1 del mattino ripreso dalle 16:00 alle 17:00, l’approfondimento del Tg2, dalle 17:10 alle 19:00, e con il Tg3, impegnato su Berlusconi dalle 14:20 alle 16:00. Sky Sport Calcio ha dedicato la programmazione alla storia del Milan di Silvio Berlusconi, mentre Sky TG24 alla figura in toto dell’ex Presidente del Consiglio

La fenomenologia del vocabolario berlusconiano

Oltre alla tv sono innumerevoli i documentari, film, serie e libri che hanno raccontato Silvio Berlusconi, tra la giovinezza e l’infanzia, l’estro imprenditoriale, la famiglia, gli amori, gli scandali,  i processi, gli eccessi e le passioni. Tra i tanti, Vincenzo Susca e Alberto Abruzzese hanno raccontato nel 2004 i dieci anni dall’ingresso sulla scena politica di Silvio Berlusconi con “Tutto è Berlusconi. Radici, metafore e destinazione del tempo nuovo”. Due anni più tardi nella pellicola di Nanni Moretti c’è Bruno, produttore di film trash che si ritrova a leggere un copione dal titolo “Il caimano”, la storia di Berlusconi. E poi il mix tra finzione e realtà di Paolo Sorrentino in “Loro” uscito nel 2018; il libro “My way. Berlusconi si racconta a Friedman”, il frutto di più di un anno di interviste che il giornalista Alan Friedman intrattiene con Berlusconi, la sua famiglia e tutto quello che ruota intorno alla macchina politica. Un dialogo diventato nel 2016 anche un documentario con immagini inedite e interviste a colleghi e amici in un ritratto che non tralascia alcuni degli scandali che hanno reso turbolenta la scena politica italiana per più di vent’anni.

La fenomenologia del vocabolario berlusconiano – Le barzellette, le storielle e il “Tik-Tok-tak” 

“Abbiamo trovato un allenatore bravo, gentile, capace di stimolare i nostri ragazzi. Anche io ho messo una stimolazione in più ai giocatori. Se vincete con una di queste grandi squadre, vi faccio arrivare nello spogliatoio un pullman di tr**”. È Silvio Berlusconi a pronunciare la ‘battuta’ alla cena di Natale del 2022 all’U-Power Stadium di Monza con gli sponsor e la prima squadra. Il video, oltre ad aver fatto il giro del web, si aggiunge alla lunga lista delle ‘storielle’ raccontate dal Cavaliere di Arcore, incluse le irriverenti, imbarazzanti, a sfondo sessuale, ma anche quelle che lo vedevano protagonista, da sempre le sue preferite. Un must la barzelletta del commendator Bestetti, “la conoscete? È fondamentale…” diceva divertito, quella sul sindaco leghista che per concedere la cittadinanza a un orientale lo sottopone a un test sui proverbi italiani, e poi la storiella sulle donne svedesi e il Viagra che il fondatore di Forza Italia usò in risposta alla domanda su cosa pensasse di Greta Thunberg. «La barzelletta è terapeutica, elimina le distanze tra uno e l’altro, fa bene e pulisce il cervello – diceva sorridente lo scorso settembre in uno dei tanti video condivisi su TikTok prima delle elezioni politiche –. E allora eccovi una barzelletta. Domani parleremo di programmi e di cose importanti, ma anche questo è molto importante. E allora una barzelletta su chi? Su Berlusconi: c’è un aereo in viaggio sull’Atlantico, e nell’aereo ci sono Joe Biden, Vladimir Putin, Silvio Berlusconi, il Papa e un suo giovane assistente. A un certo momento i piloti si accorgono che per un errore tragico è stato riempito solo un serbatoio. Guardano i consumi e capiscono che entro cinque minuti l’aereo precipiterà nell’oceano.

E allora il pilota dice “Tiriamo fuori il paracadute”, prendono i primi due, se li mettono, e poi “Dai gli altri cinque agli altri”, “No guardi capo, ce ne sono rimasti solo quattro”, “E come mai?”, “E non so, c’è stato un errore”. “Eh va beh, dagli i quattro… Si arrangeranno loro”. Allora Biden afferra il primo e dice: “Questo tocca a me perché sono l’uomo più potente dell’Occidente”. Putin prende l’altro e dice: “Questo tocca a me perché sono l’uomo più potente dell’Oriente”. Berlusconi si fa avanti e dice: “Questo tocca a me perché sono il politico più intelligente del mondo”. L’assistente guarda il Papa e gli dice: “Santità ecco il suo paracadute”. Il Papa risponde: “No grazie caro, guarda, io sono vecchio, ho vissuto una vita lunga e felice, mettitelo tu”. “No ma guardi che ne sono rimasti due”. “E come mai?”. “Eh, perché il politico più intelligente del mondo si è buttato con il mio zainetto!». Neanche il tempo di concludere che il fondatore di Forza Italia domanda, “Vi piace? Benissimo. Allora state attenti quando sarete sull’oceano che ci siano tutti i paracadute. Adesso vediamo di mettere un paracadute alla nostra Italia, che in questo momento non va tanto bene, ma la faremo andare bene, anzi la faremo andare meglio”. “Tik-tok-tak”, ripete Berlusconi, proprio come avrebbe preferito si chiamasse il social, “così è più completo, il nome!”, incalza sorridente, senza applausi ma ugualmente soddisfatto. Diverso da quel primo messaggio televisivo del 26 gennaio 1994 in cui dichiarava di scendere in campo e di occuparsi della cosa pubblica per non vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare. Ma pur sempre irriverente e sfacciato come le sue ‘storielle’. 

(foto copertina LaPresse)

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