A fine pasto, i controllori aspettano qualche minuto. Uno dei due si diverte a fare sempre la stessa battuta: «Tu non sei quello del mese scorso, ve’?».
Che in Russia i dissidenti se la rischino ormai è assodato. Ma se la rischiano anche alcune persone che lavorano per il governo. L’assaggiatore di Putin, per esempio. C’è una persona che tutti i giorni deve assaggiare il cibo prima che lo mangi il Presidente. Per capire se è avvelenato oppure no. È uno stranissimo mestiere, se ci si pensa. Per chi lavora, quello del pranzo è un momento di piacere, di rilassamento. Per lui meno. All’arrivo del primo piatto è già molto sudato. Due controllori di fronte a lui lo guardano, sorridenti, senza dire niente. Devono solo accertarsi che mangi e l’effetto che gli fa. Se ha le convulsioni, se diventa verde, o semplicemente se muore. E se è andato tutto bene, l’assaggiatore deve affrontare il secondo. Spesso pericolosissime polpette. Il Presidente, mannaggia a lui, ha una passione per le polpette. Poi c’è il dolce, ma soprattutto il caffè. Molti assaggiatori di Putin sul caffè ci hanno lasciato le penne. A fine pasto, i controllori aspettano qualche minuto. Uno dei due si diverte a fare sempre la stessa battuta: «Tu non sei quello del mese scorso, ve’?».
Ma dentro al Cremlino l’assaggiatore non è il solo a vivere in ansia e a rischiarsela: ci sono anche i sosia. Di Putin. Sono cinque, sono come agenti segreti, devono essere pronti per qualsiasi evenienza, soprattutto a morire. C’è un comizio dove si prevede un attentato? Per sicurezza si manda uno dei sosia. In Cecenia si inaugura una scuola? Ci va il sosia numero cinque. E se poi gli sparano, poco male. Anzi, il regime avrà un motivo in più per una torsione autoritaria. Ogni volta che si sente puzza di bruciato, tocca a uno di loro.
Ma è proprio per questo che un giorno è cambiata la storia. Per un enorme malinteso.
È successo a Vladivostok. Putin doveva parlare con alcuni militari locali e per stare sereno si è portato appresso tre sosia. Snasando un pericolo, all’ultimo ha mandato all’incontro uno dei tre scelto a caso, senza avvertire nemmeno quelli della sicurezza. E Putin c’aveva preso, perché appena il sosia arriva davanti al microfono gli sparano, ma lo lisciano. Le guardie del corpo lo mettono subito in sicurezza, dando per scontato che sia il Putin vero. A fine serata, il Putin vero va dalle sue guardie del corpo e comincia a dare loro istruzioni. Ma a sorpresa si prende un ceffone. Appena Vladimir prova a protestare, ne prende un altro. «Tornatene nella stanzetta dei sosia insieme agli altri due. Anzi, vedi di dimagrire che manco gli somigli più tanto. Stai in campana, che è un attimo che te cacciamo dai sosia», gli dice il capo della scorta. Il vero Putin diventa rosso, vorrebbe spaccare tutto ma sa che fine fanno i sosia che si lamentano. Lui stesso ha ordinato di buttarli nell’umido. Quindi si avvia a testa china verso la stanzetta dei sosia. Appena entrato, gli altri due sosia lo guardano. Uno dei due gli fissa gli zigomi: «Oh, ma che te sei fatto il botox?». Nello stanzino, Vladimir Putin guarda con odio i suoi due sosia.
Il sosia miracolato di Putin
Nel frattempo, il sosia miracolato viene trattato in tutto e per tutto come se fosse il Presidente e fa finta di niente. La situazione gli piace molto. Era un fabbro che somigliava parecchio a Putin e, per arrotondare, faceva il sosia ai compleanni e ai matrimoni. Un giorno i servizi segreti lo hanno avvicinato e gli hanno detto: «Me sa che ce servi».
E ora sta lì, nel suo ufficio al Cremlino, Presidente del più vasto Paese al mondo, con i piedi sul tavolo della sua scrivania.
E decide di fare il matto.
Occhio, non è che il Putin originale (ormai chiamato sosia numero tre) non fosse uno sciroccato… ma in confronto al suo sosia era uno statista molto equilibrato. Il sosia Presidente ha il pallino dei sosia. Ha fatto licenziare il suo assaggiatore personale e ha preteso, non si sa perché, che venisse sostituito da un sosia. Ha fatto ammazzare il noioso Medvedev e ci ha piazzato il sosia, molto meno moderato e mezzo matto (fateci caso, il Medvedev Presidente di allora non è la stessa persona dello psicolabile che parla tutti i giorni di Terza guerra mondiale).
E a una festa con tutti i sosia riuniti, tra fiumi di alcol, gli è venuta anche l’idea dell’invasione dell’Ucraina. All’ennesimo brindisi, il sosia Presidente si rivolge alzando il calice a tutti i sosia invitati: «Una cosa importante. Non la chiameremo mai “guerra” ma “operazione militare speciale”». Per un momento in sala cala il silenzio, tutti si fanno seri. Ma poi, di colpo, giù risate. Anche il sosia Presidente ride forte. L’unico di cattivo umore è il sosia numero tre, il Putin vero. Che a un certo punto si avvicina al sosia Presidente per dirgli le sue perplessità: «Me la so’ studiata, non è detto che in Ucraina si vinca in due settimane. E poi mi sa che ci si rivolta tutto il mondo contro». Il sosia Presidente guarda Putin con disprezzo e gli sussurra a bassa voce: «Oh, Vladimir, tu mi devi dimagrire, che mi somigli sempre di meno». E gli ride in faccia.
Oggi che sono passati due anni dall’inizio dell’operazione speciale, il sosia Presidente ricorda quella splendida serata alla sua segretaria. E lei, audace, gli fa presente che sono morti trecentomila ragazzi. Il sosia Presidente non ci può credere: «Ma veramente ci sei cascata pure te? Guarda che al fronte ho mandato solo i sosia dei soldati».