La censura sul sabotaggio dei gasdotti

«Sono stati gli ucraini? E allora non se ne parla più, funziona così…»

«Il sabotaggio in Francia è il più serio attacco alle infrastrutture civili UE finora avvenuto». È questo il titolo al commento che il direttore de la Repubblica, Maurizio Molinari, ha dedicato, con grande sprezzo del ridicolo, all’attacco alla rete ferroviaria TGV la notte precedente alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi parigine. D’altro canto, allora iniziavano a circolare i primi indiziati: ecoterroristi, jihadisti e, ovviamente, la Russia.

Tutto quello che c'è da sapere sul sabotaggio
Un dipinto raffigurante i gasdotti Nord Stream (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Molinari, probabilmente, ha pensato bene di portarsi avanti con le pratiche. Se per caso fossero emerse responsabilità russe, magari un commando di sabotatori, incaricato direttamente da Putin in una stanza segreta del Cremlino, avrebbe potuto rammentare a tutti l’eccezionalità dell’attacco.  Purtroppo per lui non ci sono prove del coinvolgimento russo nei sabotaggi in Francia, al contrario, più che prove ci sono ormai certezze sulle responsabilità ucraine nel sabotaggio dei gasdotti nel Baltico.

Corsi e ricorsi storici

Ricapitoliamo la storia, anche perché ci aiuta a comprendere l’ipocrisia delle classi dirigenti (compresa quella giornalistica) europee. Il 27 settembre 2022 il Nord Stream 1 e il Nord Stream 2, gasdotti (il primo in funzione da anni, il secondo ultimato ma mai messo in funzione) realizzati per trasportare gas russo in Europa passando per la Germania, sono stati sabotati. Quello sì che è stato il più serio attacco alle infrastrutture civili europee mai avvenuto.

"Sono stati gli ucraini? E allora è meglio non parlarne..."
Lakhta Centre, sede centrale del monopolista russo del gas Gazprom a San Pietroburgo (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Nonostante fosse altamente improbabile il coinvolgimento di Mosca nell’attacco (i russi avrebbero potuto chiudere i rubinetti del gas a loro piacimento), una parte consistente della stampa e della politica del Vecchio Continente ha – a volte velatamente e a volte meno – incolpato il Cremlino. Chiunque osava sostenere l’assurdità di tale tesi o si prendeva la briga di ricordare una serie di fatti avvenuti nei mesi precedenti era bollato come “complottista” o amico di Putin. Il solito giochetto. 

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