In Russia si combatte sull’obiezione di coscienza

Obiezione di coscienza, ovvero rifiuto di adempiere all’obbligo militare, qualsiasi ne sia il motivo. Un diritto, quello di sottrarsi alla leva militare, riconosciuto tale anche dalle Nazioni Unite quando nel 1987 la Commissione per i diritti umani dell’Onu dichiarò l’obiezione di coscienza al servizio militare proprio un diritto dell’uomo, il quale può quindi aiutare la collettività prestando un servizio di tipo civile, invitando tutti gli Stati membri a contemplare questa possibilità. Un diritto per alcuni, spesso regolamentato da leggi interne (in Italia, prima dell’abolizione del servizio di leva, era in vigore la legge num. 230 dell’8 luglio 1998), ma anche un privilegio per altri, non così scontato da ottenere. È il caso della Russia (e in Ucraina seppur in modo diverso) dove, dal febbraio scorso nonostante l’obiezione di coscienza all’obbligo militare non sia un reato, chi si è appellato alla risoluzione riconosciuta nella Costituzione dal 1993, è stato rinchiuso e anche torturato. A quasi un anno dall’inizio della guerra su larga scala in Ucraina, non è ancora chiaro quanti russi siano stati chiamati alle armi, e quanti si siano rifiutati di farlo. Chi ha potuto, è scappato all’estero, chi è rimasto, è partito verso l’Ucraina, altri hanno detto no alle armi pagandone illegalmente le conseguenze.

In Russia si combatte sull'obiezione di coscienza

Obiezione di coscienza: la situazione in Russia

In Russia il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare è riconosciuto nella Costituzione dal 1993, insieme ad una garanzia contenuta nell’articolo 59, paragrafo 3, quella di poter svolgere un servizio civile alternativo. Sulla base della decisione della Corte costituzionale della Federazione Russa del 22 maggio 1996, l’obiezione di coscienza al servizio militare non ha mai costituito un corpus delicti (un reato), persino in assenza di una legge sul servizio civile alternativo – il rispetto per il diritto del cittadino all’obiezione di coscienza e la rapida introduzione di un servizio civile alternativo sono state nel 1996 due delle condizioni fondamentali per l’accoglimento della Russia fra gli Stati membri del Consiglio d’Europa. Anche se la legge, in questi mesi, non è stata sempre rispettata: “Il problema è soprattutto per gli obiettori che sono andati a combattere in Ucraina”, spiega a il Millimetro Aleksander Belik, avvocato di 25 anni originario di una cittadina vicino a Yekaterinburg, e coordinatore del Movimento degli obiettori di coscienza russi.

Nato nel 2017, il movimento è cresciuto a dismisura con l’inizio dell’operazione militare speciale in Russia e la mobilitazione parziale dello scorso ottobre, passando da un migliaio di iscritti a quasi 55.000 solo sul canale Telegram in meno di un anno. “Ci sono campi di detenzione in cui i soldati che si rifiutano di combattere in Ucraina vengono rinchiusi e torturati”, spiega Aleksandr.  Dopo gli studi in legge a San Pietroburgo l’idea di tornare a vivere a Yekaterinburg, principale centro industriale e culturale della regione degli Urali, “è un posto bello e dinamico – racconta Aleksandr -, ma poi è scoppiata la guerra e ho dovuto ripensare alla mia scelta”. Parla dall’Europa, dove è scappato la scorsa primavera e da dove continua ad aiutare gli obiettori di coscienza: “anni fa in pochi sapevano di avere questo diritto in Russia, oggi la consapevolezza è diversa”. Perché nonostante la propaganda di Stato, sono tanti i russi che si sono opposti alla guerra e alle armi, e che hanno denunciato le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere al fronte. Uno dei tanti video pubblicati dal canale Telegram russo Astra il 22 ottobre scorso mostra la situazione di alcuni soldati a Rubizhne, città strategica vicino a Luhansk, occupata dall’esercito russo a maggio. “È così che viviamo, è così che usiamo il bagno”, dice l’uomo che registra il video, sollevando il coperchio di un secchio bianco con un liquido giallastro visibile al suo interno.

Si sente solo la sua voce mentre riprende e avverte gli altri soldati di nascondere i loro volti per non essere riconosciuti; poi continua, “è così che dormiamo, che mangiamo. Abbiamo solo questa stanza, completamente umida, come se fossimo dei senzatetto. Questa è la vita in una detenzione militare”. Campi illegali non facili da tracciare e impossibili da denunciare al Governo russo, “abbiamo volontari del Movimento in Ucraina – continua Aleksandr -, l’unica cosa che possiamo fare è cercare di far rispettare la legge, per questo siamo presenti solo sul territorio russo”. In questi mesi però i problemi giudiziari non hanno coinvolto soltanto i soldati al fronte: i procedimenti penali sono in corso anche contro centinaia di obiettori di coscienza, ma non per essersi rifiutati di andare a combattere ma per aver esplicitato il loro dissenso alla guerra. Dai social network alle proteste pacifiche in luoghi pubblici, fino alla distribuzione di stampa e adesivi contro il conflitto, considerati clandestini.

Obiezione di coscienza: mobilitazione e pubblicità

“Diventa un volontario! Cambia la tua vita!” recitava la didascalia di un annuncio pubblicitario rivolto alle possibili prossime reclute russe: tra le offerte, una retribuzione superiore alla media, riduzione di debiti, status sociale e altri incentivi, principalmente finanziari. Per Mosca, infatti, chi si arruola nell’esercito russo è un patriota e un vero uomo dai sani principi morali, è un’alternativa positiva alla povertà, alla depressione e alla vodka. Dopo aver dichiarato la mobilitazione parziale di 300.000 uomini lo scorso settembre per combattere in Ucraina, in un incontro svoltosi a novembre con alcune madri dei soldati, Vladimir Putin aveva detto che sarebbe stato meglio morire combattendo per la patria piuttosto che bere vodka fino alla morte. In aggiunta alle migliaia di coscritti chiamati a combattere direttamente dal Presidente russo lo scorso autunno, in queste settimane secondo il vicecapo dei servizi segreti di Kiev, Vadym Skibitsky, Mosca si starebbe preparando a mobilitare altri 500.000 uomini. Numeri che non trovano una verifica ufficiale da parte del Cremlino tantomeno dagli alti funzionari del Ministero della Difesa russo, tra gli ultimi cambi al vertice e il discredito dell’esercito. Puntando proprio al riscatto sociale che si conquisterebbe con l’arruolamento.

In Russia si combatte sull'obiezione di coscienza

In uno degli spot trasmessi sulla televisione di stato a dicembre, si vede un giovane che decide di arruolarsi invece di divertirsi ad un party con i suoi amici; tempo dopo si presenta agli stessi con una macchina di grossa cilindrata che può permettersi grazie ai soldi guadagnati sotto contratto nell’esercito. In un altro, il protagonista è un ragazzo scoraggiato e triste per essere stato lasciato dalla sua fidanzata ma che grazie alla coscrizione riesce finalmente a riconquistare la donna. Difendere la patria a tutti i costi, anche a quello di entrare a far parte del Gruppo di mercenari privati indipendente Wagner, impiegato per la prima volta durante l’inizio della guerra del Donbass con un ristretto numero di uomini, operando in aiuto delle forze separatiste delle auto-proclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk dal 2014 al 2015. Ma è da febbraio 2022 che con il conflitto su larga scala il coinvolgimento del Gruppo è aumentato a dismisura, tanto da vantare, secondo le stime degli Stati Uniti, circa 50.000 uomini. E da esserne sempre di più alla ricerca: “L’Orchestra ‘W’ ti aspetta”, recita in russo un cartellone simil pubblicitario avvistato in Russia, insieme ad un numero di telefono da contattare e da un sito internet da consultare. Per attirare chi, ancora, crede nella guerra.

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