Proteico, gustoso e sostenibile, tra dieci o vent’anni potrebbe essere venduto in tutto il mondo
La forma non cambia. Ciò che cambia è il suo aspetto, perché è naturalmente rosa. Il riso di manzo, e non al manzo, tra dieci o venti anni potrebbe essere sulle tavole di milioni di persone e venduto nei supermercati di tutto il mondo.
Scetticismo di molti a parte, questo alimento – al momento prodotto in piccolissima scala e frutto di un esperimento in laboratorio – potrebbe essere il cibo del futuro, garantendo sapore, gusto e benessere. L’innovazione, che si presta a sconvolgere il panorama agroalimentare internazionale, arriva dalla Corea del Sud. Scopo del progetto degli ideatori, scienziati della Yonsei University di Seul, è quello di proporre sul mercato un cereale proteico costituito da cellule di muscolo e grasso animale impiantate nel chicco.
Si tratta, quindi, di una sorta di super “boost” a un alimento che di per sé è già molto nutriente, oltre a essere il cereale in assoluto più consumato dalla popolazione umana e alimento principale per circa la metà degli esseri viventi sul pianeta Terra.
Cellule animali inserite nel chicco di riso
“Il riso ha già un alto livello di nutrienti, ma l’aggiunta di cellule provenienti dal bestiame può aumentarlo ulteriormente”, ha spiegato Sohyeon Park, primo autore del metodo di produzione del riso di manzo, illustrato e descritto nella rivista Matter. Ma perché è stato scelto proprio questo cereale per impiantarvi delle cellule animali?
La ragione risiede nel fatto che il chicco di riso ha una particolare struttura, porosa, con basi solide adatte a ospitare le cellule di origine animale negli angoli e nelle fessure. Inoltre, dagli esperimenti nei laboratori coreani è emerso che, alcune specifiche molecole di cui il riso è composto, possono perfino nutrire e contribuire alla crescita delle cellule animali che ospitano.
Per arrivare a tali conclusioni, tuttavia, c’è stata prima una lunga fase sperimentale in cui gli scienziati hanno rivestito una determinata quantità di chicchi con della gelatina di pesce che proteggesse la superficie esterna. Successivamente, le cellule staminali di grasso e muscolo di mucca sono state seminate nel riso e lasciate in coltura in una particolare piastra per una decina di giorni, fino a ottenere un prodotto considerato soddisfacente.
Precedentemente, infatti, gli scienziati avevano condotto lo stesso esperimento su modelli differenti, per esempio utilizzando la soia. Provando a infondere i semi di soia con cellule di carne animale, si erano però accorti che l’impalcatura cellulare di questo cereale era troppo grande, e quindi i consumatori non avrebbero potuto percepire, nel prodotto finale, una consistenza simile alla carne.
Benefici sull’ambiente, sulla salute e sul portafoglio
“È stato creato un nuovo ingrediente alimentare in grado di superare la crisi alimentare dell’umanità”, si legge nello studio in cui viene spiegato che le nuove soluzioni sono fondamentali per superare “le crescenti preoccupazioni per la salute, i rischi di malattie infettive, il cambiamento climatico e la scarsità di risorse”. Quali sono, appunto, i reali benefici di questo nuovo cibo? Partiamo dalle sue proprietà nutrizionali: il riso di manzo ha l’8% in più di proteine e il 7% in più di grassi rispetto al cereale normale. L’odore e il gusto variano a seconda della tipologia di cellula animale introdotta.
In generale, i risultati degli esperimenti hanno dimostrato che i chicchi ibridi con un contenuto muscolare più elevato danno luogo a un alimento dal tipico odore di manzo e di mandorle. Quei chicchi che invece sono costituiti da cellule animali dal maggior apporto di grassi hanno un tipico odore di olio, burro o panna. Per quanto riguarda invece il processo produttivo, è qui che si riscontrano più vantaggi.
L’impronta di carbonio che deriva dalla produzione del riso di manzo è significativamente inferiore rispetto alla produzione di carne da bestiame, che richiede ingenti quantità di acqua e rilascia importanti quantità di gas serra. Gli scienziati coreani hanno spiegato che, per ogni 100 g di proteine prodotte, si stima che il riso ibrido rilasci meno di 6,27 kg di CO2, mentre la carne bovina ne rilascia 49,89 kg. Se commercializzato, il riso ibrido potrebbe costare circa 2,23 dollari al chilogrammo, mentre la carne bovina viene mediamente 14,88 dollari. Dunque, un prodotto a minore impatto ambientale a un prezzo più conveniente.
Scopo del team di Seul è quello di arrivare a fare a meno degli allevamenti intensivi. Come? Sviluppando una linea cellulare, ovvero cellule che possono continuare a dividersi e crescere per lunghi periodi di tempo, così, ha spiegato l’autore Park: “Possiamo ottenere le nostre cellule senza l’allevamento del bestiame. Dopodiché, potremo creare un sistema alimentare sostenibile”. Dunque, anche se le cellule staminali utilizzate per il processo vengono estratte da animali vivi, esse possono proliferare indefinitamente e non richiedono la macellazione degli animali.
C’è poi il fronte della sicurezza alimentare. Sars, Ebola, Zika, Mers, infezioni da Escherichia coli, Campylobacter e Salmonella, oltre che influenza aviaria e suina, sono solo alcune delle malattie che proliferano negli allevamenti intensivi e che costituiscono un’importante minaccia per la salute dell’uomo. È chiaro che coltivare un alimento proteico in laboratorio riduce notevolmente il rischio della diffusione di questi virus e malattie.
I rischi per la sicurezza alimentare sono pressoché azzerati o quanto meno controllati più facilmente. La buona riuscita dell’esperimento ha aperto una serie di scenari che potrebbero rivoluzionare parte dell’industria alimentare. Lo stesso Park ha ammesso di non aspettarsi che le cellule di manzo potessero crescere così bene nel riso e che ciò ha aperto un mondo di possibilità per quanto riguarda altri possibili alimenti ibridi a base di cereali. Alimenti che, secondo lo scienziato coreano, ”un giorno potrebbe servire come cibo di soccorso per le carestie, razioni militari o persino cibo spaziale”.
Una sfida per il mercato globale
La sfida degli scienziati coreani non è semplice e il risultato non è garantito. Va ricordato che già diversi prodotti ibridi innovativi hanno suscitato scalpore per poi rivelarsi dei veri e propri flop. Tra tutti Beyond Meat, l’azienda californiana che produce sostituti per la carne e prodotti caseari a base di vegetali che, dopo un debutto sul mercato di grande successo nel 2019, ha visto le sue entrate crollare drasticamente anche a causa di una forte riduzione dell’interesse da parte degli investitori.
Il primo hamburger coltivato in laboratorio risale invece al 2013 e solo nel 2020, a Singapore, è stata permessa per la prima volta la vendita in commercio di crocchette di pollo coltivate in laboratorio. L’industria dei prodotti alternativi, quindi, è già attiva da oltre un decennio sebbene riscontri una serie di scogli tecnici e pratici che le impediscono di decollare.
Uno degli ostacoli maggiori, per questi tipi di alimenti ibridi, rimane la loro appetibilità. Arriveremo mai a desiderare e a provare gusto nel mangiare un prodotto creato in laboratorio? La risposta spaventa gli scienziati coreani che, seppur ottimisti, sono consapevoli della difficoltà della loro impresa. Con la speranza di migliorare la consistenza e il gusto del riso, i ricercatori della Yonsei University sono tuttora impegnati nell’implementare e nel migliorare il processo di produzione, in modo che le cellule possano crescere ancor meglio nel chicco di riso e generare, di conseguenza, un valore nutritivo e qualitativo dell’alimento più elevato.
Il riso di manzo che arriva dai laboratori della Sud Corea, seppur non ancora prodotto in larga scala, rimane tuttavia un esempio virtuoso che mostra quanto, grazie alla scienza, sia possibile introdurre delle alternative alla carne che non siano carenti in termini nutrizionali e che siano mirate a un’importante riduzione delle emissioni di gas serra, in particolare quelle generate dagli allevamenti di bestiame. Secondo i dati delle Nazioni Unite, i sistemi di allevamento costituiscono oggi il 12% delle emissioni totali causate dall’uomo e sono responsabili dell’immissione di 6,2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera ogni anno.
Serve ancora parecchio tempo per migliorare il gusto e l’appetibilità di questi alimenti ibridi, per superare i vari ostacoli normativi e burocratici e per diffonderne le tecniche e i processi di produzione a livello internazionale. Eppure, il sistema agro-alimentare si dimostra permeabile e continuano a nascere nuove idee: la food designer londinese Leyu Li ha proposto tre prodotti innovativi (al momento si tratta solo di un progetto non ancora divenuto realtà) che consistono in verdure ibride a base di carne. Il dibattito sul tema del cibo prodotto in laboratorio è destinato a divenire sempre più acceso.