L’attacco israeliano a Damasco, lo sciame di missili e droni iraniani su Israele e l’ombra di una guerra aperta: cosa sta succedendo e cosa dobbiamo aspettarci
Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno fatto sprofondare il mondo in una spirale di tensione senza precedenti. La “guerra ombra” tra Iran e Israele è ora svelata.
La linea rossa oltrepassata da Tel Aviv a Damasco non poteva che essere ripagata con la stessa moneta, spingendo Teheran verso un confine mai raggiunto prima, mostrando il braccio di ferro. Il rischio di un’escalation è possibile, ma è tutto nella mani di Israele e di come risponderà, se risponderà.
L’attacco israeliano alla sede diplomatica iraniana a Damasco
Partiamo dal principio. L’attacco iraniano su Israele non è arrivato a caso. Il 1° aprile un bombardamento aereo israeliano ha centrato l’edificio del consolato iraniano e l’adiacente ambasciata in una via trafficata del centro di Damasco, in Siria. Il bombardamento ha completamente distrutto il complesso diplomatico e ucciso 16 persone, incluso il generale delle guardie della rivoluzione islamica, Mohammad Reza Zahedi, e il suo vice, Mohamad Hadi Hajriahimi. Tra i morti anche miliziani siriani, otto iraniani e un membro di Hezbollah. Pur non avendo rivendicato l’attacco, Israele ha più volte dichiarato di avere nel mirino le basi di gruppi militanti alleati della Repubblica Islamica. E questa volta è toccato a Damasco. Da anni Tel Aviv agisce quasi indisturbata in Siria, senza mai rivendicare gli attacchi. Dura è stata la risposta arrivata da Teheran.
L’ayatollah Ali Khamenei ha dichiarato che Israele sarà punito. “Il malvagio regime sionista sarà punito dai nostri uomini coraggiosi. Faremo in modo che si pentano di questo e di altri crimini simili, con il potere e la forza di Dio”, si leggeva nel messaggio pubblicato sul suo sito web ufficiale. L’ayatollah aveva inoltre dichiarato responsabili gli Stati Uniti poiché primi sostenitori di Israele e della sua forza militare. L’attacco israeliano ha allertato la Casa Bianca, che ha prontamente assicurato la Repubblica islamica di non essere minimamente coinvolta nell’attacco e di non essere stata nemmeno informata preventivamente. Nelle ultime settimane gli Stati Uniti stanno cercando di dialogare quanto più possibile con tutti gli attori regionali per scongiurare una pericolosa escalation. Tra gli interlocutori proprio l’Iran. L’attacco israeliano è una linea rossa invalicabile che ha fatto tremare il mondo intero, conoscendo le probabili ritorsioni iraniane.
La notte che ha cambiato tutto
Colpire un’ambasciata di un Paese membro delle Nazioni Unite, violando quindi le norme internazionali che vedono le sedi diplomatiche internazionali come luoghi intoccabili, porta necessariamente a una dura risposta. Per attaccare Israele, l’Iran opera attraverso attori terzi, quali gli Houthi in Yemen, Hezbollah in Libano e Hamas nella Striscia di Gaza. La gravità del bombardamento israeliano ha però reso plausibile un diretto coinvolgimento iraniano. L’attacco con droni avvenuto alla base statunitense di Al-Tanf, nel Sud della Siria, già nel pomeriggio del 1° aprile è stato un preludio di quello che sarebbe successo di lì a poco. Nel tardo pomeriggio del 12 aprile, gli 007 americani avevano dato la notizia di un imminente attacco iraniano sul territorio israeliano. L’Iran stava già dispiegando le prime armi. Si trattava di centinaia di droni e missili. La tensione è salita in tutto il globo, nonostante gli appelli da ogni governo alla calma. Alta la voce di Biden, che, rivolgendosi all’Iran, ha detto “non farlo”. Nelle prime ore della notte del 13 sopra i cieli iracheni si sono visti sorvolare droni diretti verso Israele.
Giordania, Iraq e Siria hanno chiuso lo spazio aereo. Tel Aviv dichiarava che in poche ore i missili e i droni avrebbero raggiunto il suo territorio. Un attacco insolito, che ha visto il dispiegamento di tecnologie avanzate e tecniche innovative. Per primi sono partiti i droni Mohajer-10. Poi i missili da crociera e, per ultimi, sono partiti i micidiali missili ipersonici Seiji, Haj Qasem e Kheibar, che impiegano solo dieci minuti a schiantarsi e sono difficili da intercettare. Simultaneamente, si sono mosse le forze di Hezbollah nel Sud del Libano e gli Houthi in Yemen, lanciando raffiche di razzi verso Israele. In aiuto di Tel Aviv sono arrivati Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna con caccia, f18 e jet. Ore di tensioni e una lunga notte che hanno tenuto col fiato sospeso il mondo intero. L’attacco è durato in tutto cinque ore, le ore totali che impiegano i droni ad arrivare a destinazione. Secondo gli USA il numero di droni e missili lanciati dall’Iran sarebbero stati tra i 400 e i 500. Un numero impressionante, che ha messo a dura prova uno dei sistemi di intercettazione più sofisticato al mondo. Israele, con la sua avanzata tecnologia e forte di anni di attacchi da parte di Hamas, è riuscito a distruggere il 99% dei droni e missili. Centosettanta droni non avrebbero nemmeno varcato il confine israeliano. Anche 25 dei 30 missili da crociera sono stati abbattuti oltre il confine. 120 i missili balistici lanciati e solo alcuni di loro sono riusciti ad aggirare le difese israeliane, tra questi un drone arrivato alla base aerea di Nevatim, nel Sud del Paese. Nessun morto, solo qualche ferito, tra i quali una bambina di 7 anni nell’area di Arad. A Teheran il Parlamento ha esultato e le piazze si sono riempite di manifestanti e scritte che recitano “il prossimo schiaffo sarà più feroce”. Diversa invece la reazione nel resto del mondo. Gli Stati Uniti hanno condannato l’azione iraniana ma si sono astenuti da un possibile coinvolgimento israeliano per una ritorsione. “Non cerchiamo un conflitto con l’Iran”, ha dichiarato Lloyd Austin, ministro della Difesa americano. Biden ha aggiunto che gli Stati Uniti “non sosterranno Israele in un attacco contro l’Iran”. Anche la Cina chiede alle parti di rimanere “calme ed esercitare moderazione”.
La stessa Russia si è detta estremamente preoccupata per gli attacchi iraniani a Israele e ha invitato tutte le parti alla moderazione. La Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha definito l’attacco iraniano una “grave escalation”. Ha dichiarato che l’UE ha condannato gli attacchi missilistici e con i droni e che “continuerà a lavorare per ridurre l’escalation e impedire che la situazione si trasformi in un ulteriore spargimento di sangue”. Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha detto “no a una nuova escalation”. Solo Israele sembra voglia andare nella direzione opposta. “Negli ultimi anni, e soprattutto nelle ultime settimane, ci siamo preparati per un possibile attacco da parte dell’Iran. Siamo pronti per ogni tipo di scenario. Ho stabilito un chiaro principio: chiunque ci colpisca, noi lo colpiremo”. Queste le parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu alla nazione dopo l’attacco iraniano. “Insieme resteremo in piedi e insieme vinceremo tutti i nostri nemici”, ha concluso. Un discorso che lascia intravedere una possibile ritorsione. Cosa succederà adesso? È così vicina una guerra aperta tra i due Paesi? L’intera regione e quindi il mondo saranno coinvolti?
E ora che succede?
Per l’Iran le ragioni dell’attacco sono chiare: Israele ha attaccato l’ambasciata, la risposta deve essere ugualmente grave. Bombardare una sede diplomatica è, per l’extraterritorialità, un diretto attacco al territorio di uno Stato sovrano. L’attacco di sabato notte secondo Teheran, rientra quindi nell’esercizio del diritto all’autodifesa stabilito dall’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, che sancisce il diritto di autotutela individuale o collettiva in caso di attacco militare. All’indomani dell’offensiva, l’ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite, Amir Saeid, ha dichiarato che Teheran ha raggiunto il suo obiettivo e che “la questione è chiusa”. Nelle serata del 14 c’è stata una riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU. A convocarla è stata Malta, presidente di turno del Consiglio. A intervenire non solo il segretario generale dell’ONU António Guterres, che ha condannato l’attacco iraniano ricordando la responsabilità israeliana per il bombardamento a Damasco, ma anche Iran e Israele. L’ambasciatore israeliano Gilad Erdan ha dichiarato che “il regime iraniano non è diverso dal Terzo Reich e l’ayatollah Ali Khamenei non è diverso da Hitler”, aggiungendo che “il mondo deve schierarsi contro l’Iran. Dobbiamo batterci e la sola opzione possibile è utilizzare tutti i mezzi che abbiamo perché paghino per questi crimini e reati orribili il giusto prezzo”. L’Iran, attraverso il suo rappresentante Amir-Saeid Iravani, ha mantenuto la sua ferma posizione: “La Repubblica islamica dell’Iran non ha avuto altra scelta che esercitare il suo diritto all’autodifesa. Qui non c’è nessuna guerra per procura e noi non vogliamo un’escalation del conflitto”.
La forza iraniana è stata dimostrata, adesso non ci sono dubbi: Israele non può più uscire illeso da ogni azione militare che intraprende contro i suoi vicini e nemici. Per Teheran questa è stata una prova di forza e un ammonimento che però rimane fine a se stesso in caso di non risposta da parte israeliana. Da parte iraniana la partita è chiusa qua. Una risposta chiara, concisa ma soprattutto telefonatissima. Per 14 giorni, dopo la distruzione del consolato a Damasco, Teheran ha ininterrottamente lanciato messaggi di guerra, lasciando intendere che qualcosa di grosso stava per arrivare. Inoltre, gli Stati Uniti erano stati avvisati. Infatti l’Iran ha dichiarato di aver avvertito la Casa Bianca dell’imminente attacco, specificando che non sarebbero stati presi di mira obiettivi civili né aree economiche popolate, solo basi militari e governative. In secondo luogo la consapevolezza della poca efficacia dell’operazione. L’Iron Dome, il sistema d’arma mobile per la difesa antimissile israeliano, è tra i più sviluppati ed efficienti al mondo. Un successo militare, così come il raggiungimento di obiettivi specifici, erano largamente difficili da raggiungere e Teheran ne era assolutamente consapevole. Lo scontro tra Iran e Israele, definita “guerra ombra”, è adesso uscita allo scoperto. Se questo porterà a una reale guerra aperta, con operazioni militari su larga scala, spetta a Israele deciderlo, unico attore che sembra volere uno scontro a tutti gli effetti.