Kurdistan, il narcotraffico in Medio Oriente

Nel centro culturale di Choman due ragazzini entrano entusiasti per la lezione di musica. Il centro è stato aperto per promuovere la cultura e la musica di questo territorio, perché bisogna andare al di là della guerra e pensare anche alla storia e alle tradizioni che rischiano di essere dimenticate. Siamo nel Kurdistan iracheno, molto vicini al confine con l’Iran. Il paesaggio montuoso regala scorci scenografici in tutte le stagioni. A due ore di macchina verso ovest, nella città di Erbil, ci sono 46°; qui, invece, una temperata estate con piacevoli brezze. In questo contesto idilliaco, però, la storia recente è una lunga cronologia di attacchi e pericoli: “Se saliamo sulle montagne per vedere i percorsi dove solitamente ci sono i pattugliamenti non esporti troppo, capita che ci siano cecchini iraniani pronti a colpire”. La situazione è complicata, solamente lo scorso settembre l’Iran ha accusato vari movimenti curdi di aver alimentato proteste e foraggiato milizie in contrasto con il governo di Teheran. Le accuse sono rivolte principalmente al PDKI (Partito Democratico del Kurdistan Iraniano) che, come partigiani d’altri tempi, su quelle montagne combattono e vengono colpiti dall’esercito iraniano. Questa terra di confine per la sua conformità è anche diventato il teatro di una guerra parallela, quella al narcotraffico: sentieri di montagna e strade secondarie sono utilizzate per far arrivare all’interno dell’Iraq la metanfetamina Crystal, prodotta principalmente in Iran, e anche l’eroina, che da queste parti continua ad avere un suo importante mercato. Il Kurdistan iracheno ha avuto un ruolo fondamentale nella guerra del 2003 e, in questi ultimi, due anni è il valico principale che deve fermare il flusso del narcotraffico dalla Siria e dall’Iran. Le forze di polizia della narcotici della regione del Kurdistan hanno recentemente annunciato che oltre 940 persone sono state arrestate negli ultimi cinque mesi di quest’anno per traffico di droga. Le forze di sicurezza curde hanno inasprito le misure ai valichi di frontiera e nei centri urbani. Di recente hanno lanciato un’incursione nei bar e nei ristoranti della capitale Erbil, dove molto probabilmente lo spaccio avviene nei tantissimi caffè della città. I sequestri in Iraq hanno numeri impressionanti e non serve vedere nell’ultimo anno, è sufficiente soffermarsi sull’ultimo mese: il 28 giugno scorso, 250mila pasticche di Captagon sono state trovate nel territorio curdo iracheno nei pressi di una scuola nella regione di Anbar, il 24 luglio un milione di pasticche sono state sequestrate a Baghdad, la capitale. In tutto questo, però, le forze residue legate all’Isis continuano a minacciare le aree curde in Iraq, ed è tremendamente difficile coordinare due guerre parallele, quella del terrorismo e quella del narcotraffico. In Siria, nel territorio Rojava, queste dinamiche sono persino più intense. Le forze YPG (Unità di protezione Popolare) non hanno gli stessi mezzi che hanno nel Kurdistan iracheno e la minaccia principale è uno degli eserciti più equipaggiati al mondo: la Turchia. Nel fragile confine siriano-turco, nell’area di Qamishli, negli ultimi mesi le forze turche hanno attaccato e colpito varie volte soldati curdi, utilizzando principalmente droni, gli stessi che il governo di Erdoğan vende a Kiev e che hanno permesso all’Azerbaijan di annientare l’esercito armeno del Nagorno nella guerra avvenuta nel 2020.

Kurdistan, il narcotraffico in Medio Oriente
Foto di Alfredo Bosco

Il Kurdistan e il narcotraffico in Medio Oriente – Tra guerre e droghe

Solo nelle ultime settimane ci sono stati circa quaranta bombardamenti dell’artiglieria turca nelle zone di Efrin e Sehba. Dal suo ingresso nel conflitto siriano nell’ottobre 2019, la Turchia ha stipulato due accordi di “cessate il fuoco”, con la Russia e gli Stati Uniti come Stati garanti. Questi accordi prevedevano la cessazione delle ostilità e richiedevano alle forze curde di ritirarsi a 32 chilometri dal confine turco. Molto probabilmente, però, con la lente del mondo posta sull’Ucraina, Erdoğan ha deciso che ci fossero le possibilità per agire senza gravi conseguenze. “È un problema pattugliare e contrastare il narcotraffico, i nostri uomini sono preziosi per mantenere la stabilità sul nostro territorio e ultimamente li stiamo esponendo agli attacchi insensati dei turchi mentre cercano di sequestrare il Captagon oppure semplicemente indagare sulle tratte”. Queste le parole del colonnello Hassan, adesso a capo anche delle operazioni di narcotraffico mentre siamo a Qamishli. Gli chiedo intanto come pensano di gestire questa guerra parallela alla guerra civile siriana nel territorio Rojava e mi risponde: “Dal 26 giugno del 2022 abbiamo arrestato 521 persone che sono tuttora indagate e 60 di loro sono trafficanti che possiamo definire importanti. Solo di Captagon, qui a Qamishli, abbiamo sequestrato 840mila pasticche, ma devi immaginare che tutto è molto difficile, fondamentale per noi è la rete d’informazioni che abbiamo con i civili, alcuni vogliono essere pagati, altri lo fanno a titolo gratuito, ma senza queste notizie è difficilissimo trovare il Captagon nei magazzini o nelle abitazioni private dove è nascosto […] Il governo di Damasco si sta dimostrando stranamente debole con i trafficanti, ma è ovvio per tutti che i maggiori laboratori vengano da lì […] Ma non abbiamo gli stessi mezzi del governo iracheno che si sta impegnando notevolmente, noi non abbiamo droni da ricognizione, polizia specializzata in questo tipo di operazioni e solo negli ultimi due anni stiamo capendo tante delle strategie per far muovere la droga nel nostro territorio.” Il dazio pagato da parte dei curdi durante la guerra civile siriana non viene contemplato e questa regione del Nord-est si ritrova quindi sotto il fuoco della Turchia, nonostante siano gli unici a poter garantire stabilità in una terra martoriata da anni. Nella confusione, quindi, il narcotraffico si evolve e sedimenta le proprie radici. Durante il colloquio con il colonnello Hassan, lui mi chiede del narcotraffico in Messico e si incupisce quando sottolineo che, purtroppo, laggiù è una guerra senza fronti: gli amici possono essere i tuoi nemici, la corruzione si estende come un’epidemia e chi dovrebbe rappresentare lo Stato, magari, è già da anni nel libro paga di cartelli e gruppi criminali. Sa dove voglio arrivare con il mio discorso ma in questo momento, con i droni turchi che minacciano i suoi uomini, è convinto che le forze YPG siano molto unite come sempre.

Kurdistan, il narcotraffico in Medio Oriente
Foto di Alfredo Bosco

Il Kurdistan e il narcotraffico in Medio Oriente – Un fenomeno in espansione

Tornato dalla Siria, a Erbil noto che sono poche le strutture adibite alla disintossicazione, il problema risulta ancora troppo nuovo e non ci sono particolari investimenti sul tema, a differenza di quello che sta facendo il governo iracheno, che ha aperto – solo negli ultimi tre mesi – nuovi centri sovvenzionati a livello statale. Ed è proprio salendo sulle montagne al confine con l’Iran che ci si rende conto di quanto il territorio sia predisposto al narcotraffico, la vista verso Choman ti permette di notare come i sentieri si perdano dietro piccole vallate e sbuchino di nuovo nella strada principale numero tre, che porta proprio verso Erbil. Da lì si possono far partire diversi carichi, sai che alcuni saranno fermati e sequestrati ma gli altri poi, proprio da Erbil, potranno ridividersi ed essere distribuiti verso sud. Il Crystal nel mercato iracheno si sta consolidando ed è paragonabile all’effetto del Fentanyl negli Stati Uniti. I giovani iracheni, sconvolti dal trauma della guerra, l’incertezza verso il futuro e la depressione cercano un rifugio in questa metanfetamina; anche il tramadolo, un antidolorifico oppioide, è molto richiesto e i numeri dei sequestri sono aumentati nell’ultimo anno. Sul monte Hasan le truppe curde sorvegliano di notte il territorio, a 2500 metri, in una base infestata da ragni del deserto, per 300 chilometri devono tenere il controllo della strada numero tre, una tecnologia specializzata sarebbe fondamentale ma la priorità rimane l’integrità del Kurdistan, anche se il rischio che il narcotraffico si consolidi e i gruppi criminali inizino a produrre direttamente in Iraq è molto probabile. Proprio la settimana scorsa, le forze di sicurezza irachene hanno effettuato quello che è stato etichettato come il primo sequestro del Paese di un laboratorio di Captagon nella provincia di Muthanna. Il laboratorio è stato sequestrato in un’operazione congiunta tra la Forza di risposta rapida e la Direzione generale per il controllo degli stupefacenti. Sono stati sequestrati almeno 27,5 chilogrammi di pillole.

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La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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