Le fasce sottorappresentate della popolazione sono le prime a trarne vantaggio
Nel Regno Unito le chiamano Talking Therapies, e con almeno un inglese su quattro che soffre di un disturbo mentale, questi trattamenti, il più delle volte, restano nuovi con cartellino. A meno che non esistano modalità di accesso alle cure basate sull’intelligenza artificiale che, nell’ambito della salute mentale, abbattono una barriera che si preferisce guardare da lontano: il giudizio.
Sono ancora tante le persone che faticano ad ammettere una loro condizione di difficoltà per paura di sembrare diverse o deboli; ma anche dall’altra parte della barriera, la situazione è vicina al crollo. Nel Regno Unito non ci sono abbastanza professionisti, le liste di attesa sono lunghe: prima che il National Health Service (NHS) completi la valutazione clinica di un paziente passano in media 22 giorni.
Le Talking Therapies possono essere di diversi tipi – due tra le più note, la terapia cognitivo-comportamentale e la terapia di coppia – e sono erogate gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale inglese, che non è mai stato così vulnerabile come dall’anno scorso: ci sono stati scioperi a più riprese da parte di medici e specializzandi (junior doctors) a causa degli stipendi troppo bassi e della difficoltà nel gestire liste di attesa così lunghe.
Dal 3 al 9 gennaio di quest’anno i junior doctors della British Medical Association hanno organizzato lo sciopero più lungo di tutta la storia del National Health Service (NSH). Le conseguenze hanno penalizzato le oltre 6 milioni di persone nelle liste di attesa britanniche, con il rinvio di visite e soprattutto di operazioni chirurgiche. Nell’ambito della salute mentale, negli ultimi 10 anni il numero di psicologi, psicoterapeuti e di altri professionisti della rete non è cresciuto.
Nell’ingranaggio ormai complicato del Servizio Sanitario Nazionale inglese, queste figure accusano segnali di burnout a volte prima dei loro pazienti. Nel 2022 è stato registrato il numero più alto di richieste di accesso alle cure da parte di 4,6 milioni di persone, impossibili da gestire se non con l’aiuto del nemico: l’intelligenza artificiale. Che, con un minimo contributo nella fase iniziale del processo, sta giovando sia ai professionisti sia ai pazienti.
Il chatbot che riduce il gap di accesso alle Talking Therapies
Si chiama Limbic ed è un chatbot che aiuta le persone ad accedere alle Talking Therapies for Anxiety and Depression attraverso il sistema del referral, ossia un’autosegnalazione che, chi soffre di un disturbo di ansia o di una condizione di stress che non riesce a gestire da solo/a, può effettuare sul sito online del National Health Service (NHS).
Il chatbot pone domande generali (se si hanno patologie pregresse, se si è già stati in terapia) che via via si fanno più specifiche in base ai sintomi che la persona riferisce in quel momento al bot. Limbic raccoglie i dati, è capace di riconoscere e classificare fino a 8 disturbi mentali diversi, con una probabilità di insuccesso che è solo del 7% rispetto al 93% del caso opposto. Dopo, il chatbot invia la segnalazione al sistema di registrazione elettronica dell’NHS, la quale viene poi letta da una persona in carne e ossa che si occupa di contattare il paziente e di consacrare l’inizio della terapia.
In una sezione del sito ufficiale del Servizio Sanitario Nazionale inglese, dedicata alla descrizione dei vantaggi del sistema di intelligenza artificiale sviluppato nel 2018, si legge che “attualmente Limbic supporta il 20% dei bisogni di salute mentale della popolazione inglese, avendo consentito oltre 150.000 segnalazioni”.
Tra queste ci sono anche quelle di molte minoranze etniche e di persone non binarie che sono spesso sottorappresentate, ma in questo caso identificate e assistite senza giudizio dal chatbot: un segnale più grande della capacità di copertura e possibilità di accesso alle cure fornito dall’indispensabile intelligenza artificiale. Che le ha rese oltretutto più fiduciose sulla possibilità di guarire, non per empatia ma per efficienza.
Effettuare una segnalazione utilizzando il chatbot permette di risparmiare quasi 13 minuti nella sua successiva valutazione. Dovendo aspettare poco, si riduce la probabilità che le persone rinuncino alle cure: sempre il sito dell’NHS riporta che la percentuale di abbandoni terapeutici si è ridotta del 18%, mentre è aumentata del 30% la percentuale dei pazienti che porta a termine la procedura di segnalazione.
Lo studio inglese sulla validità del chatbot di intelligenza artificiale
Il 5 febbraio 2024 Nature Medicine ha pubblicato uno studio sull’efficacia dell’intelligenza artificiale nel risolvere la disuguaglianza nell’accesso ai trattamenti di salute mentale nel Regno Unito. Lo studio ha riguardato 129.400 persone di diverso genere, orientamento sessuale ed etnia: come già accennato, queste minoranze hanno beneficiato dell’assistenza fornita dal chatbot, più del resto dei pazienti.
Il risultato chiave è che le segnalazioni sono aumentate del 15% dopo l’utilizzo del sistema di autoreferral basato sull’intelligenza artificiale. Senza l’impiego del chatbot, le segnalazioni aumentavano solo del 6%: in questo caso, lo strumento utilizzato era il più classico form online.
Le motivazioni di questa percentuale così bassa sono state ampiamente approfondite nella parte iniziale di questo articolo: si tratta del senso di sconforto dettato dai lunghi tempi di attesa che porta la gente a gettare la spugna e a rinunciare a cure importanti. Un punto forte del chatbot è la capacità di offrire un servizio personalizzato, perché il suo funzionamento si basa sui modelli di elaborazione del linguaggio naturale e di apprendimento automatico che emulano la conversazione umana.
Che ne è invece del grande interrogativo che riguarda la possibilità che l’intelligenza artificiale possa rimpiazzare un professionista della salute mentale in carne e ossa? Su un articolo della rivista americana Time, pubblicato il 4 ottobre 2023, pare che l’80% delle persone che abbiano utilizzato ChatGPT lo reputino una valida alternativa, in particolare perché la scrittura aiuta la gente a elaborare le loro emozioni e i loro traumi.
L’articolo fa una descrizione minuziosa della terapia tradizionale: in quanto umana non è perfetta, e per funzionare ha bisogno di una forte connessione, di un forte senso di fiducia tra il paziente e il proprio terapeuta. Questo modello non è replicabile su n. pazienti perché ogni paziente è unico. E sebbene un terapeuta sia invece lo stesso per n. pazienti, egli è comunque in grado di diventare unico con ognuno di loro.
Recitiamo ormai come una filastrocca che, all’intelligenza artificiale, manchino emozioni ed empatia. Il suo talento sta però nell’analizzare una grande mole di informazioni. Se fatica a esserci un ricambio generazionale, con professionisti che mancano o che vanno a lavorare in altri Paesi, è possibile che un domani tale ricambio diventerà artificiale?
Quel che è certo, visti i risultati dello studio condotto in UK e pubblicato su Nature, è che integrare un chatbot per garantire un migliore accesso ai servizi di salute mentale, anche da parte delle minoranze, sia indispensabile in questa fase di affanno in cui si trova il Servizio Sanitario Nazionale britannico. Il beneficio è un buon 50 e 50: da una parte agevola i professionisti, dall’altra incoraggia le persone finalmente a riconoscersi.