Il caldo eccezionale visto dalle sbarre

Se non fosse un’emergenza farebbe caldo lo stesso. E a bruciare in questa estate non sono solo i parchi ma anche le mura dei 190 istituti penitenziari italiani, nessuno escluso. Impossibile pensare ai condizionatori quando a mancare sono anche dei semplici ventilatori e in alcuni casi l’acqua in cella, nonostante una legge del 2000 obbligherebbe la presenza di docce in ognuna di esse. Un problema, quello del caldo nelle carceri, non nuovo ma che si ripete da anni tra temperature ben oltre la media stagionale e il sovraffollamento (a fine marzo 2022 era del 107,4%; Poggioreale, solo per fare un esempio, è il carcere con più presenze in Italia, pur non essendo uno dei più grandi a livello di superficie: ospita oltre 2.200 detenuti per poco meno di 1.600 posti disponibili). “Anche se la situazione varia da caso a caso – spiega a Il Millimetro Federica Brioschi dell’Associazione Antigone, nata alla fine degli anni ottanta per tutelare i diritti e le garanzie nel sistema penale e penitenziario -, può dipendere da dove si trovano gli istituti, se ubicati nelle città o fuori ma anche dall’anno di costruzione dell’edificio”. Caratteristiche che rendono complesso persino fare un quadro a livello nazionale, quindi: “quello che è certo è che nelle celle non è presente nessun sistema di climatizzazione, in alcune possono trovarsi dei ventilatori ma non in tutte, e molto dipende dalla buona volontà del direttore della struttura”, continua Brioschi.

Ventilatore cercasi

Pensare ad un complesso detentivo con climatizzazione, acqua calda e fredda tutto l’anno e docce in cella sembra allora quasi un sogno, anche nel 2022 con 40 gradi all’ombra. Dopo anni di dinieghi, con le alte temperature di quest’anno è arrivato finalmente il via libera per l’acquisto di ventilatori per i detenuti. Con un unico difetto, nella maggior parte dei casi il costo non sarà a carico del Ministero della Giustizia ma di chi sconta la pena, spesso per lunghi anni in strutture costruite anche un secolo fa. Dopo la notizia dell’Amministrazione penitenziaria la garante comunale di Asti Paola Ferlauto ha rimarcato l’importanza della decisione spiegando come il tetto del carcere di massima sicurezza di Asti non abbia delle tegole, rendendo gli ultimi piani della struttura ancora più roventi. Mettendo a rischio lo stato di salute di alcuni detenuti, molti dei quali non più giovanissimi e con patologie cardiache. “La sezione del carcere è un lungo corridoio con le stanze poste su un solo lato quindi quando fa caldo non si crea corrente d’aria anche se i detenuti aprono le finestre”, ha sottolineato Paola Ferlauto

Il caldo eccezionale visto dalle sbarre

Anche Antonella Tuoni, direttrice del carcere di Sollicciano, a Firenze, a fine giugno ha ordinato 80 ventilatori per celle dopo la denuncia del cappellano don Vincenzo Russo sulla difficile situazione nelle aree detentive parlando di emergenza igiene e caldo. Questa volta l’acquisto è avvenuto in collaborazione con la Regione Toscana e con il Garante regionale dei detenuti: “per migliorare il clima – aveva commentato Tuoni – nelle ore più calde della giornata restano aperti i blindi delle celle, affinché ci possa essere maggior circolazione dell’aria e più refrigerio”. Anche in Campania, in provincia di Caserta, Samuele Ciambriello, Garante regionale dei diritti delle persone sottoposte a misura restrittiva della libertà personale, ha donato 50 ventilatori per i detenuti della casa di reclusione di Aversa. “Il fatto che in carcere si stia al fresco è un luogo comune – aveva detto ironicamente Ciambriello all’inizio dell’estate -. Nei mesi estivi è necessario intraprendere, nelle carceri, iniziative che consentano ai ristretti di non vivere una doppia reclusione”.

Tra le proposte di Ciambriello, quella di diminuire le ore di attesa per i colloqui con i familiari (costretti anche loro ad aspettare fino a metà giornata prima di parlare con i loro cari), la concessione di più permessi premio e misure alternative, ma anche la possibilità per i detenuti di poter usufruire dell’ora d’aria nel pomeriggio inoltrato e non sotto il sole cocente. Così come soluzioni concrete per alleviare il caldo installando punti doccia o fontanelle – dall’ultimo rapporto sulle condizioni di detenzione pubblicato a fine aprile 2022 dall’Associazione Antigone, nel 2021 nel 56% dei casi, nelle camere detentive non era presente la doccia. “Se la politica si riappropriasse del suo ruolo e, specie nei mesi da giugno a settembre, andasse a visitare le carceri, dai consiglieri regionali ai parlamentari, allora sì che avremmo un carcere più umano e potremmo parlare di detenzione dignitosa”, ha concluso Ciambriello.

L’estate a Regina Coeli

Con un caldo che non sembra allentare, ogni istituto penitenziario cerca di trovare soluzioni temporanee, come a Regina Coeli, il principale e più noto carcere di Roma nel quartiere Trastevere. Per i mesi estivi è stato concordato con la Direzione dell’Istituto penitenziario di garantire l’acqua corrente nei locali di permanenza all’aperto (ogni stanza detentiva è dotata di acqua), apertura nell’arco delle 24 ore delle porte blindate delle stanze detentive per consentire il ricircolo dell’aria, consegna più frequente di generi alimentari freschi e di acqua in bottiglia. E un monitoraggio costante dei pazienti con patologie più complesse allocati presso il SAI, il Servizio ad Assistenza Sanitaria Intensificata, ex CDT, Centri Diagnostici Terapeutici. A raccontare come è articolata la struttura è il dottor Luigi Antonio Persico dell’Asl Roma 1, responsabile dell’UosdUnità Semplici a valenza Dipartimentale -, l’assistenza sanitaria di Regina Coeli che interviene sia sulla popolazione detenuta nella casa circondariale che sul personale di Polizia Penitenziaria. E un diritto di effettuare visite mediche sia in regime di urgenza che di tipo programmato.

Il caldo eccezionale visto dalle sbarre

Il dottore spiega come a metà luglio all’interno del carcere non si siano verificati malori legati alle alte temperature, né suicidi (quelli verificatosi sono da attribuire a problematiche psichiatriche). Nonostante l’art. 1 del decreto legislativo del 22 giugno 1999, n. 230 – Diritto alla salute dei detenuti e degli internati – stabilisce che “i detenuti e gli internati, al pari dei cittadini in stato di libertà, hanno diritto alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione previste nei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali”, il caldo estremo non è inserito come una malattia. Con il rischio che a differenza di altre patologie non venga considerato: un’esposizione prolungata a temperature elevate può sì provocare disturbi lievi ma condizioni di caldo estreme possono anche determinare un aggravamento della salute di persone con patologie croniche preesistenti.

Un allarme lanciato a giugno

Le continue ondate di calore degli ultimi mesi hanno confermato che il mese di giugno del 2022 è stato il secondo più caldo mai registrato in Europa, con temperature superiori alla media di circa 1,6 gradi – a livello globale è stato il terzo mese di giugno più caldo di sempre. A renderlo noto all’inizio di luglio è stato il Copernicus Climate Change Service (C3S) implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea. Insieme alla Spagna e alla Francia, l’Italia è uno dei paesi dove si sono verificate temperature estreme. Tra i primi a lanciare l’allarme proprio a giugno era stato Luigi Castaldo, segretario regionale dell’Associazione Sindacale Polizia Penitenziaria della Campania: “Con molta probabilità questa sarà un’estate di fuoco, tra le peggiori degli ultimi cinque anni. Purtroppo persistono ataviche criticità organizzative che metteranno a dura prova le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria”. Un mix esplosivo che metterà ancora più in allarme il corpo di polizia, in una estate che sembra tutto fuorché alle spalle.

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