Per noi moderni è semplicemente Guido. I contemporanei lo chiamavano “il divino” per la sua abilità nel fermare sulla tela le qualità spirituali di donne ed eroine, anatomie sovrumane, volti di vecchi. Il suo biografo, Carlo Cesare Malvasia, lo paragonò a una “generosa aquila” in volo sublime verso le sfere per riportare sulla terra “idee celestiali”. Ma Guido Reni, figlio di un musico bolognese, non considerò mai questa capacità un dono innato, piuttosto il frutto di uno sforzo continuo nella ricerca della bellezza. Fino al 9 luglio al Museo del Prado di Madrid una mostra a cura di David García Cueto, direttore del dipartimento di pittura italiana e francese del Prado, celebra il pittore bolognese e il suo contributo offerto al Barocco europeo.
Guido “il divino” – Un viaggio in 96 opere tra Prado e mondo
Organizzata in collaborazione con lo Städel Museum di Francoforte, la mostra è un viaggio tra 96 opere arrivate da oltre 40 tra musei e istituzioni pubbliche e private europee e americane. L’Italia è presente con ben 22 prestiti. Il risultato è un percorso trasversale nella carriera dell’illustre pennello del Seicento, allievo dei Carracci, arricchito da una decina di disegni. Annibale ci aveva visto lungo. “Non gl’insegnar tanto a costui, che un giorno ne saprà più di tutti noi” avrebbesuggerito al fratello Ludovico mettendolo in guardia dalle doti dell’allievo. Carracci non aveva torto. Il talento insuperabile di Guido emerge in mostra da chicche imperdibili come il Trionfo di Giobbe da Notre-Dame a Parigi, l’Immacolata Concezione dal Metropolitan Museum of Art di New York, o ancora Cleopatra dalla Royal Collection di Londra, La Maddalena penitente dalle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma che racchiude nella sua placida bellezza una femminilità sensuale.
Guido “il divino” – Restauri e scoperte
Questi (e altri) capolavori si uniscono alle opere di Reni della collezione del Prado, alcune delle quali restaurate per l’occasione. Tra queste il San Sebastiano, Ippomene e Atalanta, Ragazza con una rosa. “Attraverso l’analisi radiodiagnostica – spiega il curatore David García Cueto – siamo riusciti a trovare una serie di pentimenti che la dicono lunga su come Reni aggiustasse le composizioni, ma ci informano anche sull’utilizzo di calchi come metodo per riprodurre più volte la stessa figura su opere diverse. Ad esempio in Ragazza con la rosa la testa della donna viene riutilizzata in altre composizioni dell’artista”. La mostra si sofferma sulle più recenti ricerche storico-artistiche e pone un focus particolare sul legame di Reni con la Spagna, evidenti nel collezionismo reale e aristocratico e nell’influenza del pittore su artisti chiave della Spagna del “Siglo de Oro”.
Guido “il divino” – San Sebastiano “senza veli”
Nel percorso lo sguardo insiste sulla versione del Prado di Ippomene e Atalanta, immortalati con le loro anatomie superbe in un momento di interazione sensuale. A quest’opera, affiancata per la prima volta dalla versione di Capodimonte, il restauro ha restituito l’aspetto originale concepito dall’autore. Ed ecco il San Sebastiano come lo immaginò Reni, visibile per la prima volta “senza censura”. Le nudità del nerboruto centurione erano state coperte a posteriori, probabilmente su richiesta di Elisabetta Farnese, consorte di re Filippo V di Spagna. Adesso la tela ha recuperato il suo aspetto originario, svelando dettagli mai visti prima, come la consistenza dalla luce lunare che scivola sui muscoli di un corpo perfetto. C’è poi un Bacco e Arianna mai visto, in prestito da una collezione privata svizzera. “La straordinaria attualità di Guido Reni – sottolinea David García Cueto – è la capacità di creare un tipo di bellezza che, partendo dallo studio del reale, arriva a uno spirituale trascendentale, restituendoci un’altra dimensione”.
Guido “il divino” – Da Bologna alla Spagna
Ed eccolo Guido fare capolino dall’Autoritratto in prestito da una collezione privata. Seguiamo la sua fama da Bologna a Roma, dall’Italia all’Europa, fino alla Spagna, dove i collezionisti acquisiscono alcune delle sue opere più importanti e gli artisti locali lo eleggono a modello. L’apprendistato a Bologna presso il pittore fiammingo Denys Calvaer passa attraverso lavori come “Abramo e i tre angeli” di Calvaer, L’Assunzione della Vergine di Guido Reni dallo Städel Museum di Francoforte, L’Incoronazione della Vergine dalla National Gallery di Londra. A Roma il pittore arriva dopo l’anno giubilare del 1600 esaminando l’opera di Raffaello ed emulando l’arte di Caravaggio con la dichiarata intenzione di superarla. La sezione “A Roma: tra Raffaello e Caravaggio” è dominata dalla superba pala d’altare con la Strage degli Innocenti dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna, in dialogo con Davide con la testa di Golia di Caravaggio e con il San Sebastiano di Jusepe de Ribera. Il percorso si fa largo tra le anatomie sovrumane de La caduta dei giganti da Palazzo Mosca di Pesaro o della Caduta di Fetonte dalla National Galleries of Scotland di Edimburgo, dove l’influsso di Michelangelo è forte.
Guido “il divino” – Il fascino della vecchiaia
C’è da dire che questo tipo di immagini faceva letteralmente impazzire gli aristocratici, smaniosi di mettere in luce lo splendore delle origini. Nemmeno la monarchia spagnola le disdegnava, affidando ad artisti come Francisco de Zurbarán la realizzazione di scene mitologiche con scopi auto-rappresentativi. Eppure è nelle rappresentazioni di apostoli, asceti, evangelisti che “il divino” Guido proietta in pieno la propria sensibilità, affrontando il concetto della bellezza duratura del corpo oltre la giovinezza. Incanta la cura con la quale il maestro realizza volti invecchiati e corpi cadenti, caricandoli di un fascino singolare. “Ci sono altri artisti del Barocco, come ad esempio Ribera – spiega il curatore – che si interessano alla dimensione estetica della vecchiaia, ma in Reni la raffigurazione dei vecchi è davvero commovente. Da vicino si possono apprezzare i peli delle barbe, le rughe, le macchie sulla pelle che creano una sinfonia di emozioni nell’approccio all’uomo maturo. Artisti come Murillo, Zurbarán, Velázquez devono tanto alle sue opere, sia a quelle originali sia a quelle arrivate in Spagna attraverso copie”.
Guido “il divino” – Sacro e profano in una bellezza senza tempo
Al Prado Guido Reni conquista il visitatore con la sua pennellata capace di avvicinare la Vergine allo spettatore, ma anche con i nudi maschili e femminili della mitologia classica, realizzati facendo ricorso a studi dal vero e a statue antiche. Una schiera di putti giocosi presenzia all’incontro con Ragazza con la Rosa. Questo dipinto occupava lo studio estivo di Filippo IV all’Alcázar di Madrid, accanto a una sensuale dama veneziana rappresentata da Tintoretto nell’atto di mostrare il seno, in un singolare gioco di contrasti. Le intense espressioni di Venere, Erigone, Giuditta, Lucrezia, Santa Caterina ricordano le teste delle statue classiche che Reni ha studiato a Roma, mentre i ricchi panneggi riportano a Bologna, importante centro di produzione della seta.
Guido “il divino” – I debiti di gioco e il “non finito”
Si dice che il pittore sia rimasto vergine tutta la vita. Anche se un moderno potrebbe oggi vedere quella rinuncia come sintomo della sua omosessualità repressa. Sta di fatto che era considerato un essere angelico, un uomo che – come la sua arte – non era di questo mondo. Negli ultimi anni sembra soffrire di depressione. “Comincio a non piacere più nemmeno a me stesso” scrive. Anche la sua arte cambia, si fa difficile da comprendere. In una ricerca spasmodica dell’essenziale le forme si disgregano, il disegno scompare, i contorni si fanno sfocati. La tavolozza si spegne fino a somigliare alla grisaglia. Questo processo di semplificazione riflette la decisione di lasciare molti dipinti incompiuti, forse per mancanza di tempo, forse di energia. Le difficoltà economiche causate dal compulsivo gioco d’azzardo inducono il pittore ad affrettare il lavoro per saldare i debiti. Eppure questi dipinti non cessano di frugare nella bellezza, trasmettendo un senso di spiritualizzazione dell’arte, ancora oggi. Esattamente ciò che l’artista aveva inseguito per tutta una vita.