Il giornalista australiano potrà ricorrere in appello contro l’ordine di estradizione negli Stati Uniti per l’accusa di spionaggio
L’Alta Corte di Londra ha deciso che Julian Assange potrà ricorrere nuovamente in appello e tentare di evitare l’estradizione negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni di carcere. Pensate, la violazione di una legge sullo spionaggio. Una legge liberticida approvata dal Congresso americano nel 1917. E tutto ciò, tra le spie che vendono segreti a paesi stranieri e giornalisti che decidono di fornire alle pubbliche opinioni mondiali informazioni per renderle più autonome. Questo ha fatto Julian Assange, fornire alla pubblica opinione mondiale notizie vere di pubblico interesse sulle schifezze fatte dal complesso industriale americano e dai governi americani. È una buona notizia quella di ieri, non era nemmeno scontata. Ma allo stesso tempo non dimentico che Assange lo hanno in parte già ammazzato.
Dal 2012 non è più un cittadino libero, nonostante abbia soltanto fatto, e con grande qualità, il mestiere del giornalista. Ha passato 7 anni nell’Ambasciata dell’Ecuador – a Londra – per salvarsi fondamentalmente da una persecuzione. E poi, da oltre quattro anni, sta marcendo nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, la Guantanamo britannica. Pensate, ironia della sorte: l’uomo che c’ha permesso di conoscere i crimini commessi all’interno di Guantanamo, che marcisce nella Guantanamo inglese. Quello che possiamo fare oggi è seguire la vicenda e non smettere mai di parlare di Julian Assange. Perché la sua libertà…ha a che fare con la nostra stessa libertà.