L’ultraliberista di destra vince le presidenziali col 56% e con l’86% dei voti scrutinati. Battuto il peronista Sergio Massa
Ha esultato strappando da una lavagna i nomi degli ormai ex ministri argentini. Ha festeggiato come un pazzo, si è goduto la vittoria, ora fermarlo sarà davvero impossibile. Javier Milei ha realizzato il suo sogno e spazzato via la concorrenza, governerà l’Argentina per i prossimi quattro anni al posto dell’uscente Alberto Fernández.
Una vittoria sofferta e decisa soltanto dal ballottaggio andato in scena ieri: estrema destra e ultraliberista, ha convinto la gente con il 56 per cento dei voti, contro il 44 per cento di Sergio Massa, attuale ministro dell’Economia della coalizione di centro-sinistra Unione per la Patria. “Se viene el Estallido”, “Se arriva l’esplosione” è stato lo slogan della campagna elettorale di Milei: “Invito il popolo a unirsi alla rivoluzione liberale, che in 35 anni farà dell’Argentina una nuova potenza mondiale. Viva la libertà, cazzo”.
‘El Loco’ Milei si prende l’Argentina – I suoi cavalli di battaglia
Tra le proposte, ormai confermate, c’è la dollarizzazione dell’economia in un Paese con un tasso di inflazione del 130%, mentre in campo educativo ritiene che l’obbligo scolastico per i bambini e gli adolescenti sia un’intromissione intollerabile da parte dello Stato: “Nessuno può insegnare nulla a nessuno”. Javier Milei si oppone anche all’imposizione “dell’educazione sessuale completa” e del gender, anche se è convinto che il matrimonio sia un mero “contratto” e non ritiene un problema, nella sua ottica libertaria, nemmeno “il matrimonio egualitario”. E poi c’è il discorso legato all’aborto (Milei è totalmente contrario), che in Argentina ha fatto scendere in piazza, a Buenos Aires, migliaia di donne in difesa del diritto sull’interruzione di gravidanza. In America Latina è attualmente autorizzato solo da Cuba, Uruguay, Colombia e Messico. Durante la pandemia si è schierato dalla parte dei no vax, scagliandosi contro il governo definendolo “liberticida”. In poco tempo, candidandosi alla guida del Paese, ha raccolto, con sua stessa sorpresa, una massa di consensi imprevista e arrivata dalle fasce emarginate delle Villas-Miserias (un tempo bacino elettorale del kirchnerismo assistenziale) e dai nostalgici dell’ultradestra cancellati dal panorama politico dopo gli orrori delle giunte militari. Un blocco eterogeneo che, per l’ennesima volta, si è fatto incantare dalle sirene di un pifferaio magico.
Nel programma elettorale di Javier Milei c’è anche la libertà di portare armi per l’autodifesa, del mercato e dell’impresa. Lo smantellamento dello statalismo degli ultimi decenni, la fine del potere della “casta” che ha governato il Paese fino ad oggi e la legalizzazione delle droghe. Dopo svariati attacchi, pure a Papa Francesco, sono arrivate le reazioni di alcune personalità legate al mondo cattolico, tanto da spingere la Chiesa argentina a intervenire con un messaggio del presidente della Conferenza episcopale. Teme il peggio anche il numero uno messicano Andrés Manuel López Obrador, che considera Javier Milei il nuovo Adolf Hitler. Tra le sue frasi più preoccupanti, rilasciate di recente tra un comizio e l’altro, spiccano: “Il miglior modo per ridurre l’inflazione è bruciare la Banca centrale”. Oppure: “La vendita degli organi può essere un mercato come un altro, e forse anche quello dei bambini”.
El Loco si prende l’Argentina – Grande attesa alla vigilia
Si è fermata l’Argentina, bloccata sul più bello, in molti hanno desiderato il ballottaggio per capire meglio il futuro del Paese. Javier Milei contro Sergio Massa, storia e tradizione, un pizzico di follia e un potere (quello passato) capace di creare disgusto e voglia di cambiare. In questi giorni tra le strade di Buenos Aires, ma non solo, la gente ha ricordato il passato e riabbracciato l’inizio della democrazia, un fatto di ben quarant’anni fa. Via la dittatura militare, spazio alle elezioni, ai politici scelti dalla gente. E oggi, come allora, la speranza è quella di non sbagliare più: “Buon voto di democrazia” è stato il pensiero più ricorrente che le persone hanno ripetuto tra loro in questi giorni. Nonostante il rischio delle schede truccate.
Alla vigilia delle elezioni la giustizia elettorale della provincia di Buenos Aires ha avvertito i rappresentati di “La Libertad Avanza”, il partito di Milei, di non averne consegnate a sufficienza per il ballottaggio. La risposta è stata immediata: “Non aumenteremo le schede consegnate, saranno i nostri rappresentanti di lista a pensarci. Vogliamo evitare danneggiamenti o furti come quelli avvenuti in tutto il Paese nelle elezioni precedenti”. Insomma, “giochi sporchi”, hanno denunciato diversi giornalisti argentini, “che avrebbero potuto falsificare il voto”. Forse abbiamo vissuto una delle elezioni più decisive di sempre, di un Paese arenato in una delle crisi economiche più gravi della sua storia, tra la rabbia di chi non riesce ad arrivare a fine mese e la paura di chi adesso dovrà farei i conti con una nuova ondata autoritaria.
‘El Loco’ Milei si prende l’Argentina – La storia di Javier
Fino a poco tempo fa, Milei era un personaggio televisivo abbastanza scadente, ospite fisso in talk show e trasmissioni davvero discutibili e pittoresche: l’economista (sì, è anche un economista) si dilettava come coach di sesso tantrico e parlava con naturalezza di cose decisamente imbarazzanti. Da ragazzo invece giocava a calcio, è stato per anni il portiere del Chacarita (si è scontrato più volte con Diego Simeone, attuale tecnico dell’Atletico Madrid) e i suoi compagni lo chiamavano “El Loco Milei”, un pazzo totale protagonista di parate sensazionali e fuori dal comune. Figlio di un autista di autobus, diventato – non si sa come – un uomo d’affari nel settore dei trasporti, e di una casalinga, nel 2018 ha dichiarato che i suoi genitori, per lui, erano “morti”.
Il giornalista Juan Luis Gonzalez, autore della biografia non autorizzata di Milei, ha specificato di come sia cresciuto in un ambiente molto violento e in una famiglia che lo ha sostenuto poco durante il suo percorso di crescita. Soltanto la nonna materna e la sorella Karina, che oggi è la coordinatrice della sua campagna elettorale, gli sono state accanto. Spesso e volentieri Milei ha ringraziato i suoi punti di riferimento: “El Jefe”, il capo, come chiama la sorella, e poi Conan, Murray, Milton, Robert e Lucas, i cinque mastini inglesi che definisce i suoi “figli a quattro zampe”. Facendo un passo indietro, c’è da aggiungere che la morte di Conan, in un primo momento, lo fece andare in depressione, inducendolo a rivolgersi a una medium per ristabilire un dialogo con lo spirito del mastino.
Ci sono alcuni retroscena accaduti quando Milei era ancora un bambino, che fanno capire bene il carisma e la personalità del nuovo leader argentino. Il 2 aprile del 1982, per esempio, il generale Leopoldo Galtieri si affaccia dal balcone della Casa Rosada di Buenos Aires per sfidare la signora Thatcher e l’America: “Se vogliono venire, che vengano”. Javier in quel momento ha solo 11 anni, ma il sangue già abbastanza caldo. Suo padre, Norberto Milei, di chiare origini italiane, è seduto in poltrona come milioni di argentini. Lui, quello scatto d’orgoglio, lo approva. Ma vuole che il Sol de Mayo cucito sulla bandiera risplenda pure sulle Falkland. Ci sarebbe solo un problema però: gli inglesi. “Non verranno”, scommette Galtieri. Non si spingeranno così lontano da casa, non rischieranno senza adeguate coperture per quella che Ronald Reagan definì una “sperduta terra ghiaccia”. Non tutti a Downing Street sono convinti che il gioco valga la candela. Ma Leach non ha ancora finito il suo intervento: “Perché se non lo facciamo, in pochi mesi vivremo in un Paese diverso, la cui parola non conterà nulla”. A questo dialogo, ovviamente, il piccolo Javier Milei non assiste, ma c’è un motivo se per i compagni di classe lui è “El Loco”, il pazzo. Quello principale è che difficilmente, prima di agire o di parlare, pesa sulla bilancia i pro e i contro. Eppure, stavolta c’è da capirlo. Non è normale che suo padre, un gigante di un metro e novanta, abituato a dargliele un giorno sì e l’altro pure, lo pesti in cucina per la sola colpa d’aver sfidato la folla in estasi di Buenos Aires. “Questa è una pazzia”, pronostica il giovane Milei, e “gli inglesi ci faranno il c*lo!”. Sarà la Storia a dire che Javier ha maledettamente ragione.
‘El Loco’ Milei si prende l’Argentina – Come cambia adesso il Paese
Nel primo discorso dopo le elezioni, quando era già chiara la sua vittoria, Milei ha detto che “la situazione dell’Argentina è critica. I cambiamenti che servono al nostro paese sono drastici. Non c’è spazio per la gradualità”. Ha anche chiesto al governo precedente di “farsi carico delle proprie responsabilità per arrivare alla fine del mandato, il 10 dicembre”, quando poi si insedierà lui. Massa ha invece ricordato al Presidente eletto delle sue responsabilità come nuovo rappresentante delle istituzioni, e la necessità di dare certezze e “garanzie sul funzionamento politico, sociale ed economico dell’Argentina” dopo le dichiarazioni estreme della sua campagna elettorale. Secondo molti analisti, una delle sfide maggiori per Milei all’inizio del suo mandato sarà trovare alleati politici che appoggino le sue proposte più radicali.
Nonostante abbia vinto le elezioni con una maggioranza molto ampia, il suo movimento politico è molto giovane e non detiene posizioni di potere in Argentina: per esempio, nessun governatore provinciale è del suo partito “La Libertà Avanza”. Inoltre, in Parlamento dovrà probabilmente allearsi con Uniti per il Cambiamento, il partito di centro-destra di Macri e Bullrich, che ha molti più parlamentari di quello di Milei. Subito dopo la vittoria, il 53enne ha voluto inviare un messaggio anche al resto del mondo: “L’Argentina tornerà ad occupare il posto nel mondo che mai avrebbe dovuto perdere. Lavoreremo fianco a fianco con tutte le nazioni del mondo libero”. E non sono tardati ad arrivare i complimenti di Donald Trump: “Sono molto orgoglioso di te. Cambierai completamente il tuo Paese e renderai l’Argentina di nuovo grande”. In molti, però, sono davvero preoccupati. D’altronde, come dargli torto.