Edison e una sera di mezza estate

“Ecco, sai, dove sono nato io…non ci sono dei veri maghi. Anche se a pensarci, uno c’è: Thomas Alva Edison. Il mago di Menlo Park. Un grand’uomo davvero.

E i desideri li esaudiva?

No. Ma guardava il futuro e lo rendeva reale. Ha creato la luce elettrica, il fonografo”.

[Da Il grande e potente Oz, film 2013]

Alla fine lo chiamarono fonografo, ma su un taccuino del laboratorio di Thomas Alva Edison qualcuno aveva appuntato anche altre idee più strambe tipo “didascofono” o “antifono”. Sapevano sin dall’inizio che sarebbe servito per riprodurre la voce umana, ma non avevano la benché minima idea dello scopo di un oggetto del genere. Una sera di mezza estate del 1877, mentre digerivano la cena, a Edison venne un’idea: visto che lui e i suoi lavoravano con i nastri di carta per registrare i messaggi telefonici, perché non adattarli per registrare le vibrazioni prodotte dal diaframma in un microfono? Edison suggerì di agganciare una puntina al retro della membrana per poi montarla sopra i rulli dei nastri di carta: in questo modo, parlando nella cornetta, la membrana si sarebbe azionata, disegnando così dei solchi scribacchiati sui nastri. Viceversa, con la puntina riposta nella scanalatura, facendo scorrere i nastri nei rulli, le incisioni avrebbero fatto vibrare il diaframma, riproducendo così il suono registrato. Gli assistenti di Edison si misero al lavoro e, nel giro di un’ora, avevano realizzato un apparecchio quasi funzionante: al primo colpo, “Mary had a little lamb” risultò come uno smorzato ma promettente “ary ad ell am”. La prima notte di prove non si concluse prima di un risultato ottimale, ottenuto grazie alla sostituzione della carta con la stagnola avvolta intorno ad un cilindro collegato ad una manovella. L’impressione di Edison fu che non sarebbe mai potuta diventare un’invenzione di successo perché, tutt’al più, avrebbe permesso agli uomini d’affari di dettare le lettere negli uffici (o avrebbe contribuito alla creazione di libri per non vedenti, o insegnato la dizione). Ma quando la voce si sparse nel mondo, la gente non stava nella pelle: i morti avrebbero potuto parlare con noi per sempre!

Edison e una sera di mezza estate – Il rapporto con la musica

Passarono dieci anni prima che Edison tornasse a occuparsi del fonografo, e solo perché un concorrente (Bell), nel frattempo, aveva sviluppato un cilindro ricoperto da uno strato di cera: uno strato che sarebbe stato facilmente rimovibile senza danneggiare la registrazione, cosa impossibile invece con la carta stagnola. Un affronto che ebbe l’effetto di mettere Edison al lavoro per realizzare quello che lui stesso avrebbe battezzato il “fonografo perfetto”. Nel 1889, quando lo mise sul mercato era tutt’altro che infallibile anche se riproduceva benissimo la musica. Niente o nessuno, però, riusciva a togliergli dalla testa che tutt’al più sarebbe servito a scopi lavorativi. Nel frattempo, i lungimiranti concorrenti avevano già inventato il disco, correndo a garantirsi la firma degli artisti sui primissimi contratti discografici. Suo malgrado, anche Edison, che definiva il jazz “roba da matti” e non gradiva certo il ragtime, fu costretto a entrare nel mondo della musica, senza però avere neanche la spregiudicatezza di pagare gli anticipi necessari per garantirsi gli astri nascenti del panorama.

Edison e una sera di mezza estate
Thomas Alva Edison

Cosa che invece fece la Victor sin dagli esordi. Negli anni ’20, ecco un’altra concorrente per il fonografo: la radio commerciale. Mentre tutte le altre aziende iniziarono a produrre radio, Edison si rifiutò perché non voleva avere niente a che fare con la qualità del suono nettamente inferiore rispetto a quello del suo fonografo. Spinto dai figli, alla fine si convinse ma era ormai troppo tardi, perché non sbarcò sul mercato prima della crisi del ’29. Nel giro di pochi mesi, la sua azienda radiofonica chiuse e Edison morì un anno dopo. La discografia che aveva messo in moto continuò a vivere, evolvendosi nelle forme di stereo, iPod e streaming. Fu anche lui a contribuire in modo decisivo, anche se non capì mai come poterne trarre utili vantaggi per se stesso. “Non voglio inventare cose che poi non venderò” disse una volta. Ma per tutta la vita, più che un commerciante, fu sempre piuttosto un inventore di successo. Il fonografo ne fu l’esempio perfetto: il prodotto di una mente ben preparata ma erratica.

Edison e una sera di mezza estate – L’expo di Chicago

La concorrenza prevalse anche a fine secolo. Infatti, pur avendo ormai fondato la Edison Illuminating Company nel 1880 e pur avendo brevettato un sistema per la distribuzione della corrente elettrica, nel 1893 Edison perse l’appalto per la fornitura di energia elettrica dell’Expo di Chicago a favore di Nikola Tesla, sostenuto da George Westinghouse: la corrente alternata aveva battuto la corrente continua e 160.000 lampadine illuminarono il cielo notturno sopra Chicago (nota a margine: nella storia di questo favoloso Expo ci entrano anche un gigantesco incendio, un serial killer, la morte del sindaco e un architetto schizzinoso, gli ingredienti giusti per una prossima serie tv prodotta da Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio, ispirata al libro di Erik Larson, Il diavolo e la città bianca). La Fiera Colombiana dell’Illinois viene spesso definita come la fiera che cambiò per sempre l’America: 256 ettari di estensione (sette volte e mezzo la grandezza di Disneyland in California) e almeno 400 edifici/monumenti da costruire (o da distruggere…?), ma soprattutto 27 milioni di visitatori abbagliati dai miracoli dell’elettricità: ascensori, cucine, lavastoviglie e anche la sedia elettrica. Ma non era tempo di guardare indietro: già nel 1888 infatti, Edison aveva annunciato che stava lavorando a qualcosa che faceva per l’occhio esattamente quello che il fonografo faceva per l’orecchio. Il kinetoscopio era utilizzabile da una persona alla volta e, pur mancandogli l’intuizione della proiezione sul grande schermo, filmava cortometraggi di gare di angurie e sfide tra gatti con i guantoni: insomma, video amatoriali che avrebbero fatto fortuna soprattutto nel XXI secolo…

“E [ha creato] un apparecchio che faceva vedere le fotografie in movimento.

Fotografie che si muovono.

Sì. Te lo immagini? E per farlo gli bastava un po’ di filo e del vetro. Con quasi niente, rendeva l’impossibile possibile.

È il genere di mago che sei tu?

È il genere di mago che vorrei essere.

Ma tu lo sei. Io lo so. Vorrei che esaudissi i desideri ma anche così sei un buon mago.

Buonanotte, mago”.

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