Sono mesi ormai che del Circeo si parla solo in negativo, a causa della meglio nota “caccia al daino”. Grazie alla testimonianza del Presidente Marzano e della Dottoressa Del Bove, facciamo chiarezza su fatti e dati reali. È il 1953 quando il Corpo Forestale, all’epoca “Azienda di Stato delle Foreste Demaniali”, introduce i daini nel Parco Nazionale del Circeo. Siamo nella provincia di Latina, a Sabaudia, tra le dune, la foresta, il promontorio roccioso e le zone umide. Questo parco si inserisce in una delle aree protette più antiche d’Italia per conservarne biodiversità di fauna e flora. Negli ultimi 70 anni la presenza del daino all’interno della Foresta Demaniale, che si estende per ca.3000 ettari, è cresciuta a dismisura. Il daino (Dama dama Linnaeus) in Italia è considerato una specie parautoctona. Non originaria della nostra penisola, ma stanziata per volere dell’uomo, si è naturalizzata nel tempo, adattandosi a clima, territorio, fauna e flora. “Al tempo della loro introduzione nel Parco, erano contenuti dentro un grande recinto di 400 ettari. Alcuni esemplari riuscirono a fuggire, dando origine alla popolazione che occupa attualmente l’intera Foresta Demaniale. Secondo gli ultimi dati a disposizione, risalenti all’estate del 2020, si stima che gli esemplari siano circa 1.800 e ad oggi, probabilmente ancora di più. Una densità che non è più compatibile con la conservazione della Foresta demaniale del Circeo, la più estesa foresta di pianura, di origine naturale, ancora presente in Italia” spiega la Dottoressa Ester Del Bove, Responsabile dell’Ufficio Naturalistico – Biodiversità e Fauna. “Arrivato nel Parco per errore dell’uomo, oggi la presenza a dismisura del daino ha un impatto molto negativo sulla biodiversità locale. Crea rischi stradali, sanitari ed economici a cui bisogna porre fine. Inoltre l’intensa attività di brucatura da parte della specie ha già determinato la rarefazione di svariate specie vegetali e l’assenza di rinnovazione forestale, determinando una semplificazione della Foresta. Tale impoverimento è ovviamente un problema anche per molte specie animali presenti, alcune delle quali stanno scomparendo. Senza parlare del rischio di collisione tra i daini e gli autoveicoli lungo le strade che intersecano e delimitano la Foresta, altissimo soprattutto nelle ore notturne” spiega il Dottor Giuseppe Marzano, presidente del Parco. In poche parole la presenza dei daini è eccessiva rispetto alle altre specie animali che vivono nel Parco. Questo comporta diversi problemi, tra tutti: l’interferenza diretta e indiretta con altri animali, alcuni dei quali si stanno estinguendo sul territorio, e la scomparsa del sottobosco e importanti specie vegetali.
Caccia al daino – Il piano di salvaguardia e la morale cieca
È proprio per la salvaguardia degli ecosistemi interni al Parco, per tutelare ogni specie animale e vegetale e la foresta stessa, che l’Ente Parco ha avviato – secondo quanto stabilito nella legge quadro sulle aree protette n.394/1991 – un piano di controllo del daino, che prevede una significativa riduzione della densità di popolazione della specie, da attuare in diversi modi. È interesse di tutti, in primis del Parco, optare per soluzioni non cruente laddove possibili e praticabili, prima di procedere con l’abbattimento. Eppure la morale comune, le associazioni animaliste e tutti coloro che semplicemente ignorano ciò che c’è dietro “la strage dei daini al Circeo”, si scaglia contro la decisione di ridurne il numero. Nessuno sta compiendo una strage, è l’equilibrio della natura a richiederlo. Non sarebbe forse più crudele volere che una specie animale prevalga sulle altre? Volere l’estinzione del bosco, della foresta e del patrimonio che il Parco stesso tutela e conserva? Il piano gestionale di controllo del daino è stato adottato dall’Ente Parco del Circeo nel 2017 (con Deliberazione del Consiglio Direttivo n.02) e successivamente approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sentito l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e anche dalla Regione Lazio per quanto riguarda gli aspetti legati alla Rete Natura 2000. “Secondo la normativa vigente fino al settembre scorso, il programma di controllo del daino poteva attuarsi tramite diversi scenari, tra cui anche soluzioni non cruente che il Parco ha cercato di mettere in atto in via prioritaria attraverso appositi bandi per la cessione di capi, secondo le condizioni imposte da ISPRA per evitare comunque l’espansione delle popolazioni. Proprio in tale contesto, al Parco sono giunte 8 istanze per un totale di 32 capi potenzialmente cedibili a strutture private, che si riducono però a 19 capi in base alle caratteristiche spaziali e tecniche delle strutture ospitanti”. La dottoressa Del Bove ci spiega che, in primis, il Parco ha preso in considerazione l’opzione dell’adozione, proprio per evitare un abbattimento di massa e garantire la vita di questi animali, altrove, laddove possibile. Sempre per dare il via libera alle traslocazioni dei capi, previa sterilizzazione, in recinti a scopo ornamentale (le cosiddette “adozioni”) e in aziende agri-turistico-venatorie, tra gennaio e maggio è stato svolto un campionamento sanitario da parte dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana – sezione di Latina, su 117 animali. Tutte le prove diagnostiche di laboratorio realizzate per accertare infezioni riferibili a malattie sottoposte a piani di controllo e/o profilassi hanno dato esiti negativi, dando il via libera al prelievo e trasporto degli animali al di fuori del Parco.
Tuttavia, con l’obiettivo di dare più tutela agli animali detenuti in cattività e alla salute pubblica, nell’ottica di prevenire epidemie e pandemie, uno degli ultimi decreti della precedente legislatura – il D. L. 5 agosto 2022, n. 135 promosso dall’ex Ministro Speranza – ha limitato questa possibilità, dato che il daino non rientra tra le specie autoctone ma nemmeno tra quelle che sono considerate “animale da compagnia”. L’Ente Parco sta cercando di capire se questa recente modifica normativa – che nell’intenzione del legislatore nulla aveva a che fare col daino né col Piano Gestionale del Parco – avrà effetti o meno sulla possibilità di cessioni in vivo dei capi prevista dal piano di controllo. Comunque si provvederà con le altre operazioni di rimozione. Queste verranno attuate, al netto di eventuali catture finalizzate alla traslocazione di animali in vivo, tramite prelievo con arma da fuoco, tecnica che si è rivelata efficace e compatibile con le esigenze di sicurezza proprie di un luogo altamente frequentato come la Foresta Demaniale. L’obiettivo è quello di prelevare almeno 350 animali all’anno nel corso dei prossimi anni, ovvero un numero necessariamente superiore a quello delle nascite annuali stimate nella popolazione, per giungere così a un sensibile decremento della specie nell’arco del quinquennio di applicazione del Piano” ci spiega il Presidente del Parco Nazionale del Circeo. A chi ha avanzato l’ipotesi della sterilizzazione, i dati di fatto dimostrano che anche questa opzione sarebbe fuorviante. Perché? In primis sterilizzare circa 2mila daini ha dei costi elevatissimi da sostenere per il Parco; poi questa tecnica non risolverebbe il problema numerico. L’età media di un daino è di 15 anni, un lasso di tempo troppo lungo per far fronte a una presenza elevatissima di daini nel Parco, a sfavore della sopravvivenza di altre specie animali e vegetali.
Caccia al daino – La biodiversità del Parco
Se, nel lontano 1934, il Parco è nato, è proprio per tutelare e conservare una quantità di specie animali e vegetali incredibile. “Tra i fondamenti del piano per il Parco c’è il dare indirizzi e criteri sugli interventi riguardanti flora, fauna e sull’ambiente naturale in genere. La biodiversità altro non è che la ricchezza delle specie animali e vegetali e delle loro relazioni ed equilibri, che un territorio racchiude, e che si manifesta attraverso una ricchezza di varietà di ambienti naturali (ecosistemi) percepibile all’occhio e definibile semplicemente come varietà di forme, colori, suoni, atmosfere, ovvero come armonia e bellezza del paesaggio“. Così afferma il dottor Marzano, presidente del Parco, sostenendo che ogni specie animale e vegetale ha lo stesso diritto di sopravvivere e vivere in un ecosistema condiviso. “Il territorio del Parco Nazionale del Circeo, per la sua particolare origine geologica ed evoluzione geomorfologica e idrogeologica, presenta una grande diversità di ambienti. In uno spazio ristretto a pochi chilometri quadrati, abbiamo ambienti totalmente differenti che vanno da quello di mare e costa della duna e dell’isola di Zannone, a quello di boschi temperati centroeuropei della foresta planiziaria del Circeo, all’ambiente medio montano appenninico del quarto freddo del promontorio, e delle coste nordafricane del quarto caldo sempre del promontorio del Circeo, fino alla zone umide dei laghi e acquitrini retrodunali; il tutto frammisto ad agroecosistemi e sistemi urbani fortemente antropizzati e impattanti”. A spiegarlo è la dottoressa Del Bove che proprio di biodiversità si occupa per l’Ente Parco. Cinque sono gli habitat che caratterizzano il Parco del Circeo: foresta, duna litoranea, zona umida, l’isola di Zannone e le riserve naturali.
Ognuno di questi habitat presenta una fauna e flora a sé, già questo fa capire la ricchezza del territorio e l’importanza della sua tutela così come è. La foresta è definita planiziale, ovvero un bosco popolato da specie arboree quali quercia, ontano, salice, olmo, acero, frassino, pioppo bianco e pioppo nero. Ma anche da alberi tipici delle aree marine, come pini, lecci e querce da sughero. Rappresenta la più estesa foresta naturale di pianura in Italia, estendendosi per 3.300 ha circa. Tutt’oggi, al suo interno, si conservano delle zone paludose, le cosiddette “piscine”, tipiche dell’agro pontino prima della bonifica. Gli animali che la abitano sono: cinghiale, lepre, tasso, riccio, volpe, donnola, vipera, testuggine di terra e palustre; tritone, rospo, rana. La duna si estende sul litorale per 22 km. Strano ma vero, non sarebbe arrivata fino ad oggi se non fosse stato per delle piante come l’ammofila, i ginepri, il giglio marino, la gramigna delle spiagge, la camomilla marina che con la loro stessa presenza attenuano la forza del vento. Le loro radici riescono a formare un fitto reticolo sotterraneo che blocca la sabbia e rafforza la duna, permettendo così anche ad altre specie di sopravvivere. Le zone umide non sono altro che i quattro laghi costieri di Paola, Caprolace, Monaci e Fogliano. Piccoli bacini d’acqua salmastra e ideale rifugio per molte specie di uccelli acquatici. Oltre ai quattro laghi costieri ci sono poi zone acquitrinose e pascoli destinati prevalentemente all’allevamento dei bufali allo stato semi-brado; qui troviamo aironi guardabuoi, gru, oche, pavoncelle, allodole, chiurli. Data la rilevanza delle zone umide del Circeo, nel 1976 queste vennero dichiarate “Zona Umida di Interesse Internazionale”. Questo Parco vanta anche la presenza di un’isola nel suo territorio, si tratta di Zannone, entrata a far parte dell’Ente nel 1979. Disabitata e ricoperta da boschi di lecci e querce è, tra le isole ponziane, l’unica ad aver conservato intatta la propria copertura vegetale. Grazie anche a questa biodiversità il Parco Nazionale del Circeo è riconosciuto dall’Unesco come “riserva della biosfera” dal 1997, ed è stato candidato al titolo di “patrimonio dell’umanità”. È, inoltre, l’unico parco nazionale italiano a estendersi completamente in un ambiente marino di pianura. Resta solo a noi capire quanto sia importante la tutela di tutti i suoi abitanti.