Crollo nervoso, il primo telefilm di Hitchcock

È noto ai più che Alfred Hitchcock, quasi isolato nel mondo del cinema, accolse l’avvento della televisione come un’opportunità e non come una minaccia. A partire dal 1955, e per ben 10 anni, si occupò della produzione dei format Alfred Hitchcock Presents (268 episodi targati CBS della durata di 24’, fino al 1962) e Alfred Hitchcock Hours (93 episodi targati CBS – e in seguito NBC – della durata di 50’, dal 1962 al 1965). Questa esperienza gli permise, indiscutibilmente, di dare vita a Psycho (1960), un film totalmente innovativo per il grande schermo e che avrebbe ispirato il rinascimento del cinema americano. Hitchcock, ovviamente, diresse solo alcuni dei complessivi 361 telefilm e, per l’esattezza, 20 per la serie breve, e 18 per la serie più lunga. La silhouette di Hitchcock (accompagnata da una melodia ormai mitica, Marcia funebre per una marionetta di Charles Gounod) era il preludio della sua apparizione sul piccolo schermo per anticipare ironicamente la trama, ricomparendo poi nell’epilogo.

Le caratteristiche

Le storie in Alfred Hitchcock Presents hanno come leitmotiv mistero, dramma e suspense. Molti degli episodi narrano di esseri umani comuni che nascondono terribili segreti, che diventano assassini spietati mentre fingono di condurre una vita normale, uno scenario ricorrente nelle produzioni del regista inglese. Altre puntano a trasmettere una morale finale come una favola non convenzionale. Ogni capitolo è un viaggio attraverso l’anima delle persone, mostrandoci la nostra vera natura: che siamo tutti dominati dalle emozioni. 

Molti, tuttavia, ignorano che il primo episodio girato dallo stesso regista per la serie televisiva, è stato trasmesso come episodio numero 7: Crollo nervoso (Breakdown, 1955). La CBS intendeva creare un’attesa nel pubblico che, ovviamente, riversava proprio sulla prestazione di Hitchcock le aspettative più elevate. Un uomo umilia un dipendente che scoppia a piangere chiedendo di non essere licenziato. Il protagonista si fa beffe della sua debolezza, apparentemente incapace di entrare in empatia con la sofferenza degli altri; tuttavia, scoprirà presto che solo mostrando la sua umanità potrà letteralmente salvarsi la vita. 

La trama

William Calley (Joseph Cotten) è un manager spietato, irascibile e senza compassione che pensa costantemente al lavoro (in spiaggia non si riserva nemmeno il tempo di camminare sulla sabbia o di tuffarsi in acqua) e che si dedica a trovare soluzioni per liberarsi di qualunque ostacolo che si frapponga come freno alla prosperità delle sue attività. Al punto da licenziare per telefono un suo dipendente di vecchia data, incolpevole del fatto che le vendite hanno subito una contrazione. Per lui le persone sono solo numeri. Questo imprenditore è irritato da coloro che si dimostrano deboli, che esternano un cliché da vittime. Un giorno, mentre sta rientrando in auto a New York, è costretto ad immettersi in un percorso alternativo a causa dell’autostrada è in costruzione e, per una casualità, viene coinvolto in un incidente. Rimane vivo, ma il suo busto è intrappolato dal volante e il suo corpo è rigido, immobile, come ibernato. Non riesce a muovere un muscolo, nemmeno le palpebre per sbattere le palpebre. Si ode una voce, la sua voce, che proviene dai suoi pensieri. Quando arriveranno i soccorsi si renderanno conto che non è un cadavere, che vive, e tutto sarà aggiustato. Beh, forse non tutto. Si è rotto il collo e il futuro che lo attende è in un letto o su una sedia a rotelle. Ma almeno è vivo. Sente un rumore. 

Crollo nervoso, il primo telefilm di Hitchcock

Stanno arrivando i soccorsi? Non è molto fortunato in quanto le uniche persone nella zona sono dei carcerati evasi. Nessuno di loro si preoccupa di controllare se è ancora vivo, ma non esitare a depredarlo delle sue cose, compresi i vestiti.  Amaro destino, il nostro protagonista soffre di una sorte di catalessi, in qualche modo manifesta gli stessi “sintomi” di quei deboli e vittimisti che tanto detesta. Chi dovrebbe aiutarlo svela egoismo, disinteresse: muove solo un mignolo, che picchietta insistentemente sul volante, ma gli operai sono chiassosi, gli strumenti utilizzati rumorosi. Viene estratto dall’auto e coperto con un lenzuolo, è morto per tutti tranne che per il suo cervello. L’angoscia e la disperazione si sono impadronite di lui: tutto è amplificato dalle inquadrature in soggettiva che mostrano ciò che sta accadendo, i volti che lo osservano, il velo che gli copre il volto come quello posto su un un altro defunto.

A dispetto dell’epilogo “obbligato” dal network Tv, rimane la durezza della storia, l’orrore che ha disvelato: lo stile di vita americano, in situazioni di bisogno, rivela cittadini comuni che non danno una mano, ma sfruttano quello che possono per il proprio interesse. Una società non solidale che alimenta rancori e odio e incoraggia “la legge del più forte”. Non è un caso che, sul tavolo dell’obitorio, con il mignolo incapace di attirare l’attenzione, sarà proprio una lacrima a cambiare a dare una svolta alla situazione. Ancora una volta Hitchcock riesce a trasmettere al pubblico l’angoscia vissuta da un suo protagonista. Le inquadrature strategiche, i lunghi silenzi e, in generale, l’eccezionale regia riescono a catturare lo spettatore e a fargli provare l’inquietudine che sta vivendo il personaggio. 

Breakdown

Hitchcock ingaggia il suo grande amico Joseph Cotten, per la sua prima sul piccolo schermo, che aveva già diretto ne L’ombra del dubbio (1943) e ne Il peccato di Lady Considine (1949). In questo episodio televisivo, l’interpretazione dell’attore è diversa da quella dei film.  Perché, per la maggior parte dell’episodio, Cotten può recitare solo con la sua voce. È completamente immobile, a parte il dito. Ma sentiamo i suoi pensieri, pieni di speranza disperata e, a un certo punto, colmi di tristezza e ansia. Cotten riesce a rendere il giusto tono di voce così da poter far capire cosa sta provando e come sta progettando di risolvere la situazione, anche se sembra senza speranza. La cosa interessante è che, anche se la maggior parte della storia ruota attorno a questi pensieri, questi non contengono svolazzi inutili. L’episodio, fortunatamente, non affronta luoghi comuni, come pensare alla moglie o ai figli o alla propria infanzia. I pensieri dell’uomo sono concentrati solo sulla situazione immediata ed è questo l’importante.

Nella presentazione, il regista sta leggendo un romanzo di suspense seduto a un tavolo e sembra infastidito. Un’ironia spinta, dato che si tratta del primo episodio di una lunga serie incentrata sul mistero. Hitchcock si diverte beffardo a spiegare che la storia, anche se tutto sembra dire il contrario, ha una morale: «Penso che la troverete adeguatamente terrificante… ma come le altre storie della nostra serie, è più di un semplice intrattenimento. In ciascuna delle nostre storie, ci sforziamo di insegnare una lezione o di indicare un po’ di morale. Consigli come una volta dava la mamma, tipo “Cammina piano, ma porta con te un grosso bastone. Colpisci prima e poi fai domande”. Questo genere di cose». È esilarante, perché ribalta il modello di morale pragmatica che è contraria al tipo di virtù che la classe media americana si sforzava di applicare negli anni Cinquanta.

Crollo nervoso, il primo telefilm di Hitchcock

Discutendo del fatto che la storia è stata adattata da un racconto, osserva poi che gli piacciono molto i thriller. «Li trovo molto rilassanti. Mi distolgono dal lavoro».  In qualche modo Hitchcock sembra attaccare coloro che accusano le moderne forme di intrattenimento come intrinsecamente inferiori rispetto a quelle classiche (all’epoca significava considerare i film e la televisione come inferiori al teatro e ai libri). Il regista si spinge ironicamente a suggerire che i libri con copertina morbida, i tascabili, non sono buoni come i loro predecessori: «Non potranno mai sostituire i libri con copertina rigida. Sono solo buoni per la lettura. Sono dei fermaporte molto scadenti».  Evidente la linea ideologica anti-elitaria: non esiste il “trash”, qualsiasi materiale può essere elevato dall’abilità di un maestro. Breakdown è probabilmente uno degli episodi più hitchcockiani dello show e sicuramente uno dei suoi lavori più ricchi di suspense.

Il primo telefilm

A pensarci, Hitchcock è sostanzialmente un “regista di montaggio”, Crollo nervoso è una sorta di piccolo manuale d’uso. Per esempio, a un certo punto Calley inizia a udire qualcosa, un picchiettio, e insieme a lui ci chiediamo di cosa si tratti. Nell’inquadratura successiva, vediamo il suo dito tamburellare, e quindi capiamo da dove proviene il suono. Edward W. Williams ha vinto un “Emmy” per il miglior montaggio di un telefilm per il suo brillante lavoro su questa puntata di Alfred Hitchcock Presents. L’episodio si concentra anche molto sulla dimensione sonora, non solo a causa di questo tocco delle dita e dei pensieri ad alta voce, ma perché la maggior parte degli ostacoli che l’uomo d’affari incontra sono generati dal suono. Tanto che ad un certo punto il personaggio si chiede se non sia diventato sordo, perché tutto intorno a lui sembra silenzioso. Ma quando si ode il suono quasi sommesso del canto degli uccelli capiamo che non ha perso l’udito.

Scelta geniale, l’intero episodio è praticamente costruito in modo che tutto sia visto e sentito dal punto di vista di Joseph Cotten. Questo è un modo efficace per coinvolgere lo spettatore nella storia, anche se Hitchcock non può evitare di alternare inquadrature oggettive a soggettive dal momento che, a volte, è necessario per lo spettatore scrutare le cose da un punto di vista esterno, capire meglio la situazione, notare le pessime condizioni fisiche in cui si trova il protagonista. Ad esempio, a un certo punto, lo sentiamo pensare di provare una pressione sul petto. Se il telefilm fosse stato girato solo da punti di vista soggettivi, non avremmo saputo che questo è stato causato dalla ruota che preme sul suo petto. Comunque, non finché questa vittima non lo esprime ad alta voce. Le inquadrature in soggettiva servono a farci capire quanto della situazione il protagonista possa effettivamente assistere e vedere. Ad esempio, subito dopo l’incidente, ha difficoltà a vedere come se avesse la polvere negli occhi. Lì, l’immagine è un po’ sfocata. C’è anche uno dettaglio molto interessante quando viene portato all’obitorio da due uomini. Quello che vede Cotten è un’inquadratura molto dal basso del mento e del naso di uno di questi uomini. Ciò accentua la situazione da incubo, non solo perché questa visione è piuttosto singolare, ma anche perché l’uomo non si preoccupa mai di abbassare la testa e di notare che il dito dell’uomo si muove. 

Tutto questo in un mini-film di appena 25 minuti, ad opera del padre del MacGuffin! Il tema, ovviamente, non è stato inventato da Hitchcock, che si è chiaramente ispirato a La sepoltura prematura/Sepolto vivo (The Premature Burial, 1844) di Edgar Allan Poe, per lo scrittore «il peggior destino possibile per un uomo». Ma Hitchcock lo ha trasferito sul piccolo schermo in modo magistrale.

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