Prima di emigrare negli Stati Uniti, lo scrittore e giornalista Sergej Dovlatov divenne noto in Unione Sovietica anche grazie alla diffusione di copie clandestine, dette ‘samizdat’, opere composte per la pubblicazione ufficiale ma colpite da censura o pubblicate in tirature ridotte. Una pratica e un fenomeno, quella del samizdat, letteralmente “edito in proprio”, esplosa in URSS tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta: come suggerisce il significato, venne usato per indicare tutte le produzioni giornalistiche e letterarie costrette alla clandestinità a causa di un regime di censura governativo. Gli anni del dissenso editoriale erano fatti di macchine da scrivere e di dispositivi di stampa prodotti e registrati ufficialmente in Unione Sovietica con i loro campioni tipografici presi direttamente dalla fabbrica e conservati in un archivio dello Stato. In questo modo il KGB era in grado di riconoscere da quale dispositivo era stato scritto o stampato il testo per poi risalire al suo autore. Nel 1971, prima di emigrare negli Stati Uniti, a Leningrado Dovlatov non doveva sopravvivere solo alla stagnazione della società sovietica e ai rifiuti degli editori, ma anche al conformismo dei capi redattori, alle riviste di regime e alla censura. Cinquant’anni dopo, con una guerra in corso ma senza macchine da scrivere registrate dallo Stato, la stretta sulla libertà di stampa passa da nuove leggi che mirano a “difendere la moralità” dall’invasione di valori estranei alla cultura russa e promossi dall’Occidente, e da restrizioni che stanno mettendo in ginocchio le librerie. Tra involucri di plastica, bollini rossi e libri vietati.
Editoria russa – La libreria Falanster a Mosca tra sms e copertine di plastica
Nonostante tutto Falanster sembra ancora underground, anche se le scalette in una traversa della via Tverskaya e la porta rosso fuoco tappezzata di sticker gli danno più l’aspetto di un locale notturno che di una libreria. Un’iconica libreria nel centro della capitale russa da sempre conosciuta dagli intellettuali in cerca dei titoli del momento e del passato, tra le restrizioni degli ultimi anni e la censura. Gli scaffali, oggi, sono ancora pieni ma tra le migliaia di libri spiccano quelli impacchettati con una plastica trasparente e uno sticker con scritto “+18” per avvertire gli acquirenti di dover mostrare un documento in caso di acquisto. In bella vista nelle nuove uscite c’è anche “La fine del Regime” di Alexander Baunov, lo stesso testo di uno degli sms che i proprietari della libreria mandano ai clienti interessati a ricevere nuovi titoli o come servizio di prenotazione prima della pubblicazione di un libro. Non per i messaggi con le parole “la fine del regime”, non consegnati ai destinatari perché contenenti “informazioni potenzialmente illegali” e bloccate dai provider wireless – i messaggi sono stati inviati solo con scritto “è arrivato il nuovo libro di Alexander Baunov ma è in ritardo di 3 giorni”. L’autore, il ricercatore e giornalista Alexander Baunov, che racconta di come le dittature di Spagna, Portogallo e Grecia del XIX secolo abbiano cercato di prolungare la loro esistenza e siano finite, si è chiesto quale parola del titolo abbia dato fastidio e se stiamo davvero vivendo in un nuovo mondo. “Forse sarebbe stato meglio intitolarlo ‘Regime senza fine’”, ha scritto sul suo profilo Facebook.
Editoria russa – I libri censurati
“Un’estate col fazzoletto da pionieri”, originariamente uscito sulla piattaforma online di autopubblicazione Ficbook e poi pubblicato nel 2021 dalla casa editrice Popcorn Books, non si trova invece più da nessuna parte. Perché la storia d’amore sbocciata nel 1986 in un campo estivo ucraino di giovani pionieri sovietici non è l’esempio perfetto da raccontare nella Russia di oggi se ad innamorarsi non sono due giovani di sesso opposto ma il 16enne Yuri e il capo squadra e studente universitario Volodya, di 19 anni. Per entrambi i protagonisti accettare la propria sessualità è difficile: avere una relazione omosessuale alla luce del sole significava infatti rischiare una condanna fino a cinque anni di prigione. I temi affrontati in Leto v pionerskom galstuke di Elena Malisova e Katerina Silvanova sono tutto quello di cui non si può parlare in Russia: la stigmatizzazione delle persone Lgbtq+, l’impossibilità di avere e costruire apertamente relazioni omosessuali e l’obbligo di nasconderle. A sei mesi dall’uscita, il libro aveva venduto più di 200.000 copie, diventando un best seller anche online soprattutto grazie a TikTok – il romanzo si è classificato al secondo posto tra i libri più popolari in Russia nel 2022. Poi la denuncia nei confronti di Popcorn Books da parte di Aleksandr Khinshtein, deputato del partito al potere “Russia Unita”, con l‘accusa di aver pubblicato due romanzi che descrivono relazioni tra adolescenti dello stesso sesso. Possibile grazie alla legge contro la propaganda Lgbtq+ mirata a reprimere ogni rappresentazione pubblica di gay, lesbiche, bisessuali e transgender, e sostenuta anche da Khinshtein.
Editoria russa – La legge anti Lgbtq+
Alla fine del novembre scorso la Duma, la Camera bassa del Parlamento russo, approvava in seconda lettura una legge anti Lgbtq+ per vietare “la propaganda di relazioni sessuali non tradizionali e pedofilia”, oltre che la diffusione di informazioni a carattere Lgbtq+ su tutti i media, Internet, libri, film e pubblicità. La legge, firmata dal presidente Vladimir Putin ad inizio dicembre scorso, prevede multe dai 400.000 rubli per individui singoli ai 5 milioni per i soggetti giuridici (dai 5 mila euro agli oltre 60 mila) “per la propaganda Lgbt, cambio di genere e pedofilia”. Un divieto verso tutte le persone di parlare, ma anche scrivere, in modo positivo di omosessualità, matrimoni gay e altri temi legati all’esperienza delle persone Lgbtq+. La nuova legge estende quella del 2013 voluta dal presidente russo Vladimir Putin in cui si vietava la cosiddetta “propaganda delle relazioni non tradizionali” verso i minori – in una sentenza del 2017 la Corte europea dei diritti umani aveva definito la legge russa del 2013 discriminatoria, omofoba e contraria alla Convenzione europea dei diritti umani. Eppure Un’estate col fazzoletto da pionieri è stato proprio il libro più citato dai sostenitori della legge nei mesi che avevano preceduto la sua approvazione da parte del parlamento russo. Ma non si trova più neanche nelle librerie underground avvolto in un triste involucro di plastica.