Come cambia la Gran Bretagna

Settembre 2022. Un mese che gli inglesi ricorderanno come il mese del cambiamento. Re Carlo III sostituisce l’amata Regina Elisabetta II, Boris Johnson cede il passo alla nuova premier, Liz Truss. Nuovo regno e nuovo governo. Governo che per la terza volta viene guidato da una donna, dopo Margaret Thatcher e Theresa May. Eletta leader del Partito Conservatore, Liz Truss è stata poi nominata, dalla Regina Elisabetta II, primo ministro. Una nomina e un passaggio di consegne che si sono svolti per la prima volta al Castello di Balmoral, in Scozia, e non a Buckingham Palace a causa dei problemi di salute della sovrana, deceduta solo due giorni più tardi.

Chi è Liz Truss? La storia politica

Quindicesimo e ultimo primo ministro del regno di Elisabetta II, primo del regno di Carlo III, quarto dal referendum sulla Brexit nel 2016. Mary Elizabeth Truss, detta Liz, nasce ad Oxford nel 1975.  Cresciuta tra la Scozia e il Canada, torna a Oxford dove si laurea in Filosofia al Merton College. Attiva in politica sin da giovane, nonostante “l’aria progressista” di casa, nel 1996 entra a far parte del partito Conservatore. In 10 anni scala diverse posizioni, sia all’interno del partito sia nel governo britannico. Nel 2019 manifesta la sua intenzione di diventare leader dei conservatori, ma decide di non candidarsi ufficialmente appoggiando la leadership di Johnson. Con BoJo primo ministro, diventa prima segretaria per il Commercio internazionale e poi ministro degli Esteri. Nel 2022, la candidatura per la leadership del Partito conservatore, poi la vittoria il 5 settembre e l’insediamento al numero 10 di Downing Street.

Come cambia la Gran Bretagna

Il modello Thatcher

La nuova Lady di ferro. Così Liz Truss, viene definita dai suoi sostenitori. Un soprannome in ricordo dell’altra premier britannica, Margaret Thatcher. Truss ha infatti forgiato la sua immagine su quella della Thatcher. Diversi i richiami all’ex primo ministro: dalla foto scattata a bordo di un carro armato dell’esercito britannico, molto simile a quella di Thatcher durante la Guerra Fredda, all’abbigliamento con la camicetta con il fiocco in stile Thatcher. Quello di Truss è un successo ottenuto – probabilmente – anche grazie a una presenza costante sui social, soprattutto su Instagram dove campeggiano sue foto in tutte le situazioni. Truss non trasmette tuttavia grande calore e i suoi discorsi sono a volte impacciati, ma a questo sopperisce con una grinta e una determinazione senza pari. Una determinazione che non dovrà perdere se vorrà riuscire a risollevare le sorti di un Paese che attraversa una crisi così pesante come non si vedeva dai tempi della Thatcher.

Le sfide

Un’inflazione ormai a doppia cifra, il caro energia, il sistema di immigrazione in difficoltà e gli scioperi sempre più frequenti. Questo non è certo uno dei periodi più floridi per il Regno UnitoTruss è la preferita di molti conservatori, che venerano la Lady di ferro più di ogni altro leader e sostengono che sia all’altezza. Ma secondo i critici non avrebbe lo spessore necessario per guidare il Paese tra le turbolenze economiche e la guerra in Ucraina. Una serie di sfide che sta già affrontando, con non poche difficoltà…

Il mega piano per tagliare tasse e bollette

L’aveva promesso e l’ha fatto, nonostante fosse consapevole che “sarebbe stata una misura impopolare”. Ma per la neopremier tagliare le tasse ai ricchi era “la cosa giusta per l’economia”. E così, il 23 settembre, il nuovo ministro delle Finanze Kwasi Kwarteng ha annunciato una “mini-legge finanziaria”.  La più audace e controversa degli ultimi quarant’anni che – tra le altre cose – ha eliminato di netto l’aliquota più alta della tassazione in Inghilterra, quella del 45% per chi guadagna più di 150mila sterline all’anno, e il tetto del bonus per i banchieri. Si tratta del più grande pacchetto di tagli alle tasse degli ultimi 50 anni. Per alcuni è un controsenso. Milioni di persone sono a rischio povertà. Invece, secondo il nuovo piano, a loro sarà tagliato solo l’1% di tasse, perché l’aliquota minima, quella sui redditi da 20mila a 60mila sterline, scenderà dal 20% al 19%. Mentre i 629mila super-ricchi del Paese, circa il 2% dei contribuenti, risparmieranno molto di più perché, eliminata l’aliquota massima del 45%, dovranno pagare solo il 40%. C’è qualcosa anche per gli stranieri in questo piano d’autunno: chi arriva dall’estero non pagherà più l’Iva sullo shopping. Ma ovviamente il grosso delle misure è rivolto alla platea interna dagli sgravi fiscali sull’acquisto della prima casa alla riduzione dei contributi sociali che gravano sugli stipendi dei lavoratori.

Come cambia la Gran Bretagna

Obiettivi e costi

Un drastico taglio delle tasse con l’obiettivo di stimolare la crescita di un’economia ormai in recessione. In teoria buone intenzioni, ma in pratica i problemi sono molti.  La manovra – 45 miliardi di tagli fiscali più i sussidi per il caro-energia – sarebbe stata finanziata interamente a debito, portando il deficit pubblico a un colossale 9%. Il tutto nel contesto di un’inflazione già al 10%, che ha costretto la Banca d’Inghilterra a un ripetuto innalzamento dei tassi. I costi per le casse dello Stato saranno altissimi. Il piano della nuova inquilina di Downing Street, costerà allo Stato 150 miliardi di sterline, circa 180 miliardi di euro.  Un piano non condiviso da molti esperti e dall’ ex ministro delle Finanze, Rishi Sunak, secondo cui questo non sarebbe il momento giusto per una manovra del genere. Un azzardo che si ispira al modello Thatcher e che ha già creato una bufera. I primi effetti di queste politiche economiche così aggressive, in un contesto molto precario a livello mondiale, si sono già visti.

Le conseguenze del piano

È bastato davvero poco per vedere le conseguenze dell’azzardo del nuovo governo. Non solo sulla sterlina, indebolita e precipitata ai minimi sul dollaro, ma anche sul debito pubblico i cui interessi sui titoli a 10 anni sono schizzati al 4.25%. Il più forte rialzo in un mese dal 1979. Una vera e propria crisi di fiducia verso l’economia britannica da parte dei mercati internazionali. Il timore è che Liz Truss stia spingendo l’indebitamento pubblico a livelli insostenibili. Ora ci si aspetta che le agenzie di rating possano declassare il debito di Londra. Non ha aiutato poi il fatto che Kwarteng abbia parlato della possibilità di ulteriori tagli alle tasse e che la Banca d’Inghilterra abbia rinunciato a un intervento d’emergenza a sostegno della sterlina. Ormai l’aspettativa dei mercati è che i tassi d’interesse britannici possano salire fino al 6% e le conseguenze per i consumatori già si fanno sentire, con diverse banche e finanziarie che stanno ritirando i mutui dal mercato.

Come cambia la Gran Bretagna

La risposta di Truss e i timori per il nuovo governo

Dopo il terremoto sui mercati e successive polemiche, “l’ammissione di colpa”. La prima ministra britannica dice che avrebbe potuto “preparare meglio il terreno” al taglio delle tasse, aggiungendo di aver “imparato la lezione”. Questo, però, non significa annullare tutto. “Confermo il pacchetto (di misure) che abbiamo annunciato. Abbiamo un piano chiaro che si sta sviluppando per rispondere sia alla crisi energetica sia all’inflazione, ma finalizzato anche a far riprendere la crescita economica, gettando basi di lungo respiro” precisa in un’intervista alla Bbc. Il piano dunque va avanti, ma la premier continua a perdere consensi. La Bbc ricorda come tanto l’opposizione quanto molti parlamentari Tory e la maggioranza dell’opinione pubblica britannica siano contrari ai tagli delle tasse per i ricchi. Un piano che già ha sortito i primi – tragici – effetti e che forse costerà molto caro alla neo premier.

La clamorosa retromarcia

Parole smentite poche ore dopo, quando a poco più di una settimana dall’annuncio arriva la retromarcia. Il Cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng ha deciso di non procedere all’eliminazione dell’aliquota massima del 45% sui redditi più alti. Una scelta dettata non solo dalle proteste e gli scioperi sorti in tutto il Paese, ma anche dai “malumori politici”. Molti deputati dello stesso partito conservatore al governo avevano fatto sapere che avrebbero votato contro. Un voto che avrebbe rappresentato una umiliante sconfitta in Parlamento per la neo premier. Da qui la scelta del passo indietro. Una concessione per salvare il resto della manovra fiscale. Ora però bisognerà vedere se riuscirà a salvare l’immagine della numero uno di Downing Street

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